la Repubblica, 17 febbraio 2019
Churchill divide ancora gli inglesi
Chi era davvero Winston Churchill? La domanda torna d’attualità dopo che nei giorni scorsi John McDonnell, numero due del partito laburista, lo ha definito “villain”, un criminale, un malvagio, per avere mandato l’esercito a reprimere i minatori in sciopero nel 1910, quando era ministro degli Interni. «McDonnell è un Lenin da quattro soldi», replica Nicholas Soames, nipote di Churchill e deputato conservatore, alludendo alle simpatie marxiste del vice di Corbyn. «McDonnell non capisce niente di storia», rincara la dose l’ex-ministro degli Esteri Boris Johnson, autore di una biografia di Churchill, da lui giudicato «un eroe della classe lavoratrice». Del resto, un sondaggio della Bbc, qualche anno fa, lo ha eletto «più grande eroe britannico di tutti i tempi» per il ruolo che ebbe nella vittoria contro il nazismo nella II guerra mondiale; e non per nulla la sua statua ha il posto d’onore sulla piazza del Parlamento, quasi di fronte a quella di un altro eroe della storia inglese, Riccardo Cuor di Leone. Vinse pure il Nobel per la letteratura, per la saggistica, non per la narrativa: certo sapeva scrivere, come confermano tante frasi celebri, da “lacrime e sangue” a “cortina di ferro”. Ma è stato accusato di razzismo nei confronti delle colonie dell’Impero britannico; e nelle elezioni del 1945, pochi mesi dopo avere sconfitto Hitler, fu battuto dal laburista Attlee. Forse bisogna essere morti da tempo per diventare profeti in patria.