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 2019  febbraio 22 Venerdì calendario

Un sequel per «Morte a Venezia». Greenaway: «Sono pronto»

VENEZIA La sceneggiatura è sopra la sua scrivania. La cinepresa è lì. I compositori delle musiche scalpitano. Venezia è pronta. In alto ci ha già scritto il titolo. A Peter Greenaway mancano solo i finanziatori: «Ho deciso di girare Morte a Venezia di Thomas Mann, quarant’anni dopo. Ho scritto il seguito di questa storia e chiedo a tutti i produttori che abbiano voglia di finanziare l’opera di farsi avanti». Si potrebbe quasi parlare di un sequel della pellicola di Luchino Visconti. «La voglio chiamare Food for love», «cibo per amore», racconta il cineasta gallese, classe 1942, mentre nel neonato Museo del Novecento alle porte di Venezia prepara l’anteprima europea di Film and music.
I posti all’auditorium di M9 per questa sera sono esauriti, da tempo. Ma molti sognano di poter assistere alla prima lecture performance dell’autore britannico, quella che lui definisce «un viaggio dentro la mia poetica. Con la musica dal vivo del quintetto italiano Architorti, da anni autore musicale delle mie opere». Si dovranno invece accontentare della diretta streaming sul sito del museo mestrino (m9digital.it). O del suo Tintoretto ribelle firmato da Sky Arte, i prossimi giorni nelle sale (25, 26 e 27 febbraio): la sua è una partecipazione straordinaria, «un bel progetto. Amo ancora di più il Veronese, è il mio eroe della pittura veneziana. Sto realizzando un intero lavoro su di lui». La pittura la mette anche nel suo stile cinematografico: «Ho abbracciato la rivoluzione digitale del montaggio, che mi permette di scegliere tono, colori, luci, di giocare proprio come un pittore veneziano del XVII secolo. Tarantino, con un po’ di snobismo, insiste ancora con il montaggio a pellicola ma, a parte lui, i mestieranti più consumati si avvalgono delle tecniche digitali, facilitano enormemente il lavoro del montatore».
Ne ha anche per le colonne sonore, «che attualmente vengono utilizzate malissimo, sottolineano la parte emotiva del film dimenticandosi della loro importanza strutturale, della loro unione con la pellicola». E anche l’Europa, un po’ come la musica con i film, si dimentica «di restare unita. Se così non verrà fatto ci troveremo in seri guai. Questa frattura è un processo che nuoce. Ogni tanto sento parlare di tensioni tra Italia ed Europa, comunque almeno voi non avete la Brexit». Ma i porti li abbiamo chiusi, lei li aprirebbe? «Dal punto di vista morale ho la risposta. Ma politicamente la soluzione non è facile. Ci sono difficoltà oggettive. Però l’immigrazione è ciò che fa sì che il mondo funzioni, non dimentichiamolo».