Il Messaggero, 22 febbraio 2019
Benetton riparte dall’arcobaleno. Intervista a De Castelbajac
In maglioncino Benetton blu, spilletta verde sul cuore e cappellino da baseball, Jean-Charles de Castelbajac ha l’aria spossata. Da quattro mesi direttore artistico delle collezioni uomo e donna di United Colors of Benetton, martedì ha inaugurato la settimana della moda di Milano. Niente a che vedere con l’espressione vivace che esibisce sul manifesto pubblicitario in circolazione che lo ritrae insieme a Luciano Benetton, significativamente al centro, e Oliviero Toscani. Immagine di un’Italia che guarda al futuro volgendogli le spalle, 229 anni in tre.
Da ragazzo ha mai comprato Benetton? Sa, quasi tutti gli italiani hanno nell’armadio qualcosa di Benetton.
«No, avevo una maglietta a diciassette anni ma non l’ho conservata. Ne avrò adesso perché ho iniziato a disegnare delle cose per me. Mi hanno fatto una bella giacca multicolor che metto spesso. Tra poco avrò un enorme guardaroba Benetton».
Cos’è che non ha funzionato a Benetton?
«Si è messo a inseguire la fast-fashion, ma non è nel suo Dna. Anche se qui tutto è possibile. Se chiedo un prototipo la mattina, la sera è pronto. Mi hanno accolto come una famiglia, tutti sono molto felici di avere finalmente una direzione. Ho riunito tutto, comunicazione, design, nelle mie mani. Luciano è il capo, e io mi ritengo un buon generale».
Perché uno dovrebbe comprare Benetton, quando ha Zara?
«Il guardaroba Benetton è atemporale, non insegue la moda, come fanno Zara o H&M, le catene fast-fashion. Per me ciò che più conta non è l’idea della moda, dell’inseguimento dell’ultima tendenza, ma dello stile, dell’espressione di se stessi attraverso l’abbigliamento. Adesso ritorniamo alle origini, al guardaroba Benetton, ai valori fondanti. Per esempio i jeans, fondamentali per questo brand. È Luciano che ha inventato l’idea del jeans chic. Adesso i pezzi chiave della collezione sono Snoopy, Charlie Brown e Topolino, che in maniera irriverente fanno capolino su maglie, capispalla e accessori, in ricordo degli anni d’oro in cui mi sono ispirato ai fumetti più famosi per le mie creazioni».
Perché Luciano Benetton ha scelto proprio lei?
«Il Dna di Benetton e il mio hanno molte similarità. La maglieria è stato il mio amore già da Iceberg negli anni Ottanta, e anche il colore è qualcosa che abbiamo in comune. L’incontro avviene al momento giusto perché l’idea di comprare capi desiderabili, di qualità, a prezzi accessibili, è molto interessante adesso».
Benetton si posiziona sul piano di brand di culto come Esprit e Gap, che, detto tra noi, non se la passano molto bene.
«Benetton vuole recuperare l’idea di pronto moda italiano, posizionandosi in quello spazio vuoto tra l’offerta scadente della fast-fashion e quella di lusso del ready-to-wear. Adesso tutti parlano di lusso accessibile, che accessibile non è. Ti lasciano le briciole: gli occhiali, il portafogli, la borsetta. E poi? Noi facciamo creatività, senza copiare, con un prezzo giusto. Dalla t-shirt da 9 euro al montgomery multicolor da 289. L’offerta sport-chic è unica, dalla maglieria al jeans, al parka. Il progetto mi entusiasma perché c’è la possibilità di scrivere una nuovo capitolo nella storia della moda, di cambiare il sistema».
Sì, ma la moda si basa sul desiderio di novità. I consumatori sono avidi. Come farete?
«Partiremo da una proposta di base che sarà sempre arricchita di prodotti nuovi. Già nei negozi di Parigi e Milano è disponibile una capsule collection che è una selezione della sfilata».
Cos’è che l’ha colpita di più quando è arrivato a Ponzano Veneto?
«Dietro il rilancio di Benetton c’è l’idea di un ritorno alla qualità. In azienda c’è un saper-fare e macchine davvero straordinarie. La sorella di Luciano andava in Giappone per innovare».
Ma l’ideologia globalista di United Colors of Benetton può funzionare in tempi di gilet gialli?
«Come dice il titolo della sfilata Benetton sarà una Rainbow Machine, una macchina per produrre l’arcobaleno. Per questo ho voluto – nel set della sfilata da me ideato – che fosse rappresentata anche la parte della produzione di moda, tutta la filiera, dalla manifattura alla sfilata al prodotto, posizionato tutto intorno. I colori dell’arcobaleno, giallo, rosso, verde, blu, sono una promessa di speranza, un gioco di cui abbiamo bisogno e, proprio in questo momento, sono un messaggio straordinario di ritorno alla creatività, alla qualità e all’inclusività. Benetton sarà per tutti».