Il Sole 24 Ore, 21 febbraio 2019
Putin ha problemi di popolarità
Due cose soprattutto aveva a cuore Vladimir Putin, quando ieri mattina ha preso la parola davanti a 2.000 alti dignitari riuniti nella Corte dei mercanti, dietro il Cremlino: rispondere per le rime agli Stati Uniti, che in febbraio hanno abbandonato per primi l’ultimo grande trattato sul disarmo, e in più ora sono di nuovo sul piede di guerra contro Mosca sul fronte delle sanzioni. Ma soprattutto, il presidente russo intendeva utilizzare questo discorso sullo stato della nazione per fermare gli indici di una popolarità abituata a stare al di sopra del 60%, e trascinata al ribasso a partire dall’autunno scorso per la decisione di riformare il sistema pensionistico. Ora sono soltanto il 32,6% i russi ancora disposti a fidarsi dello Zar.
Con alle spalle una sfilata di tricolori e una grande carta azzurra della Federazione Russa, Putin è sembrato ansioso di centrare subito questo obiettivo, affrontando in concreto le preoccupazioni degli elettori. Non più indicatori economici a mostrare i passi avanti dell’economia, come usava fare negli anni scorsi, ma misure specifiche in campo sociale.
Secondo indicazioni pubblicate in febbraio dall’istituto Vtsiom, la fiducia dei russi rimasta al presidente viaggia ai minimi dal 2006: solo il 32,6% lo sostiene, percentuale in calo del 30% rispetto al 2015. Alla vigilia del messaggio sullo stato della nazione, alcune fonti vicine all’amministrazione del presidente interpellate da Vedomosti avevano ipotizzato che il discorso fosse stato anticipato rispetto alla data prevista (il quinto anniversario del rientro della Crimea nella Federazione Russa a metà marzo) proprio per l’urgenza di dare una sterzata ai sondaggi. E forse il Cremlino ha realizzato che le avventure sul fronte estero, dalla Siria alla Crimea, non servono più di tanto a distrarre l’opinione pubblica. Quest’anno, la maggior parte dell’intervento di Putin era rivolta all’interno del Paese.
«Più bambini, meno tasse»: il lungo elenco di promesse sociali esibite da Putin guarda con preoccupazione al calo demografico in Russia, e include un aumento dei bonus sui figli, esenzioni fiscali per le famiglie numerose, aumento dei sussidi a sostegno dei disabili. Misure messe regolarmente in vetrina, ogni anno, in questa occasione: oggi però il malumore e il pessimismo dei russi è aggravato dal lancio della riforma pensionistica, dall’aumento dell’Iva e dal persistere del calo – per il quinto anno consecutivo – del reddito disponibile.
L’economia, in Russia come nel resto d’Europa, costringe gli analisti a rivedere al ribasso le stime di crescita (sotto l’1% per il 2019), si teme una ripresa dell’inflazione. «Possiamo convogliare enormi risorse finanziarie sui nostri obiettivi di sviluppo», rassicura Putin: il Paese deve spendere di più per ridurre i livelli di povertà, già quest’anno la gente dovrà toccare con mano un miglioramento. Un cambio di direzione? La linea del governo finora si era concentrata sul rigore, sulla necessità di mettere in sicurezza i conti dello Stato più che sulle preoccupazioni sociali e sulla crescita: in uno scenario economico in peggioramento, si teme anche una nuova ondata di sanzioni, dunque quel che conta è rafforzare le riserve su cui poggia il Paese. Il governo russo, scriveva di recente Oleg Kouzmin, economista per Renaissance Capital, «punta a garantire stabilità e controllo dei rischi: solo quando questi obiettivi saranno centrati si penserà a migliorare le potenzialità della crescita».
I sondaggi potrebbero aver convinto Putin ad aprire un po’ di più al welfare i cordoni della borsa: toccando i diversi fronti che sono stati al centro di proteste in Russia, Putin ha promesso di affrontare il problema delle discariche, i salari degli insegnanti, le condizioni degli ospedali, la lotta contro i tumori, la riduzione delle emissioni. Ha parlato anche agli imprenditori, promettendo di abolire da qui al 2021 il groviglio di norme e regolamenti che li tengono costantemente nel mirino del sistema giudiziario: «Gli uomini d’affari onesti non dovrebbero vivere nel terrore di ricorsi penali», ha detto Putin. Che forse intendeva anche lanciare un messaggio (rassicurante?) nei confronti di Michael Calvey, il banchiere americano arrestato per frode a Mosca la settimana scorsa.
Quanto costeranno al budget dello Stato le promesse di Putin? 100-120 miliardi di rubli (1,34-1,61 miliardi di euro), si è affrettato a calcolare il ministro delle Finanze, Anton Siluanov. Ammesso che gli impegni si traducano in fatti, cosa non semplice. Parlando di crescita, per esempio, il presidente ha invocato modernizzazione e sviluppo tecnologico, affidandosi però come sempre ai grandi progetti statali.
Sul fronte internazionale, Putin ha affidato la risposta «ai partner americani» semplicemente al peso delle proprie parole, diversamente dall’anno scorso, quando aveva illustrato con video ed effetti speciali i “gioielli” dell’industria della difesa. «La Russia – ha detto il capo del Cremlino – non minaccia nessuno. Non intende schierare nuovi missili in Europa per prima. Ma gli Stati Uniti hanno violato sfacciatamente le regole degli accordi (Inf, bando ai missili a medio e corto raggio). Se davvero schiereranno missili nel continente europeo, costituiranno un pericolo reale per la Russia, perché saranno missili distanti 10-12 minuti di volo da Mosca. La Russia sarà costretta, sottolineo costretta, a creare e sviluppare armi che possano essere usate sia contro i territori in cui ha origine la minaccia diretta contro di noi, sia quelli in cui sono situati i centri decisionali. Siamo pronti a trattative sul disarmo, ma non busseremo più a una porta chiusa».