Libero, 25 febbraio 2019
Intervista a Carlo Freccero
C’è chi lo definisce «un genio assoluto», come il presidente Rai Marcello Foa, e chi invece lo accusa di aver affondato gli ascolti di Rai2 con format nuovi che non hanno fatto breccia nel cuore dei telespettatori. Ma Carlo Freccero, direttore «a tempo determinato» della seconda rete Rai – il suo mandato, iniziato lo scorso novembre, ha la durata di un solo anno – non si cura né delle lodi, né delle critiche. Da grande esperto di televisione qual è, con 40 anni di carriera come autore e manager alle spalle, si preoccupa soltanto di dare un’identità alla rete. Anche se questo significa fare scelte impopolari. Come risponde alle critiche sugli ascolti bassi della rete?
«Il dramma che ho dovuto affrontare è costruire un simil-palinsesto perché la televisione generalista ha una regola fondamentale che non si può infrangere mai, quella di essere strutturata in un palinsesto ben definito per ogni giorno della settimana, cosa che Rai2 non aveva».
Le critiche riguardano soprattutto Popolo sovrano, che fa registrare poco più del 2% in prima serata.
«Ho avuto la presunzione di voler fare la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Avevo Nemo che era fatto da un gruppo di lavoro formato da due grandi personalità, Lucci e Sortino, ho pensato di sdoppiarlo in due programmi: uno è Reality sciò, un format originale con Lucci che sarà una presa in giro del reality, dell’Italia del selfie, in onda al venerdì dalla terza settimana di marzo, l’altro è Popolo sovrano, con Sortino che affronta l’Italia dei problemi».
Cos’è che non ha funzionato?
«Sortino è un autore molto impegnato ma non ha mai fatto il conduttore su canali dalla grande audience. La prima puntata è stato un disastro perché il presentatore non può fare anche l’autore e l’inviato, abbiamo cambiato qualcosa ed è andata meglio ma non ha ancora dato risultati. Vedremo dopo la terza: i programmi hanno bisogno di tempo per affermarsi, se non crescerà almeno di uno 0,2% vuol dire che il pubblico lo rifiuta e che quindi bisogna cambiarlo. Mi assumo ogni responsabilità, se non funziona è anche colpa mia».
Anche Povera patria, partito bene, sta stentando. Perché?
«Quel programma soffre per la collocazione. Io avrei voluto mandarlo in onda il martedì o il mercoledì ma per non dare fastidio a Vespa sono stato costretto a metterlo al venerdì, perché Rai2 deve lavorare come ancella di Rai1, non volevano che ci fosse sovrapposizione di genere».
Perché punta tanto sull’informazione?
«Perché è un genere fondante per il servizio pubblico ma su Rai2 non c’è più stato approfondimento dopo la dipartita di Santoro. Ho allungato i telegiornali e creato il Tg2 Post, una striscia dopo il telegiornale, per far sì che diventi un genere potabile per la rete».
Altra accusa: quella di spendere troppo.
«Non è vero, non ho speso una lira. Devo restare nella media di 400mila euro a puntata e il programma più costoso, che purtroppo è proprio Popolo sovrano, costa 150mila euro. Certo, The Voice costerà di più, ma sono sicuro che porterà pubblicità».
Ci sono novità per The Voice, dopo il no della Rai a Sfera Ebbasta?
«Faremo una riunione in settimana con il nuovo produttore, Marco Tombolini, e Simona Ventura che è capoporogetto. Io ho bisogno di recuperare il pubblico giovane che si è un po’ sparpagliato sulle altre reti, Sfera Ebbasta mi sembrava una scelta giusta ma la Rai ha un protocollo di politicamente corretto che va rispettato. Non so chi lo sostituirà, ci stiamo lavorando per poter andare in onda dal 16 o 23 aprile».
Il Pd ha visto nello speciale C’è Grillo un ammiccamento ai Cinquestelle. Come replica?
«Macché, proprio per evitare critiche ho “spurgato” Grillo di tutti i riferimenti alla politica e alle polemiche, ho conservato solo gli spezzoni di quando era giovane: ne è venuto fuori un Grillo “anemico” e non a caso è lo speciale che ha funzionato di meno, se avessi lavorato anche su materiali nuovi sarebbe andato meglio. Ormai Grillo ha lasciato la politica: è ossessionato dal futuro e mette la sua vis comica in funzione di diventare un Piero Angela, un divulgatore di tutto ciò che è nuovo».
Altri speciali monografici?
«Stasera ci sarà Lucci incontra Funari, ovvero Funari raccontato da quello che lui stesso aveva indicato come suo erede. Ad aprile vorrei farne uno su Boncompagni raccontato da Renzo Arbore e poi ne farò un altro su Tortora, per avere omaggi a tutti quelli che hanno fatto la storia di Rai2».
È ancora dell’idea di riportare Daniele Luttazzi in tv?
«Sì, ma in autunno. Naturalmente devo sottoporre la cosa al consiglio di amministrazione e all’amministratore delegato Salini. E parlare con il suo avvocato per definire il perimetro in cui muoverci».
E l’edizione de Il collegio ambientata in epoca fascista?
«Mi stuzzica molto l’idea perché ci sarebbe una disciplina molto forte e contenuti diversi».
Quali altre idee ha per il futuro della rete?
«Ho una scaletta pronta fino al 2020. In autunno ci sarà una novità assoluta, un programma di intrattenimento un po’ speciale che sto studiando con Giovanni Veronesi. E poi ho individuato a Milano un gruppo nuovo di comici, vorrei prenderli ma ho bisogno di lavorarci in estate per consegnarli al mio successore. Io sono un supplente, delegato a preparare il terreno a chi verrà dopo di me».
Chi glielo fa fare a lavorare per un incarico tanto breve e senza stipendio?
«Ho accettato per verificare alcune regole della mia teoria sulla televisione generalista. Io sono un drogato di televisione, non penso che a quello. Sono come quegli allenatori di calcio che si riguardano tutte le partite».
La sua carriera è cominciata nel 1979 in Finivest, dove è rimasto per 10 anni. Che ricorda di quel periodo nella tv di Berlusconi?
«Sono stati anni di formazione, lì ho imparato tutto perché Berlusconi mi ha fatto fare gli annunci, i promo, i programmi, la nascita di Canale 5. Mi ha insegnato a non mollare mai perché nel 1980 mi disse che dopo due anni avremmo battuto la Rai: mi sembrava folle ma dopo un po’ ci riuscimmo».
Lo scorso anno ha dichiarato di votare i Cinquestelle e trovare simpatico Salvini. La pensa ancora così?
«La politica l’ho lasciata perdere, ora sono solo televisivo. Se volete tiratemi le pietre, come canta Antoine, ma solo per quello che faccio a livello televisivo».