la Repubblica, 26 febbraio 2019
Le malattie rare, nuovo business per Big Pharma
Fino a inizio millennio erano le Cenerentole della farmaceutica mondiale. Catalogate alla voce “malattie rare”. Quelle dove i malati (o i clienti, guardando al mondo con l’ottica di Big Pharma) erano troppo pochi per giustificare gli investimenti necessari per scoprire le medicine per guarirli. Ora il mondo si è capovolto. I sussidi della Ue e degli Stati Uniti alla ricerca per queste patologie dimenticate hanno trasformato il problema in un’opportunità. E il business delle malattie rare, con le sue terapie che costano in media 140 mila dollari l’anno a paziente, sono diventate la nuova miniera d’oro dei giganti del farmaco. Protagonisti in questo campo di una battaglia miliardaria combattuta non solo nei laboratori scientfici ma anche in Borsa. L’ultimo capitolo del risiko è andato in scena ieri a Wall Street dove la svizzera Roche ha comprato per 4,8 miliardi Spark Therapeutics. La società Usa ha solo 250 dipendenti e 68 milioni di ricavi nel 2018 (più o meno come una pmi italiana). Ma in portafoglio ha uno dei prodotti più promettenti nel mondo dei” farmaci orfani”, quelli contro le malattie rare: Luxturna, un prodotto in grado di evitare la cecità in alcune gravi patologie della vista. I malati interessati da questo trattamento non sono molti. Ma il suo costo – 450 mila dollari a occhio – sommato ai sussidi pubblici ne hanno reso possibile la scoperta (sviluppare un farmaco e farlo approvare costa circa 700 milioni) trasformando la piccola Spark in un gioiello di valore multimiliardario.
Roche, come gli altri colossi di big Pharma, sta cercando di ridurre la dipendenza da settori ritenuti maturi come l’oncologia dove i prodotti generici e la competizione limitano la redditività. I farmaci orfani – che offrono una copertura allungata nel tempo dei brevetti e godono di importanti aiuti pubblici per la ricerca e l’iter di approvazione – sono diventati così all’improvviso merce tanto rara quanto ricercata: la loro nicchia di mercato sta crescendo a tassi dell’11% contro il 6% del resto del settore e nel 2024 – dicono gli esperti – potrebbe raggiungere un giro d’affari di 260 miliardi. Non solo: anche i costi della ricerca stanno calando grazie al boom delle terapie geniche (che fanno scendere le spese per lo sviluppo della molecola) e il supporto del mondo assicurativo rende meno rischioso l’investimento.
Il mercato poi è tutt’altro che saturo. Delle 7mila malattie censite come” rare” – che nel 50% dei casi colpiscono bambini – solo il 5% oggi ha una cura e i farmaci orfani che hanno ottenuto l’ok dalle autorità sono poco più di 500. Spazio per crescere, insomma, ce n’è ancora molto. Anche, come ha fatto Roche, prendendo la scorciatoia di un’Opa in Borsa.