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 2019  febbraio 23 Sabato calendario

Intervista ai tre del Volo

L’album Musica, uscito ieri, è già nella Top 10 digitale di 14 Paesi del mondo. Un piccolo numero, tra i tanti - spesso sorprendenti - accumulati da Il Volo in dieci anni di esistenza. Ne parliamo con Gianluca Ginoble, 24 anni, baritono, abruzzese, e Piero Barone, 25 anni, tenore, siciliano (quello con gli occhiali). Ignazio Boschetto, 24 anni, nato a Bologna e cresciuto in Sicilia (quello con pizzetto e baffi), è a casa con 39 di febbre. 
Nell’album ci sono 11 canzoni, otto classici e tre inediti tra i quali «Musica che resta», che avete portato a Sanremo.
Gianluca «L’album rappresenta appieno il vero nazionalpopolare. Non il termine giornalistico, che suona dispregiativo, ma quello che è radicato nella nostra tradizione, quello che siamo realmente, quello che gli italiani sono stati e saranno. È l’Italia che amano all’estero, la tradizione che si evolve e arriva fino a Bocelli. Con un tocco di modernità, rappresentata dai tre inediti».
Piero «Il nostro successo è dovuto a ciò che cantiamo. Nell’album però c’è anche la novità Vicinissimo, che è pop, forse un passo più lungo della gamba, vediamo cosa succede».
Cantate successi di Barbra Streisand, Mario Lanza, Sergio Endrigo: come li scegliete?
Piero «Abbiamo personalità completamente differenti. Magari Be My Love che cantava Mario Lanza la preferisco io, che sono appassionato di opera. A chi mi dice dei Blue è più il genere di Ignazio».
Gianluca «Le mie sono People, Arrivederci Roma, gli inediti».
Piero «Dopo dieci anni abbiamo imparato a scegliere i brani: riconosciamo i nostri limiti, chi può fare di più o di meno. È fondamentale per convivere in un gruppo».
Gianluca «Siamo cresciuti insieme, da bambini prodigio siamo diventati uomini. Non è un passaggio facile, molti non ce la fanno». 
È vero che avete in repertorio più di 100 canzoni?
Piero «Sono 116».
Gianluca «E soprattutto all’estero vogliono ascoltare i classici. Cantiamo Smile di Charlie Chaplin, grandi successi sudamericani, tutto quello che rappresenta l’italianità. Cantare Volare o ’O sole mio a New York e Sydney non è come farlo a Roma o Milano: però non si emozionano solo gli italiani all’estero o i discendenti, si emozionano tutti».
Piero «Il nostro successo è dovuto al genere che cantiamo. Non siamo noi, è la musica che varca le frontiere».
Gianluca «C’è una grande fetta di pubblico che ancora ama questa musica. Dico ancora perché sappiamo che il mondo sta cambiando, ne siamo consapevoli, però sappiamo anche che nel tempo vince chi rimane se stesso, senza seguire le mode. È bellissimo che la musica italiana vada in giro per il mondo. Noi italiani dovremo esserne più orgogliosi».
Piero «A volte ci dicono: dovreste cambiare genere. Io rispondo: se questo genere una settimana fa mi ha portato a cantare davanti al Papa, lo canterò per tutta la vita».
Gianluca «Bisogna scindere il gusto personale da quello che la gente veramente vuole. Perché cambiare un genere musicale che ti permette di fare concerti in tutto il mondo e vendere dischi?». 
A Sanremo siete arrivati terzi e c’è stata polemica per una ripresa realizzata in sala stampa in cui c’era chi lanciava offese nei vostri confronti.
Piero «Siamo felicissimi di Sanremo. Dal televoto, che è l’unica cosa che conta, abbiamo ricevuto l’ennesima dimostrazione d’affetto».
Gianluca «Le critiche posso essere utili, se costruttive. L’offesa è un’altra cosa». 
Piero «Ma è un tasto che preferiamo non toccare più. Abbiamo detto che è bullismo. Ci dispiace per i tanti giornalisti che lavorano in maniera professionale. Solo questo».
Avete anche detto che il pezzo di Mahmood vi piace.
Piero «Tanto. Tra l’altro uno dei suoi autori, Dario Faini, ha scritto la nostra Vicinissimo». 
Dal 2015, quando avete vinto il Festival, non vi sembra che l’atmosfera si sia incattivita?
Piero «Viviamo in un Paese democratico, ognuno può dire quello che vuole. Ma oggi spesso si supera il limite. Forse dovrebbe essere più controllato, questo telefono».
Gianluca «Ma siamo sempre stati così, la cattiveria e l’invidia ci sono sempre state. I social le fanno vedere in modo trasparente. Tutto lì».
Piero «Stamattina sul taxi alla radio sento la canzone di Loredana Bertè. La signora del taxi mi dice, senza riconoscermi: bello questo Festival, l’ho seguito tutto. Io: cosa le è piaciuto? Lei: tutti, tranne Il Volo e la Bertè. E allora io: però i ragazzi sono arrivati terzi... Abbiamo discusso, non l’ho convinta, poi mi ha riconosciuto e mi ha chiesto un selfie». 
Ora andrete in tournée.
Piero «Partiamo a maggio dal Giappone, dove è tutto sold out. D’estate saremo in Italia, anche a Matera, dove registreremo il concerto che ogni anno facciamo per la rete tv Usa Pbs. Poi Nordamerica, Sudamerica, Europa. Da qui a fine 2020 stacchiamo solo una settimana ad agosto. Ma siamo pronti, sarà bellissimo».
Come è stato cantare per il Papa?
Gianluca «L’avevamo già incontrato due volte in udienza privata. Gli avevamo donato un cd con un’Ave Maria, abbiamo espresso il desiderio di cantarla un giorno per lui. Dopo due anni il sogno si è avverato, di fronte a mezzo milione di persone, alla Giornata mondiale della gioventù, a Panama. È stato toccante, alla fine della Messa, lui pregava guardando una statua della Madonna e noi eravamo a un metro. Noi vogliamo dare il buon esempio, siamo bravi ragazzi che amano quello che fanno».