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 2019  febbraio 17 Domenica calendario

Intervista a Ryohei Kanzaki, che ha inventato gli insetti-robot

«È questione di sogni...». E di intuito, rigore, impegno, visione. Coraggio. Tutti requisiti grazie ai quali Ryohei Kanzaki, neurobiologo, accademico, scienziato, ma soprattutto «l’uomo che ha inventato gli insetti-robot», è conosciuto in tutto il mondo. Una star della ricerca, un visionario. Giovedì 14 febbraio il professore giapponese ha ricevuto dall’Università di Milano-Bicocca la laurea honoris causa in Informatica. La motivazione: «Con il suo approccio interdisciplinare – a partire da una base di ricerca di neuroscienze – ha sviluppato nuovi modelli di ricerca in ambiti di informatica, robotica e di intelligenza artificiale». Anche se lui insiste su un punto: «L’intelligenza biologica».
Di che cosa si tratta? 
«È il comportamento adattativo che si riscontra in certi insetti, e cioè l’elaborazione dinamica delle informazioni che arrivano al cervello. Da qui è nata l’idea di un Insect-robot hybrid system, un robot controllato da un insetto attraverso il suo comportamento dovuto all’attività neuro-motoria».
Perché proprio gli insetti?
«Sono il gruppo animale più presente sulla terra. E il più vario. Sono in grado di recepire informazioni complesse come gli odori, il vento, il suono, la luce e i sapori e di reagire con estrema velocità».
E tutto questo cosa ha a che fare con noi umani? 
«Il cervello umano è molto complesso, quello degli insetti risulta molto più semplice. Ma i neuroni che li compongono sono gli stessi, anche se in quantità molto diverse: gli insetti ne hanno un numero infinitamente minore, tra i 105 e i 106. Eppure quei pochi neuroni sono sofisticati, al punto che gli insetti dimostrano una certa intelligenza e adattabilità all’ambiente. Per esempio le api si riconoscono dal muso; i grilli sanno distinguere gli avversari, altri insetti hanno mostrato performance eccellenti nel memorizzare e nell’imparare».
E le falene?
«Ottimi soggetti. Il loro cervello è bellissimo. I maschi sviluppano comportamenti orientati al riconoscimento e al movimento verso determinati odori». 
Perché le ha studiate?
«Per capire le funzioni del cervello. Partendo ovviamente da quello degli insetti e facendone un modello. Analizzare il cervello della falena comporta diversi vantaggi. Possiamo individuare gli impulsi motori che il sistema nervoso invia». 
E arriviamo al robot-falena. 
«È un sistema sperimentale che consiste in un robot mobile a due ruote controllato dal comportamento dell’insetto. È lui a indicare la strada al robot. È lui che “guida”». 
Attraverso le zampe?
«Funziona così: la falena maschio è unita al robot e “cammina” su una sfera. La rotazione della sfera, che corrisponde al movimento dell’insetto, si misura grazie a un sensore ottico che manda un impulso a due motori i quali a loro volta muovono il robot. I due ventilatori davanti al robot, invece, servono per raccogliere il feromone rilasciato dalla falena femmina che è la sostanza biochimica che la falena riconosce e che la spinge al movimento. Risultato: potendo configurare, per ragioni sperimentali, l’azionamento delle varie componenti del robot, possiamo modificare la relazione tra l’insetto e il suo comportamento al variare delle condizioni ambientali».
Come si arriva al cyborg-insetto?
«Combinando i neuroni del cervello di una falena – anche transgenica – con una grande quantità di dati neurali, siamo a riusciti a ricostruire circuiti comportamentali rilevanti del cervello della falena mediante simulazioni biofisiche realistiche. Finora abbiamo raccolto circa 1.600 campagne-dati di neuroni cerebrali con morfologie 3D e risposte fisiologiche usando l’elettrofisiologia e le tecniche di ingegneria genetica. A quel punto nel robot non c’è più la falena, o quantomeno il corpo, ma il suo cervello sintetizzato. Riassumendo: il robot-insetto è il robot controllato dal comportamento dell’insetto, mentre il cyborg-insetto è un robot controllato dall’attività neurale registrata dal suo cervello (cioè, un robot controllato da un cyborg-insetto)».
Alla luce di queste scoperte su cosa si concentra la sua prossima ricerca? 
«Andiamo avanti costruendo un modello di rete neurale su larga scala mediante il supercomputer K. L’idea è di riconfigurare il cervello dell’insetto partendo da un singolo neurone. E controllare i robot usando l’intelligenza biologica reale, quella che si è evoluta e raffinata nel tempo. Grazie al supercomputer potremo controllare un robot con un cervello artificiale ma realistico». 
Utilità pratica di tutto questo lavoro?
«Il ventaglio di possibilità è molto ampio. Con il cervello della falena, ma anche con le sue antenne, si può costruire un robot mobile per cercare le sorgenti di un odore, cosa per gli umani molto difficile (al contrario gli insetti riescono a capire da dove viene un odore anche a due chilometri di distanza). Contiamo inoltre di aprire nuove strade per le applicazioni che riguardano la sicurezza (riconoscimento di fonti di sostanze tossiche o pericolose) e la vita di tutti i giorni».
Tipo?
«Potremmo sviluppare nuove generazioni di sensori per i futuri veicoli e velivoli a guida autonoma».
L’insetto vede l’ostacolo prima dell’uomo? 
«Reagisce più velocemente. Il suo cervello è più reattivo in questo senso. L’intelligenza biologica ha questo vantaggio». 
Il supercomputer, la falena transgenica, la macchina che si guida da sola: sembra fantascienza... Quando ha cominciato a occuparsi di questi temi?
«Quando ero uno studente universitario. E faccio ricerca su questi temi da oltre trent’anni. Nonostante la fatica, non ho mai mollato».
Nella laudatio alla Bicocca, la professoressa Stefania Bandini ha insistito sulla forza del suo approccio multidisciplinare.
«Oltre a essere di interesse biologico, i miei studi coinvolgono l’ingegneria, la robotica e l’intelligenza artificiale, dato che proprio queste discipline affrontano alla base problemi di presa di decisione ed esecuzione di compiti al variare di innumerevoli condizioni ambientali. L’interdisciplinarità sarà la chiave della ricerca del futuro: scienza, neuroscienza, ma anche arte e design. Come il vostro Leonardo!».
L’etica? 
«Assolutamente. Anche per questo ho sempre usato gli insetti nelle mie ricerche».