Di Sanremo gli è rimasta la camicia bianca di Claudio Baglioni con le iniziali ricamate in blu "CB" che sono anche le sue. «Guarda, guarda, gliel’ho fregata», dice ironico Claudio Bisio mostrandola indosso nel bar-ristorante vicino casa, in zona Piola a Milano, con i clienti che, dagli altri tavoli, allungano il collo per vedere e chiedono selfie. Dalla settimana di festival, tra le più entusiasmanti e tra le più avvelenate anche per un artista con la testa sulle spalle e fornito di carattere diplomatico e pacificatore come lui, tra gioie, successi, polemiche, delusioni, affanni, Bisio è uscito lavorando e basta: ha la finale in diretta di Italia’s Got Talent il 22 marzo su Tv8, l’uscita il 28 marzo di Bentornato Presidente!, sequel di Benvenuto Presidente! (9 milioni al box office), diretto stavolta da Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, dove torna nei panni di Peppino Garibaldi, cittadino comune che diventa premier, poi con Sky e Frank Matano farà il remake di Luca Miniero di un film svedese, Kops, e molto altro. Le frecce avvelenate che ancora arrivano dall’Ariston non lo avviliscono.
«Però mi chieda se lo rifarò», incalza con aria divertita.
Lo rifarà Sanremo?
«No, l’ho promesso a mia moglie».
Pentito?
«No».
E allora?
«Ho scoperto che non si può essere di lotta e di governo».
E che vuol dire?
«Fare lo "spacca tutto" e poi annunciare "ecco a voi la canzone…". Ho tenuto fede al compito che mi era stato dato: presentare. L’altra mia unica volta a Sanremo, da ospite della finale, sette anni fa, ed eravamo pure sotto elezioni, fu più facile: arrivai con un monologo forte, duro, che partiva anticasta e finiva con un pugno nello stomaco verso noi italiani.
Stavolta era tutto più complicato».
Complicato cosa?
«Da me ci si aspettava un inno ai migranti. Ora, come la penso si sa. Il 2 marzo sarò in piazza a Milano, per la manifestazione "People" contro il razzismo. Lì, a Sanremo bisognava stemperare le polemiche: Baglioni, Salvini, i barconi... Credo di aver scelto, insieme a Michele Serra, le parole più giuste per un monologo, quello della prima sera, ironico ma chiaro. Il problema non ero io, ma il clima».
Pressioni?
«Non parlerei di pressioni o censura, ma proprio di clima Rai: pesante, faticoso. Dietro le quinte c’era timore per ogni cosa.
Con Michelle Hunziker abbiamo fatto La lega dell’amore, un pezzo di un mio spettacolo di 25 anni fa, inserito poi in un disco con Elio e le storie Tese. Il ritornello è "gioia fratellanza cuore amore mamma t’amo e nulla più"...
Beh, non sa i problemi. È stata sollevata perfino la par condicio, perché c’era "lega". Io in Rai c’ero stato 25 anni fa con Cielito lindo, la Rai di Guglielmi, Frassa… È tutto cambiato, sospettoso. Certo, è cambiato anche il mondo, si è incattivito. Sui social mi dicono cose come "sporco comunista"».
Sul web l’hanno accusata di aver fatto pezzi già visti.
«Io ho portato, ovvio, il mio background. Con Paolo Cevoli abbiamo fatto il picco d’ascolto di quella sera e quanto al monologo dagli Sdraiati di Serra mi era stato chiesto. Ci teneva Baglioni perché il tema dei figli è stato "il festival".
Sul podio l’età media era 25 anni.
E devo dire grazie ad Anastasio, che con la sua ideale risposta da figlio ha dato un sapore diverso, emozionante».
Virginia Raffaele?
«Solo un rammarico: abbiamo avuto poco tempo per provare insieme, avremmo potuto giocare di più».
Baglioni?
«Mi piace il suo sense of humour e il coraggio. Portare Achille Lauro, gli Zen Circus, Ghemon, Ultimo, mettere in gara il vincitore di Sanremo Giovani… Sono fiero: ho fatto parte di una edizione del festival che sarà irripetibile. Sento già voci di ritorno alla tradizione».
La sua playlist sanremese?
«Mahmood mi è piaciuto e, per inciso, altro che sostenuto dalle élite: è primo in classifica dovunque. Ultimo, Arisa, ma su tutti Silvestri, Cristicchi e la Bertè».
Loredana Bertè da Fazio ha detto che il premio promesso nella finale, mentre l’Ariston l’acclamava, se l’è tenuto lei.
«Ma le pare? Il premio c’è, è un piatto, e ci stiamo organizzando per darglielo proprio da Fazio.
E con quello spero proprio che Sanremo sia archiviato.
Ho un mucchio di cose in testa».
Che altro vuol fare?
«Il produttore. Davvero.
Ho 62anni, non voglio arrivare alle parti del nonno in un film.
E con mia moglie, Sandra Bonzi, stiamo scrivendo una sceneggiatura dal nostro libro Doppio misto per darla magari a dei giovani. Poi c’è il progetto teatrale con Francesco Piccolo.
Vorrei tornare a cose più intime».
Però sta per uscire in sala con un film come "Bentornato Presidente!".
«Dicevo in futuro. Il film lo ha scritto sempre Fabio Bonifacci, dall’idea del produttore Nicola Giuliano di fare un sequel di Benvenuto Presidente!. Io, cioè Peppino Garibaldi, pescatore e boscaiolo, torno a Roma per amore di mia moglie, Sarah Felberbaum, solo che lo scenario politico è quello di oggi, con Lega e 5 Stelle».
E lei interpreta il premier.
Si è ispirato a qualcuno?
«Si riconoscono tutti, anche se hanno un altro nome. Siamo in una Italia immobilizzata, dalla paura e dal Pil fuori controllo.
Non so quante volte abbiamo riscritto la sceneggiatura: anticipavano fatti o era la realtà a bruciarci le battute.
Direi che è un film dedicato agli astenuti, a chi non sa cosa votare — e io stesso non lo so — a noi orfani dell’opposizione che annaspiamo, ma inorriditi da quello che vediamo.
Ma i sondaggi dicono che siamo il 40 per cento».