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 2019  febbraio 20 Mercoledì calendario

Luciano Benetton torna a 83 anni

Debuttante tardivo ma glamour, a 83 anni Luciano Benetton, tornato al timone dell’azienda nell’anno più difficile e doloroso della sua fortunata storia, si prepara alla sua prima sfilata milanese, disegnata dal nuovo stilista di casa Jean-Charles de Castelbajac, con l’immancabile pantalone bianco che da 10 anni porta estate e inverno e una giacca scura simil scozzese fatta fare su misura anni fa da un sarto napoletano, Mario Formosa.
Proprio al «Corriere» lei aveva raccontato che tutto era partito da un maglione giallo che le aveva fatto sua sorella Giuliana e che subito tutti volevano copiare quando glielo vedevano indosso. Oggi, quale oggetto potrebbe essere altrettanto iconico e pop di quel maglione colorato?
«Ecco, vede questo pantalone bianco della nuova collezione con solo due cuciturine sottili blu e rosse? La mattina puoi scegliere nell’armadio a occhi chiusi, va bene con qualsiasi giacca».
La collezione del suo gran ritorno è comunque e sempre un trionfo di colori, una macchina arcobaleno, come l’ha definita Castelbajac, grande maestro del pop ma non certo di primo pelo, 70 anni a novembre, che si vanno ad aggiungere ai suoi 83, agli 81 di sua sorella Giuliana, ai quasi 77 di Oliviero Toscani...Una vera anti-rottamazione!
«Io credo che bisogna scegliere la persona giusta, non secondo l’età. Negli Stati Uniti spesso non compare neppure nei curricula. Castelbajac lo avevo conosciuto negli anni Ottanta perché sono stato fotografato con una sua maglia disegnata per Iceberg, anche lui fa un percorso attraverso i colori. Prende una fotografia di Oliviero Toscani ci mette su qualche pennellata alla Keith Haring e ne viene fuori una T-shirt per tutti. Si definisce un artista che è diventato un designer. Ma potrei aggiungere un altro grande vecchio, l’architetto Tobia Scarpa, lavoriamo insieme dal 1963, creativo come allora».
Ma non eravate l’azienda di Fabrica, dei giovani in fabbrica?
«Certo e lo siamo ancora. Castelbajac si è meravigliato della squadra con cui si è trovato a collaborare. Ma i giovani bisogna aiutarli a crescere. E se li metti a confronto con chi ha esperienza, funziona. Trovo che sia uno spreco che tante persone a 60 anni escano, via, tutto finito. Giusto per i mestieri usuranti ma per altre cose penso che sia un delitto».
Su questo fronte c’è molta confusione: l’età si allunga ma gli Over vengono lasciati a latere. Lei ha un’idea?
«A dir la verità un’idea ce l’avevo già nell’altra vita in azienda. E cioè un sistema di uscite graduali: uno non va proprio in pensione ma invece di 5 giorni ne lavora tre, dopo cinque anni ne lavora due, e dopo dieci uno. Così si possono far crescere i giovani. I vecchi guadagnano un po’ meno, ma pazienza. E la società ne guadagna in toto».
Cosa ha trovato tornando in azienda?
«Era cambiato tutto. Ho fatto una gran fatica. Il management ha questa parola d’ordine, discontinuità, che non mi piace. Meglio prima direi, quando si era più esigenti e con più rispetto».
Anche voi però vi siete arresi a qualcosa, alla sfilata di Milano oltre ai giornalisti c’erano 80 influencer: è il nuovo che avanza?
«Bisogna stare al gioco. E scegliere bene. Abbiamo invitato influencer da tutti i Paesi europei, anche i più piccoli. E stiamo lavorando alle vendite online. Molto importante per noi è puntare sugli imprenditori e la rete commerciale, trovare famiglie di imprenditori che vogliono crescere con noi».
Il 2018 è stato un anno orribile per la Benetton, tre lutti in famiglia, il cognato Fioravante e i due fratelli Carlo e Gilberto, e la tragedia del ponte Morandi a Genova.
«È stato molto doloroso per me lavorare a un nuovo rilancio con i lutti che hanno colpito la nostra famiglia e il Paese».
Dov’era quel giorno, il 14 agosto?
«Ero a Cortina, c’è stata molta speculazione sul fatto che noi eravamo tutti insieme per ricordare nostro fratello Carlo. Abbiamo deciso di mantenere la festa ed è stato un errore, perché c’era solo disagio e dolore. Non lo rifaremmo. Siamo stati condannati velocemente, adesso siamo ansiosi che si faccia chiarezza sulle dinamiche del crollo».
Rimpiange la seconda vita, barca e arte, che si era costruito nei periodo del suo ritiro, quando aveva lasciato la guida di Benetton?
«Al momento no, devo essere concentrato su quello che faccio. Guardo al futuro. È vero che l’età non conta o conta meno, ma non si riesce a lavorare con i ritmi di un tempo. Bisogna prenderne atto».
Ma lei è snello come un figurino.
«Sto attento a come e quanto mangio, l’alimentazione è una cosa seria. Non vado a cene di lavoro, semmai le tramuto in pranzi. Bisogna mangiare a pranzo, la sera poco o niente. Se posso cerco di fare 40 minuti di tapis roulant tutti i giorni. È una vergogna come tutti noi pensiamo poco a rispettare il nostro corpo».