Corriere della Sera, 24 febbraio 2019
Biografia di Angelo Tofalo
Viene facile immaginarselo mentre verga quel post su Facebook in cui ricorda che «ho sempre usato i miei social per stimolare il dialogo sui temi più caldi (…) utilizzando della satira». E «continuerò a farlo», giura Angelo Tofalo, M5S, ingegnere con la passione per l’intelligence, classe ’81, salernitano ora asceso al cielo del ministero della Difesa coi galloni di sottosegretario, seconda tappa di un cursus honorum che l’aveva visto esordire in Parlamento da componente del Copasir. L’«ironia» che ammantava la video-parodia postata ieri l’altro – con Bruno Ganz nei panni dell’Hitler del film «La caduta» che strigliava i rappresentanti degli organismi di rappresentanza del Cocer, che saranno presto sostituiti dai nuovi sindacati militari – non è piaciuta a nessuno. O, forse, non l’hanno colta. Non l’hanno colta i destinatari del video, che sono andati su tutte le furie; non l’ha colta l’opposizione, ma questo era abbastanza scontato; e non l’ha colta, cosa meno scontata, nemmeno la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, che ha bollato la trovata come «del tutto inadeguata».
«Il Paese non è più abituato alla satira», scandisce sconsolato il Tofalo. Eppure, a parzialissima discolpa dei tanti che l’hanno preso di mira ieri, interviene la recente storiografia che ha visto il sottosegretario protagonista di casi che, con la satira, avevano assai poco a che fare. Come quella volta che, per troppa buona fede, l’allora componente del Copasir aveva accettato la mediazione di una signora di San Giorgio a Cremano per incontrare a Istanbul l’ex premier islamista libico Khalifa Ghwell. Era il 17 novembre 2016. Peccato che la signora in questione, tale Annamaria Fontana, era sotto accusa per traffico di armi con l’Isis e che Ghwell aveva già due volte tentato di rovesciare il governo libico di Al Serraj.
Duemiladuecento euro, tanto era costato a Tofalo il tentativo di diventare un protagonista assoluto della geopolitica mondiale. Le spese di un viaggio a Istanbul della signora Fontana, in due tranche. Più economica, perché «gratis», la scenetta del Tofalo che fa rimbombare nell’aula di Montecitorio le note di People have the power di Patti Smith, facendo arrabbiare Laura Boldrini. Nell’ottobre scorso, travestimento degno del Travis Bickle di Taxi driver con De Niro (ironia, sia chiaro), il sottosegretario in visita ai vertici dell’Esercito si fa fotografare con mimetica e mitra. «Per capire cosa si prova. Non si può parlare di equipaggiamento se non lo si indossa», disse.
Chissà se qualche volta Tofalo avrà sognato di indossare i panni, decisamente più striminziti, dell’ex onorevole centrista Angelo Cera, che trovandoselo a mezzo centimetro dal grugno (senza mitra e mimetica) alla Camera l’aveva apostrofato al grido di «mezzo cogl..., mo’ se non te ne vai t’appizzo un pugno che t’ammazzo». Una volta, sempre Tofalo, ha concluso un intervento in Aula esclamando «boia chi molla». Ma forse era ironico. Come ironica è la battuta (riciclata) con cui anche i colleghi lo prendono bonariamente in giro per la sua voglia spasmodica di intelligence, facendo il verso a quella freddura che circolava all’inizio degli anni Novanta a proposito del filosofo diccì Rocco Buttiglione e del suo «collega» Socrate. «Se Tofalo è l’intelligence, James Bond che cos’era?».