Corriere della Sera, 17 febbraio 2019
I destini incrociati delle donne del Chapo
WASHINGTON Una, Lucero Guadalupe Sánchez, è dentro: rischia di essere condannata all’ergastolo. L’altra, Emma Coronel Aispuro, è fuori: tornerà in una super villa in Messico. Lucero è l’ultima amante e Emma la terza moglie di «El Chapo», 61 anni, ormai ex capo del cartello di Sinaloa, riconosciuto colpevole per dieci capi di imputazione dal tribunale di Brooklyn il 12 febbraio scorso.
Le avvocate di Sánchez, Carmen Hernandez e Heather Shaner, hanno rilasciato una dichiarazione in vista dell’udienza fissata per luglio, quando il giudice dovrà comminare le pene a Joaquín Archivaldo Guzmán Loera, il vero nome del boss dei narcos, e ai suoi complici: «Speriamo che la nostra cliente venga rilasciata, dopo aver constatato come è stata trattata in confronto alla moglie di Guzmán, Emma Coronel Aispuro».
Lucero e Emma, 29 anni tutte e due, sono state tra le protagoniste del processo durato tre mesi. L’amante è stata una dei testimoni chiave. La sua confessione ha contribuito non solo a incastrare «El Chapo», ma anche a metterne in luce gli aspetti più sinistri, più selvaggi. Dice ancora Shaner, nominata come difensore d’ufficio: «Guzmán guardava spesso le fotografie delle reginette di bellezza sulle riviste, poi mandava i suoi uomini a rapirle. Le sequestrava fino a che non cedevano alle sue avances». Vero. Ma non risulta che Lucero sia stata una vittima di queste spedizioni. I suoi legali, scrive The Times di Londra, la presentano ora come una figura completamente soggiogata dalla volontà del «re di Sinaloa»: «È cresciuta nella povertà, in un villaggio di montagna nel nordovest del Messico e ha conosciuto Guzmán appena ventenne». Lucero fu inviata da «El Chapo» a comprare cannabis nelle campagne: lo faceva un po’ per amore, un po’ per paura e non fu mai pagata. «Emma, invece – continua Shaner – è cresciuta nella ricchezza di una famiglia di trafficanti di droga». La signora Coronel è la nipote di Ignacio «Nacho» Coronel, un leader dei cartelli assassinato nel 2010. Il suo matrimonio con Guzmán ha sancito l’alleanza tra cosche rivali, «come accadeva nel Medioevo tra le dinastie reali».
In realtà questa versione omette una serie di fatti presentati dai pubblici ministeri e convalidati come prove dal tribunale di Brooklyn. Certo, Lucero Guadalupe Sánchez conobbe «El Chapo» giovanissima, nel 2011: aveva 21 anni. Ma già nel 2013 faceva parte dell’organizzazione, acquistando marijuana dai produttori e provvedendo al riciclaggio dei ricavi illegali. Nel 2014 fu eletta nel parlamento dello Stato di Sinaloa, senza aver mai fatto attività politica. Chi l’appoggiò? Chi procurò i voti? È probabile che fu un’operazione laterale del «cartello», impegnato a infiltrare le istituzioni a tutti i livelli oltre a foraggiare politici, militari e alti gradi della polizia. Compreso l’ex presidente del Messico Enrique Peña Nieto, che avrebbe ricevuto 100 milioni di dollari nel corso della campagna elettorale del 2012.
A 24 anni Lucero Sánchez era soprannominata la «deputata del Chapo». Ai magistrati di Brooklyn la giovane ha raccontato che nel 2013 l’organizzazione era divisa in tre «mandamenti»: Città del Messico, California, Ecuador. Ha ammesso di aver gestito quello della capitale messicana solo per un anno. Poi ha lasciato per dedicarsi alla politica. I pubblici ministeri, però, hanno smontato questa versione, mostrando i messaggi scambiati tra Lucero e «El Chapo»: un misto di saluti affettuosi, «meo amor», e indicazioni su come confezionare pacchetti di marijuana per gli aerei cargo. Infine, nel 2015, la deputata andò a trovare il boss detenuto nel carcere di massima sicurezza di Altiplano. Si è poi scoperto che si era presentata con una falsa identità. Gli investigatori sospettano che abbia avuto un ruolo nell’evasione più spettacolare di «El Chapo»: via dalla cella attraverso un tunnel di un chilometro e mezzo scavato dai complici, con una moto agganciata a una rotaia.
Forse tutto ciò spiega perché Emma Coronel Aispuro ridesse, mentre Lucero, tra lacrime ed esitazioni, sedeva sul banco dei testimoni. Certo va messo in conto il risentimento: Emma era incinta, quando «El Chapo» rivolse le sue attenzioni «anche» alla deputata. Ma, evidentemente, la moglie del boss sapeva come funzionavano le cose. Ed è proprio questo, se mai, l’esito più debole del processo. L’accusa ha prodotto altri messaggi per dimostrare come la signora Aispuro, per esempio, avesse aiutato il marito a nascondere armi. Prove non giudicate sufficienti. Emma ha lasciato il tribunale circondata dalle guardie del corpo e prima di lasciare gli Stati Uniti ha postato questa massima su Instagram: «Amare senza confini, credere senza limiti e vivere oltre il tempo».