Corriere della Sera, 17 febbraio 2019
Intervista a Loredana Berté
Loredana Bertè, lei non ha ancora detto una parola dalla notte di Sanremo...
«Non ho molta voglia di parlare».
Ma l’Ariston si è alzato in piedi per lei. Sia il duetto con Irene Grandi, sia l’esibizione finale hanno mandato in visibilio il pubblico...
«Credo che vedere il pubblico dell’Ariston in piedi sia il sogno di qualsiasi artista; e per me si sono alzati tre volte. È stata un’esperienza nuova per me. Molto emozionante, davvero».
Il pubblico ha fischiato la sua esclusione dal terzetto di finalisti. Lei si è sentita vittima di un’ingiustizia?
«Mi hanno regalato anche dei veri cori da stadio! Sinceramente non mi aspettavo che non mi facessero salire sul podio. E, sì, speravo di vincere anche per riscattare mia sorella Mimì».
Che cosa pensa non abbia convinto fino in fondo della sua canzone? Qualche critico ha trovato un’eco di Vasco Rossi, è possibile?
«Io sono sempre molto autocritica, ma questa volta so di avere dato il massimo; e il pezzo di Curreri è bellissimo. Posso autocitarmi? “C’è qualcosa che non va”».
In ogni caso per lei è stato un trionfo. Il culmine di una carriera pazzesca.
«Sono venuta a Sanremo per chiudere un cerchio, e credo di aver ottenuto più di quanto qualsiasi artista potrebbe chiedere...».
Anche Ultimo ci è rimasto male. Meritava di più? Fa bene a recriminare?
«La questione del televoto e delle giurie è molto spigolosa. Credo che nel suo caso, come nel mio, la delusione arrivi dalla forte discrepanza fra il plauso del pubblico e il mancato risultato finale. A me però sul podio manco mi ci hanno fatto arrivare…».
Secondo lei andrebbe abolita la giuria «d’onore» per dare più spazio al televoto? È davvero «popolo contro élite»?
«Io credo che sarebbe fondamentale che la giuria d’onore fosse composta da addetti ai lavori: musicisti, manager, produttori, dj. E sarebbe bello che i voti fossero palesi».
I più sensibili tra i giornalisti hanno chiesto scusa al Volo per l’esultanza — e qualche insulto — all’annuncio del loro terzo posto. A lei il trio che effetto fa?
«Li conosco da quando sono bambini, ci siamo incontrati a “Ti lascio una canzone” molti anni fa. Sono bravi ragazzi e proprio non si meritano un simile trattamento».
Le è piaciuta la canzone di Mahmood? È giusto che abbia vinto?
«Mahmood ha una voce molto particolare, il suo pezzo mi è piaciuto subito. Tiferò per lui all’Eurovision».
Con Baglioni vi siete scambiati un bacio a fior di labbra. Siete amici? Come si è trovata nel suo Sanremo?
«Anche con lui ci conosciamo da quando eravamo davvero molto giovani. Nel suo Sanremo mi sono trovata bene. Però ne sono uscita con le ossa rotte. E con un innegabile senso di ingiustizia».
Tornerà al Festival, stavolta per vincere?
«Come concorrente, no. Forse come super ospite, non so».
Con Virginia Raffaele come si è trovata?
«È una grande professionista. Ci siamo intraviste dietro le quinte e mi ha fatto capire che faceva il tifo per me».
Sul Festival aleggiava la questione dei migranti. Il governo ha dato una stretta. Le vite umane vanno salvate sempre, ricorda Baglioni. La Bertè cosa ne pensa?
«Lei lo sa che sono stata una manifestina militante per anni? Io non sopporto nessuna forma di razzismo, e le vite umane oltre a essere sacre sono una ricchezza. Pensi a tutti gli italiani emigrati in America in cerca di fortuna dopo la guerra...».
Questo governo la convince?
«Nessun politico ormai mi convince. La politica non è più una cosa seria».
Lei dice che voleva vincere anche per riscattare Mimì, Mia Martini, anche se nessuno potrà risarcirla del male che le hanno fatto. Quando la pensa, come la ricorda?
«La ricordo nei nostri viaggi in autostop, nei tantissimi concerti che abbiamo visto insieme, nelle scorribande notturne in cerca di gloria. Mimì era una donna molto intelligente e sensibile. Era lei la vera “pazza” tra di noi. Mi manca disperatamente, tutti i giorni della mia vita».
Riuscirà mai a perdonare suo padre?
«No. Io non perdono; cancello. Non ho nulla a che spartire nemmeno con le altre sorelle da quasi cinquant’anni. È un tacito accordo. La mia famiglia era Mimì».
