La Stampa, 19 febbraio 2019
Intervista al campione italiano di Risiko
La vera notizia non è che ci sia un Torneo nazionale di RisiKo! (sì, in teoria bisognerebbe scriverlo così, con la kappa maiuscola e il punto esclamativo) e nemmeno che domenica a Milano l’abbia vinto il signor Massimiliano Tresoldi, 50 anni e una passione per i carrarmatini che dura da più di trenta. No: la vera notizia è che il più forte condottiero di Risiko d’Italia ama giocare con le armate viola, considerate da quasi tutti jettatorie.
Tresoldi, come mai?
«È un colore che mi piace. Si figuri che ho chiamato Viola anche mia figlia. Però il torneo l’ho vinto con i rossi».
Vede?
«Ma solo perché nei tornei i carrarmatini viola non ci sono. Si gioca in quattro, al massimo cinque, e li hanno tolti. Peccato».
Per il resto, contento?
«Felice. Ero alla mia quindicesima finale e alla quinta finalissima ma non avevo mai vinto».
Che obiettivo aveva?
«Conquistare l’Asia e l’Africa».
Quindi anche la mitica Kamchatka.
«Certo. Anzi, direi che la vittoria è arrivata dall’Asia del nord, Kamchatka, Jacuzia, Cita, Mongolia e così via».
Di suo, che territori ama?
«Quando posso parto dall’Oceania. Ti prendi anche il Siam e nessuno ti schioda più. Certo però che se come obiettivo hai quello di conquistare le Americhe te ne fai poco».
Il territorio che dà più problemi?
«La Cina, perché ha sette confini. Troppi per essere difendibile».
Ammetta: quanto conta la fortuna?
«Dipende dalle partite. Domenica, per esempio, tanto. Di riflesso, però».
In che senso?
«Nel senso che a un altro giocatore è andato male un attacco in cui ha perso 27 carrarmatini contro zero. E io ne ho approfittato».
Qual è la prima qualità di un campione di Risiko? L’istinto del killer?
«Anche. A volte bisogna essere aggressivi. Troppi giocatori hanno paura di affondare il colpo. Aggiungo una certa capacità di penetrazione psicologica».
Come a poker?
«Esatto. Bisogna saper sfruttare le debolezze altrui».
Per un attacco con ragionevoli probabilità di vittoria che superiorità bisogna avere? Due a uno? Tre a uno?
«Diciamo che già con un due a uno si può provare. Con il tre però è meglio».
Le donne giocano a Risiko?
«Poche, purtroppo. È un gioco prevalentemente maschile, forse per via del suo aspetto militare, i carrarmatini, le bandiere e così via».
Quelle poche come giocano?
«Come gli uomini. Alcune anche molto bene».
Un politico italiano che vedrebbe bene al tavolo da Risiko?
«Non è esattamente un politico, ma direi Beppe Grillo».
Perché?
«È bravissimo a far fare alla gente quello che vuole lui».
Altri?
«Temo che proverebbero a truccare il gioco».
Lei combatte anche on line?
«No. Mi piace guardare in faccia gli altri, ridere, scherzare, magari insultarsi e poi andare a bere una birra insieme. Nei tornei però si è molto più seri. Devi concentrarti, non cazzeggiare. A parte tutto, gli arbitri te lo impediscono».
Quante volte gioca alla settimana?
«Da una a tre. Nei tornei rappresento un club di Monza dove vado tutti i giovedì».
Quando ha cominciato?
«Da ragazzo».
E non ha più smesso?
«No. Però la vera svolta è stato il primo torneo in cui ho gareggiato, nel ’91, anche perché l’ho vinto. Naturalmente avevo i viola».
I carrarmatini li mette in fila o li ammucchia?
«Dipende. Li tengo in fila se devo contarli, ammucchiati quando lancio una grande offensiva».
Bandierine e carrarmatoni li usa? Per chi non lo sapesse, valgono rispettivamente dieci e cinque carrarmatini e a molti non piacciono.
«Non ho obiezioni. Sono certamente pratici. Ma nelle regole del torneo ogni giocatore ha un limite massimo di 130 carrarmatini».
La passione per il Risiko è conciliabile con la famiglia?
«Beh, io ho tre figli da due mamme diverse, però sono separato e vivo da solo. Forse dovrei concludere di no».
I suoi figli giocano?
«Il più grande, 16 anni, inizia. Lo porto ai tornei con me».
Che gli dice? Un giorno questa Kamchatka sarà tua?
«Più o meno. Io a Risiko continuo a divertirmi moltissimo».
A proposito, il premio che ha vinto in cosa consiste?
«In un carrarmato gigante».
D’oro massiccio?
«Magari. Dell’oro purtroppo ha solo il colore. Potevano farlo viola...».