Corriere della Sera, 21 febbraio 2019
Giarrusso, il senatore che cita la forca
Tra un po’ proviamo a parlarci e vediamo se si è pentito di quel gestaccio (i polsi incrociati, le manette evocate, dedica esplicita ai genitori di Matteo Renzi: nel cortile seicentesco di Sant’Ivo alla Sapienza, l’altro giorno, pochi minuti dopo aver salvato Matteo Salvini dal Tribunale dei ministri).
Prima, però, il senatore grillino Mario Michele Giarrusso, dai suoi detto «Marione», va un po’ descritto.
Solo un po’.
Nasce a Catania nel 1965 e lì si laurea in Giurisprudenza (a 33 anni); dopo la morte del giudice Antonino Caponnetto, collabora alla costituzione della fondazione a lui intitolata; si occupa di lotta alla mafia e di legalità; la prima volta che si candida alla Camera, nel 1992, lo fa con la Rete ma prende solo 684 preferenze; 21 anni dopo ci riprova con il Movimento 5 Stelle e viene eletto senatore.
Subito decide di non essere uno dei tanti.
Per i cronisti parlamentari, un dono del cielo.
Dichiarazioni ruvide, feroci, titoloni.
Quel demonio di Giuseppe Cruciani e il suo complice David Parenzo lo convocano nel loro programma La Zanzara, su Radio 24. Giarrusso si esalta: «Renzi è uno che non ha mai lavorato un giorno in vita sua, perché non ditemi che lavorare a casa del papà dove sono tutti precari tranne lui, significhi lavorare. Renzi, perciò, sarebbe da impiccare». Va via la voce pure ai conduttori. Allora Giarrusso pensa di non essere stato abbastanza chiaro: «Sì, insomma… avete presente la cosa che si fa su un albero, attaccando la corda?».
C’è del talento.
Qualche tempo dopo, polemizzando su Facebook con il giornalista della Rai Davide Camarrone, scrive: «Buttati a mare con una pietra al collo» (notare la finezza della pietra al collo).
Iniziano a invitarlo in tivù, nei talk-show va fortissimo. Personaggione. Si siede e parte. Un colpo dietro l’altro. Devono togliergli la parola, lo calmano: perché lui non è giustizialista. È molto di più.
«Io sono un manettaro!» (lo ripeterà anche tra poco).
Diventa capogruppo dei 5 Stelle nella Giunta per le elezioni e le immunità di Palazzo Madama. I malcapitati che finiscono lì – parlamentari sospettati di aver commesso reati vari – ne sono terrorizzati.
Vi schiaffo in galera.
Ve la faccio pagare.
Vi spiego cos’è l’onestà.
Quando cercano di capire meglio chi sia questo grillino scatenato, vanno su Google e trovano la sua foto più celebre: ghigna a torso nudo e con i capelli sudati stirati all’indietro, con un grembiulone verde, nelle mani un forchettone e un coltellaccio, e davvero sembra il grande Aldo Fabrizi quando, al teatro Sistina, nel Rugantino di Garinei e Giovannini, fu nella parte di Mastro Titta.
Insomma: Giarrusso è uno che non l’ha mai fatta passare liscia a nessuno.
Quasi a nessuno.
«Guardi: io sono sempre stato inflessibile, un vero manettaro. Ma il caso Salvini, per noi grillini, è stata una cosa diversa».
Un voto di scambio, secondo alcuni osservatori.
«Cioè?».
Salvini sarebbe stato chiaro: o voi salvate me dal Tribunale, o io faccio cadere il governo.
«Chi vuol male a noi e a questo governo è libero di raccontarla così».
Invece?
«Invece noi abbiamo difeso non Salvini, ma il ruolo del ministro dell’Interno, che deve essere libero di agire in nome e per conto dello Stato. Come, appunto, fece Salvini in occasione della vicenda Diciotti».
Poi lei è uscito e ha fatto quel gesto odioso delle manette.
«Ero nervoso».
Chieda scusa.
«Senta: l’ha vista quella scena, no? I parlamentari del Pd erano tutti lì… alcuni, come Faraone, anche molto aggressivi… mi sembra ci fosse pure la deputata Morani…».
Ma la Morani è piccolina…
«No, mi creda: è tosta, cattivella. E io ero teso, impaurito».
Chieda scusa.
«Ma perché? Mi gridavano in faccia, mulinavano i pugni, non fossero intervenuti i commessi non sarei riuscito neppure a passare… e poi senta, sa che c’è?».
Continui.
«C’è che io, umanamente, posso anche essere vicino a Matteo Renzi. Detto questo...».
Detto questo?
«I miei genitori sono belli e tranquilli a casa: e non è colpa mia se i genitori dell’ex premier sono invece inguaiati e agli arresti domiciliari. Non solo. Non è colpa mia nemmeno se da quelle parti è un continuo intrecciarsi di storie brutte, di padri e di banche, di famiglie strane…».
Un’ultima cosa: ha sentito Davide Casaleggio, per sapere quale dovesse essere la linea del Movimento sulla vicenda Salvini?
«No. Casaleggio, l’ultima volta, l’ho visto alla convention di Ivrea. Io ho sentito solo Di Maio. È lui che tiene i contatti».
Dentro quest’ultima risposta, c’è molto. Forse tutto.