La Stampa, 21 febbraio 2019
Il futuro secondo James Cameron
E allora, il prossimo Avatar? E gli altri tre? Da quando, dieci anni fa, uscì il film che stabilì una volta per tutte che non c’erano più limiti alle immagini generate dal computer (e che divenne così il campione di incassi di tutti i tempi, portando via il titolo ad un altro suo film, Titanic), la domanda per James Cameron prima o poi arriva inevitabile: «E allora, a quando per il nuovo Avatar?».
Per molti, quel viaggio a Pandora che aveva ridefinito il rapporto tra cinema e tecnologia era stata un’esperienza psichedelica, che aveva lasciato una voglia irresistibile di tornarci. Cameron ovviamente sa bene che le aspettative da allora si sono alzate di parecchio, che il cinema in tutti questi anni ha fatto un grande salto in avanti e che lui può solo, ancora una volta, superare se stesso. Sarà per questo che nel frattempo ha fatto tanto altro: nel 2012 addirittura si immerse in solitudine con il sottomarino Deep Sea Challenger per scendere a 10.898 metri sotto il livello del mare a esplorare la Fossa delle Marianne.
Dai manga di Yukito Kishiro
Anche per poter lavorare al nuovo Avatar, Cameron un paio di anni fa ha rinunciato a dirigere un progetto a cui pensava da molto tempo, basato su una serie di fumetti giapponesi (manga) di Yukito Kishiro, che aveva come protagonista una intrepida eroina mezza umana e mezza robot chiamata Alita.
Cameron ha deciso di limitarsi a produrre il film e di lasciarne la direzione a Robert Rodriguez. Il ruolo della protagonista con occhioni grandi e tondi è andato a Rosa Salazar. Nel cast, tra gli altri, Christopher Waltz, Mahershala Ali e Jennifer Connelly.
Abbiamo incontrato Cameron in occasione dell’uscita americana di Alita - Angelo della battaglia, nelle sale italiane dalla settimana scorsa. Ma Cameron non è il solito produttore impegnato a promuovere un film. È uno scienziato, con tanto di laurea in Astronomia e Fisica. È un artista, un sub, uno scrittore, un esploratore. È un visionario.
Per questo, eliminiamo subito dalla conversazione la prevedibile domanda sui prossimi Avatar. «Abbiamo fatto tutta la parte di performance capture (la tecnologia con cui si catturano movimenti ed espressioni di un attore per poi applicarli ad un personaggio virtuale, ndr), per il numero due, il tre e parte del quattro. Da maggio saremo in Nuova Zelanda per quattro mesi per realizzare la parte con attori veri. Ci sono molti personaggi in azione dal vivo nelle scene di grafica al computer, quindi dovremo integrare i personaggi reali nel mondo Na’vi (l’immaginaria popolazione con sembianze umanoidi vivente sul satellite Pandora, ndr), con le foreste tropicali, gli oceani e le montagne».
Alieni dalle fattezze umane
Dai tempi del primo Avatar (2009) i problemi da risolvere e le sfide artistiche da vincere sono cambiati. «L’ultimo grande salto da fare - dice Cameron - è riprodurre gli esseri umani. In Avatar i protagonisti non erano umani, erano alieni interpretati da umani con volti dalla fisionomia umana. Un po’ come Alita: l’abbiamo realizzata in computer graphics prima di tutto per preservare il look del personaggio creato dall’artista Yukito Kishiro, ma dal momento in cui apre gli occhi sino alla fine del film l’idea è che ci si possa tuffare nelle sue pupille e credere che sia reale».
Cameron crede nella scienza e nella fantascienza. «Sono la stessa cosa - dice - uno studia Fisica e Astronomia, come ho fatto io, perché vuole capire l’universo. C’è chi ci prova con la religione e c’è chi lo fa con la scienza. E molti scrittori di fantascienza, specialmente agli inizi della disciplina, venivano dalla scienza. Oggi ci sono molti scienziati impegnati a capire il mondo fisico che sono stati ispirati dalla fantascienza».
Noi uomini macchina
E cosa vede davanti a sé lo scienziato/artista James Cameron? Dove siamo diretti? «Uno dei temi di Alita - ci risponde lui - è che stiamo diventando tutt’uno con la tecnologia. Siamo fusi coi nostri telefoni e con i nostri computer, in modo totalmente diverso da quello di dieci o venti anni fa. Continueremo ad evolvere socialmente come le nostre macchine evolvono tecnologicamente. In Alita i cyborg hanno vite umane, cervelli umani dentro un corpo macchina: accadrà sempre di più. Poi c’è la questione dell’intelligenza artificiale e la minaccia della possibile nascita di una super-intelligenza. Forse sta già accadendo, forse c’è qualcuno che ci controlla per il suo divertimento perché – diciamocelo- niente di quello che facciamo oggi ha senso. Non reagiamo con l’urgenza necessaria al problema del cambiamento climatico, gli oceani sono finiti. E francamente non dovremmo eleggere gli idioti che eleggiamo... Ma quello è un altro discorso».
Il lato oscuro del progresso
Potremmo ironizzare: l’umanità continua a ballare mentre il Titanic affonda. Cameron raccoglie l’invito: «Gli esseri umani hanno vissuto su questo pianeta per centinaia di migliaia di anni, più o meno nella stessa condizione fisiologica e relativamente felici. Certo, un tempo i tassi di mortalità erano più elevati ma d’altra parte l’evoluzione tecnologica sembra farci sempre meno felici. Ogni cambiamento tecnologico ha un lato oscuro, ma ora, in cambio del privilegio di poter ordinare una pizza dal telefono o chiamare un Uber, stiamo consegnando le chiavi della nostra vita a uno Stato totalitario. Come scrittore di fantascienza, vedo una ventina di vie diverse per precipitare giù dal burrone. Per non farlo, dovremmo cooperare, al di là dei confini nazionali e culturali. Invece stiamo andando nella direzione opposta, alziamo muri, ci dividiamo e ci urliamo in faccia: “Taci , sono meglio di te”. Mi affascinano i mondi distopici, le utopie negative generano grandi film. Ma sono mondi di m. in cui vivere».