La Stampa, 24 febbraio 2019
«Il 15% di grillini delusi passerà alla Lega»
Gli uomini del Movimento 5 Stelle sanno che con tutta probabilità le elezioni in Sardegna saranno un disastro. Lo stesso candidato governatore M5S, Francesco Desogus, nel suo comizio di chiusura della campagna sembra già pronto a fare opposizione: «Entreremo di certo in Consiglio regionale e daremo loro fastidio». Il disastro temuto dai vertici M5S potrebbe portare a «un dimezzamento dei consensi», rispetto alle Politiche del 4 marzo, «simile a quello registrato in Abruzzo due settimane fa». Ma in un dossier riservato, che circola tra i colonnelli pentastellati, viene sottolineato con la matita rossa un numero, in particolare, che ha messo in allarme Luigi Di Maio. In quel bacino di consensi perduti, infatti, a far paura è soprattutto la percentuale di voti che dal M5S potrebbero spostarsi verso la Lega: il 15 per cento. Superiore, dunque, al 10 per cento attestato in Abruzzo, e sintomo di un fenomeno consolidato nei territori. Per questo Di Maio - come esigono Grillo e Casaleggio - ha resettato la sua campagna elettorale in vista delle Europee e prepara il terreno a uno scontro a tutto campo con Salvini.
D’altronde, la discesa della Lega e del centrodestra al Sud, nelle roccaforti grilline, potrebbe essere alimentata proprio dagli ex elettori M5S. Sulla tornata elettorale sarda, poi - spiega Daniel Fishman, dell’agenzia Consenso, esperta nella gestione di campagne elettorali -, «peseranno soprattutto l’affluenza e il voto disgiunto». Due elementi che «rappresentano un pericolo per i Cinque Stelle», spiega Fishman. La bassa affluenza in Abruzzo ha dato una dimostrazione plastica delle conseguenze sul partito grillino, mentre il voto disgiunto «rimane un’incognita difficile da monitorare», ammette Fishman, ma non ha mai giocato a favore del Movimento, come lo stesso Di Maio ha ammesso dopo la sconfitta in Sicilia del 2017.
Il leader grillino ha già annunciato una rivoluzione interna, per «strutturarsi nei territori e diventare competitivi». Ma il sospetto dei vertici M5S è che «non sia abbastanza». La ricetta invocata da Grillo e Casaleggio per risalire la china dei sondaggi deve passare da un cambio d’atteggiamento nei confronti dell’alleato leghista, soprattutto sui temi cari al Movimento (ambiente, nuove tecnologie, energia), intorno ai quali ricostruire l’unità del partito. E la svolta è già iniziata. In occasione del comizio conclusivo della campagna elettorale sarda, a Cagliari, Di Maio ha inanellato una serie di attacchi diretti alla Lega. Dall’apertura al nucleare - «Una follia il sì di Salvini. Finchè ci sarò io non se ne parla» - agli eventi di razzismo di Foligno e Melegnano «da condannare con fermezza. E chi instilla odio è indegno di entrare in una scuola». Anche a Salvini, senza nominarlo, dice: «Mi dicono spesso di andare in tv come fa l’altro, ma così si riempie solo la testa della gente di chiacchiere. Io preferisco parlare dopo averle fatte le cose». E ai dissidenti M5S tende un ramoscello d’ulivo: «Non dirò mai andatevene a chi si ritrova in minoranza nel Movimento dopo le votazioni su Rousseau». La svolta è arrivata, ma la strada è ancora lunga. E rischia, domani, di iniziare in salita.