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 2019  febbraio 24 Domenica calendario

Il fiuto delle scimmie per il denaro

Sono in grado di riconoscere gli oggetti più costosi e di valore. E, all’occorrenza, di utilizzarli come merce di scambio per ottenere cibo. Insomma anche alcune scimmie, proprio come gli esseri umani, hanno il senso del denaro. E, spontaneamente, ricorrono al baratto nelle proprie relazioni sociali. Finora dei primati si è detto che sono incredibilmente intelligenti, che sono molto simili a noi dal punto di vista genetico, che sono sensibili e presenti con i propri figli. Ma mai, prima di adesso, la scienza era stata capace di dimostrare questa innata attitudine di questi animali per gli affari. Ci sono riusciti i ricercatori autori di un nuovo studio recentemente pubblicato sulla rivista Animal Cognition.
La ricerca è stata condotta all’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, in collaborazione con i gruppi francesi dell’Institute for advanced study di Tolosa e dell’Institute Jean Nicod, della Scuola normale superiore di Parigi. Il gruppo di super cervelli ha iniziato a monitorare il comportamento dei cebi dai cornetti. Una specie di scimmia sudamericana che si sarebbe separata dalla linea evolutiva dell’uomo circa 35 milioni di anni fa. L’obiettivo era capire quale fosse il loro rapporto con il valore degli oggetti e, in qualche misura, con il denaro. Il risultato ha lasciato anche loro a bocca aperta: non solo gli animali capiscono se un bene ha più valore di un altro. Ma sanno perfettamente come barattarlo per ottenere in cambio ciò che in quel momento desiderano. L’esperimento ha coinvolto sei esemplari di cebo. A ognuno è stato consegnato un set di quattro diversi oggetti alcuni dei quali, nello scambio con lo sperimentatore, portavano a una ricompensa alimentare. «Abbiamo dimostrato che queste scimmie sono in grado di categorizzare gli oggetti in base alla loro validità, cioè al loro essere in corso, come lo è l’euro rispetto alla vecchia lira – spiega Francesca De Petrillo, ricercatrice dello Iast di Tolosa -. Analogamente a quanto avviene negli esseri umani con il denaro, i cebi hanno scambiato per primi e in maggior numero gli oggetti in corso rispetto a quelli fuori corso e privi di valore, a prescindere dalla loro familiarità». E non finisce qui perché i primati sono stati anche in grado di effettuare scambi multipli. Dimostrando un’attitudine al baratto fino a questo momento assolutamente ignota. «Quando in un secondo esperimento abbiamo dato loro un pezzo di cibo che poteva essere barattato con un token, che a sua volta poteva essere scambiato per un cibo di qualità superiore al primo, i cebi hanno eseguito questa serie di permute vantaggiose prosegue la ricercatrice -. Non mangiare subito un cibo e scambiarlo per un token richiede un’elevata capacità di autocontrollo».
Per compiere lo studio, gli esperti hanno dovuto indagare le dinamiche che hanno spinto l’uomo, sei secoli prima della nascita di Cristo, ad abbandonare il baratto sostituendolo con il denaro. La moneta con il tempo è «diventata il mezzo più efficiente per ottenere beni e servizi, condizionando ogni aspetto della nostra vita», prosegue Elsa Addessi, ricercatrice Cnr-Istc e autrice dello studio. «Questa ricerca prova che i precursori di una proto-economia monetaria possono essere individuati anche in scimmie evolutivamente distanti da noi conclude l’economista francese Sacha Bourgeois-Gironde -. I cebi imparano facilmente a usare il cibo come token ed è su questo processo che si basa l’invenzione della moneta». Lo studio adesso apre la strada a nuovi capitoli della teoria evolutiva. Dimostrando quanto ancora poco sappiamo di questi animali, così diversi ma allo stesso tempo simili a noi. Al punto da riuscire a lasciare a bocca aperta anche gli scienziati di mezza Europa.