Corriere della Sera, 22 febbraio 2019
Una fiction fa litigare Francia e Israele
PARIGI Nel giugno scorso due produttori della televisione israeliana Kan hanno avuto l’idea di una mini-serie in tre episodi con questa trama: il Mossad deve sventare un grande attentato in diretta tv che sarà commesso al concorso Eurovision 2019 a Tel Aviv, su ordine dell’Isis, dal rappresentante della Francia, un cantante omosessuale musulmano di origine maghrebina.
Lo scorso gennaio, a Parigi, chi ha vinto le selezioni nazionali e quindi rappresenterà la Francia alla finale di Eurovision in Israele il prossimo 18 maggio è il 19enne YouTuber Bilal Hassani: in effetti, cantante omosessuale musulmano di origine maghrebina.
La coincidenza è involontaria, ma imbarazzante. La serie «Douze Points», che trae il titolo (in francese già nell’originale) dal punteggio massimo al quale può ambire un concorrente a Eurovision, dovrebbe andare in onda qualche giorno prima della vera serata di Tel Aviv, con un danno di immagine per Bilal Hassani chiamato ad affrontare altri 41 concorrenti tra i quali l’italiano vincitore di Sanremo Mahmood e la sua «Soldi».
I giornali israeliani Ynet e Haaretz parlano di pressioni da parte francese perché la serie non venga più mandata in onda, e il manager a capo di Eurovision, il norvegese Jon Ola Sand, si trova in questi giorni in Israele per discutere del problema. La tv pubblica francese nega di avere mai minacciato un boicottaggio, che sarebbe molto complicato politicamente visto che già la campagna internazionale filo-palestinese BDS (Boycott, Divestment, Sanctions) chiede agli artisti di non andare a Tel Aviv. Contatti sono in corso con gli organizzatori di Eurovision «per trovare una soluzione costruttiva per tutti».
I produttori sottolineano che la loro idea è nata molto prima della nomina di Bial Hassani, e che la serie ha una vena comica: «Vogliamo mostrare gli agenti del Mossad in modo semiserio, con i figli a casa e la moglie che chiede loro di non scordarsi i pannolini». Il protagonista di «Douze Points» è l’attore francese Adel Djemaï, felice della sovrapposizione: «La coincidenza in effetti è incredibile e porterà attenzione alla nostra serie. Ammiro molto Bilal Hassani e il suo coraggio, mi piacerebbe che facesse un cameo in uno dei tre episodi della serie».
È l’ennesima polemica che coinvolge, suo malgrado, Bilal Hassani. Nato a Parigi in una famiglia marocchina originaria di Casablanca, ammiratore di Conchita Wurst, la drag queen austriaca che ha vinto l’Eurovision nel 2014, Bilal ha quasi un milione di abbonati su YouTube e da quando ha vinto la selezione francese di Eurovision è stato travolto dai messaggi di sostegno, ma anche da quelli di odio, in maggioranza dei musulmani radicali che lo accusano di essere un traditore che ha ripudiato la cultura islamica di appartenenza. Ma ce l’hanno con lui anche gli omofobi e i razzisti che non lo considerano un francese vero, ed è spuntato un vecchio tweet del 2014 – lui lo ha rinnegato dicendo di avere all’epoca prestato l’account ad altri – nel quale Israele veniva accusata di crimini contro l’umanità.
La sua canzone, «Roi», re, si ispira alla solida tradizione dei pezzi sulla stima di sé «e non importa quel che dicono gli altri», tipo «Beautiful» di Christina Aguilera. Aiutato da una squadra di anonimi «Bilal Protectors» che monitorano la rete per scovare gli haters e denunciarli, Bilal Hassani, omosessuale, di origine maghrebina, non terrorista, è uno dei favoriti di Eurovision.