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 2019  febbraio 24 Domenica calendario

Carlo Rossella

A Pavia, in corso Mazzini, Carlo Rossella ha affittato un appartamento per collocarvi quella che definisce la «sezione d’intelligence» della sua sterminata biblioteca: «In casa non mi ci stava». Il clima da guerra fredda è rafforzato dal fatto che ha rinunciato al riscaldamento: «Vengo qui ogni due giorni, perché pagare un botto di spese condominiali? Ti accendo la stufetta». Sa tutto di tutti. Avrebbe potuto lavorare tanto per il Kgb quanto per la Cia («Allora meglio il Mossad»), invece ha fatto l’inviato speciale e il direttore di giornali. Ora è presidente della Medusa, la casa cinematografica di Silvio Berlusconi. Chi, il settimanale di gossip della Mondadori, lo ha appena esonerato.
Che succede? Il Cav non la ama più?
«Pare che fossi troppo comunista».
Nella rubrica «Posta del cuore»? Dai!
«Ero antipatico a qualcuno che sta al di sopra del direttore Alfonso Signorini».
Non ha protestato con l’editore?
«Never complain, never explain. Mai lamentarsi, mai spiegare. Non si disturba il maestro perché un alunno ti ha sporcato d’inchiostro la seggiola».
Davvero è ancora comunista?
«Certo. Semel abbas semper abbas».
In che modo lo diventò?
«Per via di sangue. Padre antifascista. E zio romagnolo, comunista e gappista, grande amico di Armando Cossutta».
Ma il nipote guidava una Rolls-Royce.
«Una Corniche blu con interni bianchi. Mi urlavano: “Te l’ha data Berlusconi!”. L’ho dovuta vendere per 48.000 euro».
Sul «Foglio» nei giorni scorsi ha battuto le mani a Massimo D’Alema.
«Batto e ribatto. Con Berlusconi ed Enrico Letta è il politico migliore».
Credevo che lei avesse militato nel Pri.
«Per modo di dire. Con l’altoparlante sull’auto, aiutavo due amici nei paesi dell’Oltrepò: “Votate Vittorio Olcese e Antonio Del Pennino”. Poi mettevo “La bambola” di Patty Pravo: “Tu mi fai girar...”. Di giugno, all’ora della pennica. Insulti dalle finestre: “Va’ a da’ via el cü!”».
In seguito entrò nel Psi.
«Nel Psi mai. Ero solo amico, e lo sono ancora, di Paolo Pillitteri. Suo cognato Bettino Craxi lo copriva di male parole: “Perché frequenti quel comunista?”».
Che cosa pensa di Matteo Salvini?
«Non mi piace. Troppo macho».
E di Luigi Di Maio?
«Che t’aggia dì?».
E di Giuseppe Conte?
«Un buonuomo».
Come arrivò al giornalismo?
«Per caso. Un mio parente conosceva il caporedattore di Grazia. Erano ex comunisti. Quello m’indirizzò a Nino Nutrizio, direttore della Notte di Milano, ex fascista, che mi ricevette alle 5 del mattino, lui in piedi, io seduto. Dava del voi a tutti: “So che siete del Pci: qui nessuno è del Pci. So che siete laureato: qui nessuno è laureato. Torni domani alle 5”. Il giorno dopo esplose una pompa di benzina in via Tabacchi. Mandò me. Dettai il pezzo al telefono, a braccio. Al ritorno Nutrizio mi disse: “Siete assunto. Ora non fate come gli altri, che scrivono due articoli belli all’inizio e poi solo schifezze”».
Soffre di astinenza da direzione?
«Mai sofferto di astinenza da nulla».
Quindi neppure dalle droghe.
«Dopo aver fumato l’unica canna della mia vita durante una festa a New York, mi guardai allo specchio e vomitai».
Il direttore che le ha insegnato di più?
«Alberto Ronchey, alla Stampa. E il suo vice Carlo Casalegno, assassinato da quei delinquenti delle Br. Ti correggeva gli articoli con la matita rossoblù».
Soffrì a lasciare il posto che era stato di Ronchey?
«No, perché Gianni Agnelli mi concesse di traslocare a Washington, da dove in un anno la direzione mi chiese d’inviare un solo editoriale».
Argomento?
«Il frigo in cui Monica Lewinsky aveva conservato l’abito blu macchiatosi durante un rapporto orale con Bill Clinton».
Ha il potere di far girare un film?
«No. Ci pensa l’amministratore delegato Giampaolo Letta, figlio di Gianni, che è bravissimo. A me i film piace di più vederli. Adoro Miseria e nobiltà con Totò e Casablanca. Li guardo per intero».
Perché me lo dice? Mi pare la norma.
«Dipende. L’Avvocato aveva il cinema in casa, ma i film li faceva vedere al maggiordomo. Poi gli chiedeva: “Bvunetto, com’è il pvimo tempo?”. Brunetto gli raccontava la trama e il finale. E Agnelli: “Allova guavdiamo il secondo tempo”».
Può almeno lanciare un’attrice?
«Meglio evitare tentazioni. Sono sposato. Cerco di peccare il meno possibile».
Però nel 2001 allegò a «Panorama» il calendario di Manuela Arcuri.
«Che cosa c’era di meglio in giro?».
Fabio Volo commentò: «Carlo Rossella non sbaglia un corpo».
«Or non è più quel tempo e quell’età».
