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 2019  febbraio 24 Domenica calendario

Intervista a Alessandro Gassmann

Niente sberleffi né volgarità, niente mossette né caricature facili. Però almeno un bacio, quello sì, doveva esserci. Nella nuova commedia di Simone Godano Croce e delizia (dal 28 nei cinema) il pescatore verace Alessandro Gassmann e il mercante d’arte radical-chic Fabrizio Bentivoglio si amano sul serio e hanno appena deciso di comunicare alle rispettive famiglie il desiderio di sposarsi. Eppure, contro ogni previsione, le scene che hanno messo Gassmann nel massimo imbarazzo non sono quelle delle effusioni gay: «Il bacio non mi ha creato alcun problema, è parte integrante della narrazione ed è privo di qualunque “pruderie”. Per me la sequenza difficile è stata quella in cui mi metto a ballare. L’ho sempre odiato fare».
E perché mai?
«Non lo so, mi vergogno, ognuno ha i suoi timori. Odio cantare e ballare in pubblico. Da ragazzo non ho mai ballato, anche perché ero convinto che standomene fermo in un angolo e lanciando sguardi romantici, avrei “rimorchiato” molto di più. Di cantare, invece, sono capace, ma non lo faccio lo stesso, e comunque non ho la voce di mio figlio».
Leo Gassmann è stata la grande rivelazione dell’ultima edizione di X Factor. Che effetto le ha fatto?
«Una sensazione strana, soprattutto perché tra le regole del talent fa parte l’isolamento dei concorrenti. Gli hanno levato il telefonino, io e mia moglie non lo abbiamo sentito per giorni. Però sono molto contento, dopo quel successo Leo si è rimesso a studiare e a fare esami all’università. È uno che si dà da fare, per questo mi sta simpatico».
La famiglia e la paternità sono i temi centrali di «Croce e delizia». Il padre interpretato da Bentivoglio è stato molto assente, ha avuto tante relazioni, due figlie da donne diverse. Le è capitato, mentre girava, di ripensare alla sua famiglia d’origine?
«Chiaramente sì. I pericoli maggiori si annidano sempre nei nuclei familiari, nelle relazioni con le persone che pensiamo di conoscere meglio. Quello dei genitori è sicuramente un mestiere scomodo, però con il tempo ho capito una cosa, e cioè che dei figli non si può essere amici, bisogna saper fare i padri e le madri. In ogni caso, per me questo è un argomento ricorrente. Ne ho parlato nel mio film di regia Il premio, e ne parlerò anche nel Silenzio grande, il testo teatrale di Maurizio De Giovanni con cui debutterò a giugno. Lì c’è una famiglia di intellettuali che si ritrova a dover vendere la vecchia casa, nel quartiere Posillipo di Napoli, e con l’occasione vengono fuori dinamiche irrisolte, ci sono scontri e scoperte».
Alla fine i due protagonisti di «Croce e delizia» coronano il loro sogno. Che cosa pensa dei matrimoni gay?
«Le unioni civili sono un passo doveroso, ma non sufficiente, una norma che stabilisce giusti diritti. L’importante, però, è imparare ad accettare quello che non si conosce, viviamo ancora in una società che davanti al diverso si terrorizza».
Lei è anche Goodwill Ambassador per l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. Una questione in questo momento particolarmente calda.
«È un dramma che va affrontato con regole chiare per tutti, ma anche con maggiore umanità. Mi sembra, invece, che i toni utilizzati da chi dovrebbe indicare le soluzioni non siano improntati a questo principio. Anzi, esattamente al contrario. E così quello che prevale è una generale insopportabilità».
Che cosa andrebbe fatto per migliorare la situazione?
«La cosa più importante sarebbe informarsi prima di parlare. Poi uno può anche restare della propria idea, però deve sapere bene come stanno le cose».
A differenza di molti suoi colleghi, lei è abituato a rendere pubbliche le sue posizioni. Una scelta pericolosa?
«Dico quello che penso. Con il tempo ho imparato a essere più diplomatico, a non rispondere agli insulti, anche se spesso mi verrebbe voglia di mandare qualcuno a quel paese».
Uno dei suoi maggiori crucci è stata la condizione in cui versa la capitale. Secondo lei ora come vanno le cose?
«Non mi sembra certo che Roma sia in condizioni eccezionali, siamo lontani dall’aver trovato soluzioni ai guai che l’affliggono. Però è anche vero che non si possano imputare colpe solo all’attuale amministrazione».