Come ha trovato la fiction su di lei, «Io sono Mia»?
«Il risultato è stato ottimo, anche grazie a Serena Rossi che la interpreta in modo magistrale: racconta perfettamente mia sorella nei gesti, nelle piccole cose. Io ho voluto partecipare alla sceneggiatura perché potesse uscire la vera Mimì, la sua essenza. Ho insistito moltissimo perché fosse presente Movie, la sua cagnolina. Mimì e Movie erano inseparabili».
Lei ha avuto alcuni tra gli uomini più affascinanti della sua generazione. Che cosa le hanno lasciato?
«Niente».
Come niente? Neanche Borg?
«Borg mi ha lasciato una crema idratante per il viso, invece di fare il suo dovere e farmi fare dei figli. Credo di aver capito troppo tardi di non averlo mai veramente amato».
Nella sua bellissima autobiografia «Traslocando», scritta con Malcom Pagani, lei racconta che Borg non sopportava di seguirla in tournée, che ovunque volevano dargli le chiavi della città di cui non sapeva che farsene, e un giorno la fece salire sull’aereo e la portò in Svezia...
«Mi faceva vivere da reclusa, era di una gelosia inaudita. Era geloso persino della mia estetista. Mi ha conquistata perché mi teneva testa; ma alla fine ho capito che la mia libertà era sacra. E sono scappata».
Panatta era più divertente?
«Be’, sì, Panatta se non altro ti faceva divertire...».
È vero che una volta Adriano non voleva caricare in piazza Venezia un matto «vestito da marziano», che era poi il giovane Renato Zero?
«Vero. Gli risposi che se non saliva Renato sarei scesa pure io. Salì».
Chi ricorda in particolare tra i «ragazzi del Piper»? Patty Pravo?
«Nicoletta era divina... un mito. L’ho sempre adorata. Con noi bazzicavano il Piper Roberto D’Agostino e Romina Power: altro mito. Arrivava con i suoi bellissimi capelli sotto il sedere al vento e la sua vespa 50... solo Romina poteva permettersela».
È vero che durante una cena a Manhattan lei litigò con i genitori del suo fidanzato miliardario proprio per difendere Renato Zero?
«Sì. Era un ristorante molto esclusivo di New York: cinque tavoli in tutto, si mangiavano solo aragoste. Entrammo e sembrò che io e Renato fossimo da soli. Lui già vestito da Studio 54 con le piume in testa, io con una super minigonna e pronta per la discoteca. La sorella di Roberto, il mio fidanzato, fa: “Guarda chi sta entrando, Loredana Bertè e Renato Zero, speriamo che non si siedano vicino a noi...”. A quel punto Roberto ci presenta, e io: “Mi dispiace per voi ma siamo proprio a questo tavolo”. Non le dico la faccia del padre e degli altri commensali... Non era una storia che poteva durare».
Lei ha avuto anche grandi amicizie femminili, ad esempio con Fiorella Mannoia. È possibile quindi la solidarietà tra donne?
«Fiorella è una persona squisita. Ci siamo conosciute moltissimi anni fa, quando incidemmo con Mario Lavezzi “Se rinasco”. Poi ci eravamo un po’ perse. È stato un piacere ritrovarla e lavorare con lei un paio di anni fa. Certo che esiste la solidarietà femminile. Solo tra donne intelligenti, però».
Le manca un figlio? O è stato giusto così?
«Certo che mi manca. Avrei voluto lasciare una traccia del mio passaggio in questa vita un po’ più concreta dei dischi. Ma con un marito come Borg non è stato possibile».
Lei si sente una donna del Sud? Vede segni di riscatto nella sua terra?
«I mei genitori erano calabresi, ma io sono cresciuta tra Porto Recanati, Ancona, Roma. Poi ho vissuto quasi tutta la vita a Milano e ho viaggiato moltissimo, ho visto quasi tutto il mondo... mi sento cittadina del mondo».
In Traslocando si racconta pure che sua madre, cui lei e Mimì avevate intestato una villa, la vendette senza dirvelo...
«Sì. Andai in quella che pensavo fosse ancora casa mia, e trovai un maggiordomo che mi informò: “È la terza sorella che viene, lo volete capire o no che questa adesso è l’ambasciata del Venezuela?”. È difficile fidarsi delle persone quando la tua stessa mamma ti ha tradita».
La Bertè però è indistruttibile.
«In realtà ho un cuore di pietra e un’anima di seta. O di neve».
Secondo lei chi dovrebbe fare Sanremo nel 2020?
«Mah, non saprei. Facessero loro. Per me ormai lo potrebbe presentare pure Topolino con la Banda Bassotti».