Ho dovuto vendere la Rolls-Royce
Salvini? Un macho, non mi piace
Conte? Un buonuomo. Apprezzo il Family day. Wojtyla il più grande
Si definisce eterosessuale a riposo.
«Quest’anno saranno 77».
Le gambe delle donne.
«Corteggiarle è faticoso. Alcune sono anche care. Non nel senso di affettuose».
Da ragazzo le piacevano tutte.
«Tutte quelle belle. A cominciare dalla prima, Françoise, una francese. Avevo 16 anni. Lo facemmo in spiaggia, a Igea Marina. Perché non si sporcasse, stesi sulla sabbia L’Espresso formato lenzuolo. Rincasò con la controstampa di un articolo di Eugenio Scalfari sulle natiche».
Ha mai tradito sua moglie?
«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere».
Su «Chi» scrisse che 60 italiani su 100 hanno l’amante. Come fa a dirlo?
«Dal basso della mia esperienza».
Nei verbali sulle «cene eleganti» di Arcore un’olgettina dice che ballò con lei.
«Confermo. Sono ballerino di tango. Lo imparai di pomeriggio in una tangueria di Buenos Aires frequentata dalle cameriere. Buttavano acqua saponata sulle assi di legno per facilitare il figurato».
Che cosa sa del bunga bunga?
«Nulla. Partecipai a una sola di quelle cene e non vidi alcunché di sconveniente. Tante belle ragazze. Me ne andai presto perché guardavano solo il Cav».
Come giudica il leader di Forza Italia?
«Come imprenditore, di lui mi piace tutto. Come politico, è troppo buono».
Ma lei non tifava per l’Inter?
«Adesso per la Fiorentina, in onore di Diego Della Valle. Ma di calcio non capisco un’acca. Motivo per cui Berlusconi non mi ha mai parlato del Milan. Lui coglie al volo quali sono i tuoi interessi».
Si narra che in tutte le redazioni dove arrivava come direttore per prima cosa appendesse al muro un crocefisso.
«Sempre lo stesso. Mi portavo da casa anche martello e chiodo. Ora sta a Roma, nel mio ufficio alla Medusa».
Non la facevo così timorato di Dio.
«Ogni mattina alle 6, appena sveglio, recito il rosario, seduto sul bordo del letto, e guardo una statuetta della Madonna di Lourdes. È molto rilassante. Ne ho due di corone, una rossa e una nera. Me le ha regalate Cristina Borgomanero, un’amica di Bologna che accompagna i malati alla Grotta di Massabielle».
Sapevo solo che è contrario all’aborto.
«Sì, fermamente, con tutto il rispetto per le donne. Baldovino del Belgio si sospese da re per non promulgare la legge sull’interruzione di gravidanza. Purtroppo in Italia non abbiamo più il re».
Da direttore del Tg5 consentì alla conduttrice Paola Rivetta di presentare il Family day.
«Ci andai anch’io. Lo condividevo».
Papa Francesco le piace?
«Mi piacciono tutti i papi. Ma nel cuore ho san Giovanni Paolo II. Nel 1976, sulla via per Auschwitz, un’amica mi disse: “A Cracovia va’ alla messa mattutina del cardinale Karol Wojtyla”. Andai. Alle 5.30 la piazza era già gremita. Per me è il più grande personaggio del secolo scorso».
Perché la chiamano Carlito?
«Un nomignolo che mi fu affibbiato quando facevo l’accompagnatore della Italturist a Cuba e nell’Urss».
Ricorda Pedrito. Carlito el Drito.
«Più che altro Carlito el Pirla».
In quale Paese ha lasciato il cuore?
«In Russia. E in Armenia. Le armene sono bellissime».
Credevo negli Stati Uniti.
«Ho vissuto a New York e Washington, ma il mio buen retiro è Miami, dove i ricordi superano la realtà. Ci andavo nei weekend. Ora ci torno due volte l’anno».
Roma e Milano non le piacciono?
«Per carità! Ci ho lavorato, ma ho sempre mantenuto la residenza a Pavia. Roma è Il Cairo senza i musulmani, Milano è New York senza i calvinisti».
Potrebbe trasferirsi in Portogallo, come il suo amico Fabrizio Del Noce.
«Ci ho pensato, per via delle tasse agevolate sulla pensione. Ma ascoltando “Il re del Portogallo volea ballar la samba” del Trio Lescano m’è venuto il magone. Era la canzone delle mondine. Da bambino le spiavo nelle risaie con il cannocchiale di un mio amico, nipote di un ammiraglio. Alle mondane ho sempre preferito le mondine. Sono il mio mito erotico. Invece con Del Noce mi divertivo a tirare sacchetti pieni d’acqua contro le vetrine dei negozi di Pavia».
Vittorio Feltri mi ha detto che di Rossella ne conosce almeno due o tre, «anzi, sette, i sette fratelli Rossella».
«Potresti pregarlo di trovare sette spose per sette fratelli? Feltri è il più grande giornalista italiano. Il suo editoriale è il primo che leggo la mattina».
L’ha definita «un grandissimo figlio di buona donna».
«Mi assunse come suo vicedirettore all’Europeo. Dopo aver brindato a champagne, non mi presentai a firmare il contratto. Senza dare spiegazioni».
Posso sapere perché non si presentò?
«Claudio Rinaldi, immenso direttore di Panorama, quella sera stessa mi triplicò lo stipendio. L’uomo non è di legno».