la Repubblica, 24 febbraio 2019
Il machismo del cholismo
Huevos: c’è chi se li addita con frenesia e chi li usa per cucinare una sana tortilla paesana. Preferisco i secondi. Con tutto il rispetto (non in questo caso) per l’allenatore Simeone, che esulta come sa, come può, dopo un gol dell’Atletico alla Juve. Nel cholismo, inteso come filosofia pallonara, c’è una dose altissima di machismo. Spero gli arrivi una squalifica pesante, a certi livelli ti pagano perché tu sappia controllarti, ma dovresti controllare le tue reazioni anche se non ti pagassero: per cultura sportiva, perché saresti il primo a saltare addosso all’allenatore avversario se si comportasse come te. Lo so, in ogni stadio ci sono persone che fanno il gesto di Simeone. Sono tifosi, in genere stanno dietro le porte e il gesto scatta a ogni tiro fuori della squadra avversaria. I cameramen stanno attenti a non inquadrarli, ma ci sono. E rendono manifesta la loro irrisione. Però chi va in campo ha più doveri, più obblighi.
Non è questione di politicamente corretto, ma di buona educazione. Il politicamente corretto, inventato dai soliti radical-chic (questo pensa il popolo: chissà come reagirà ai radical-choc), nel calcio non ha mai avuto vita facile, senza arrivare agli eccessi di Simeone. Vedi Sarri, che dopo una legnata ricevuta dal Manchester City ignora la mano tesa di Guardiola, a fine partita, e si giustificherà dicendo che non l’aveva visto.
Strano, era a un metro e tra i due c’era solo Zola, che non è altissimo di statura. Si consiglia visita da un oculista? No, si consiglia a Sarri di evitare queste cafonate, se tiene un po’ alla sua immagine. Altrimenti, faccia come gli pare. Mi sono divertito, per modo di dire, a immaginare Simeone al posto di Collovati. Che, per dabbenaggine sua, s’è ritrovato al centro di un caso più grande di lui, con relativa squalifica–Rai di due giornate. Premesso che Collovati ha il senso dell’umorismo di una sequoia, la frase «mi si rivolta lo stomaco quando sento una donna parlare di tattica» è due volte sbagliata. Lo è per quel «mi si rivolta lo stomaco» e perché l’ha pronunciata in diretta tv.
Bastava dire «sono perplesso» per attenuare l’impatto. L’avesse detta al bar del suo paese, stomaco compreso, sarebbe passata inosservata, o forse anche elogiata. Ma non puoi parlare in tv come al bar del tuo paese, a meno che tu non sia Mauro Corona. Sul Corsera lo attacca Claudia Gerini, tifosa della Roma, spesso all’Olimpico: «Sono cose che uno può pensare a casa sua, ma che nessuno dovrebbe dire in pubblico, istigando violenza sulle donne». Alt, qui si esagera. Gli istigatori di violenza sulle donne sono altri, e usano un altro linguaggio, basta passare cinque minuti sui social network per capirlo. Ultimo e non gradito arrivato Massimiliano Galli, leghista, consigliere comunale ad Amelia (Terni). Emma Marrone aveva concluso un concerto con la frase «Aprite i porti» e Galli su Facebook commenta: «Faresti bene ad aprire le tue cosce facendoti pagare per esempio». La Lega l’ha espulso e ha fatto bene. Collovati ha detto una scemenza figlia della cultura (meglio: incultura) che prospera nel calcio. A riprova, un altro ex calciatore di solito precisino e à la page, Costacurta, aveva commentato: «Se mia moglie avesse parlato di spogliatoio e di miei compagni in tv, come ha fatto Wanda Nara, l’avrei cacciata di casa». Addirittura.
Qui non è più la competenza tattica in discussione, ma il tabù dello spogliatoio che deve restare chiuso, impenetrabile a tutti, salvo tecnici, allenatori, massaggiatori, magazzinieri. Solo un ironico addetto ai lavori come Galeone è andato contro la sacralità dello spogliatoio. «Per me è solo un posto dove si cambiano le scarpe, i calzini. Non m’importa che lì regni l’armonia, i ragazzi possono anche litigare. È in campo che dev’esserci l’armonia».
Non armonia ma musica, per me, leggere su 7 queste righe a proposito del punto esclamativo: «Odio questo gran pennacchio su una testa tanto piccola, questa spada di Damocle sospesa su una pulce, questo gran spiedo per un passero, questo palo per impalare il buon senso, questo stuzzicadenti pel trastullo di bocche vuote, questo punteruolo da ciabattini, questa siringa da morfinomani, quest’asta della bestemmia, questo pugnalettaccio dell’enfasi, questa daga dell’iperbole, quest’alabarda della retorica».L’ultima è la migliore, non a caso il punto esclamativo è il segno più usato sul web. Le definizioni sono di Ugo Ojetti, sul Corsera, prima metà del ’900. Grazie davvero.
La prossima storia (fonte: Qn) richiederebbe forse qualche punto esclamativo, ma non voglio macchiare un lunghissimo percorso senza alabarde. Il cestista Zion Williamson (18 anni, 129 kg, altezza 2.01) è considerato il miglior giovane di tutti gli Usa. Gioca nella Duke University. Lo paragonano, addirittura, a LeBron James. Mercoledì, nella partita contro North Carolina, dopo 40 secondi di gioco, gli esplode la scarpa sinistra, piede su cui fa perno. Esplode nel senso che si stacca dalla tomaia e si apre come un cocomero. Il ragazzo va giù e riporta la distorsione del ginocchio destro. Da Barak Obama, presente alla gara, gli arriva un messaggio d’incoraggiamento. La Nike, fornitore tecnico della Duke, in un comunicato parla di “incidente isolato” ma a Wall Street il titolo perde 1,7 miliardi di dollari. Titolare “La Nike fa boom” sarebbe di cattivo gusto.