Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  febbraio 20 Mercoledì calendario

Le nuove minacce alla Grecia

Se settembre, com’è noto, è tempo di migrare, febbraio è quello dello strozzinaggio alla Grecia. Una simpatica consuetudine europea che prosegue anche in questo pazzo 2019. Lunedì, infatti, Reuters ha pubblicato il consueto pizzino di un anonimo funzionario della Commissione Ue che sostiene che la Grecia potrebbe non ricevere l’assegno da 750 milioni che le dovrebbe arrivare a marzo sulla base dell’ultimo accordo di salvataggio (sic!), quello di giugno 2018: in pratica il sistema Ue si impegna a restituire ad Atene i guadagni realizzati sul suo debito e un po’ degli interessi sui prestiti per un totale di 4,8 miliardi in tranche semestrali fino al 2022; Tsipras in cambio continuerà a fare austerità. Non tutti gli ordini europei però, ci informa Reuters, sono stati rispettati: il 27 febbraio verrà diffuso un report in cui Bruxelles dirà che 16 “riforme” non sono state completate. La più importante? “La legge sull’insolvenza, in cui è necessario un equilibrio tra protezione dei proprietari di case a basso reddito e le banche”. Tradotto: la Ue vuole espropri facili per tutti quelli che non pagano il mutuo, il governo greco vorrebbe “salvare” i poveri. E dove siamo? A Cuba?
Nota finale. I crediti deteriorati in Grecia sono circa 88 miliardi, oltre il 45% del totale dei prestiti (l’Italia è sotto al 10, la media Ue vicina al 3,5%): se però non si possono espropriare le garanzie reali, il fondo avvoltoio non gode e il giochino del mercato degli Npl non funziona. Ci pensa la Ue allora a ricordare ai greci le superiori ragioni del mercato: e mica siamo a Cuba?