Corriere della Sera, 17 febbraio 2019
Perché il Venezuela di Maduro ha tanti amici
Confesso di avere scoperto soltanto durante la crisi venezuelana delle ultime settimane che gli amici del Paese di Chávez e Maduro sono più numerosi di quanto pensassi. Alcune amicizie – Bolivia, Cuba e Nicaragua – sono tradizionali e scontate. Meno scontate invece, anche se più sfumate e prudenti, sono quelle di Paesi lontani: Cina, Iran, Russia, Turchia. Conoscerne le ragioni può essere utile e istruttivo. In primo luogo il Paese ha una enorme ricchezza petrolifera. La sua moneta non ha alcun valore e l’azienda che controlla i pozzi (Petróleos de Venezuela SA) è gestita da qualche anno molto mediocremente. Ma l’oro nero permette a Caracas di conquistare simpatie interessate e di fare scambi utili per la sopravvivenza del Paese. Tutti gli Stati che hanno fatto affari con il Venezuela in questi anni sapevano che il governo di Caracas, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe pagato gli acquisti (fra cui in particolare armi e prodotti alimentari) con il suo petrolio.
In secondo luogo il Venezuela di Nicolás Maduro può contare sul sostegno delle forze armate e continua a vivere del capitale ideologico accumulato da Hugo Chávez durante la sua presidenza (dal 1999 alla morte nel 2013). In quegli anni il caudillo di Caracas è diventato il profeta di un socialismo popolare e generoso. Le sue interminabili prediche domenicali sugli schermi della tv nazionale e l’attenzione ad alcuni problemi sociali (la sanità, l’occupazione, la casa) hanno conquistato le masse venezuelane e creato un consenso di cui i suoi successori continuano a godere. Nella società internazionale, mentre il comunismo agonizzava e la socialdemocrazia perdeva una buona parte del suo tradizionale elettorato, Chávez diventava il modello di un nuovo socialismo, nemico del grande capitale, della finanza internazionale, della globalizzazione e di tutti coloro che ne traggono vantaggio. Questo Paese «anti sistema» ha finito per attrarre anche quei partiti anti sistema che cominciavano a fare la loro apparizione e andavano a caccia di patroni (fra cui i seguaci di Beppe Grillo). In terzo luogo, infine, il Venezuela è stato sin dall’inizio del regime di Chávez il principale avversario latino-americano degli Stati Uniti e quindi l’indispensabile amico di tutti Paesi che hanno qualche motivo per opporsi alla leadership americana. Cina, Iran, Russia e oggi persino la Turchia, sanno che un nuovo Venezuela, quando Maduro uscirà di scena, avrà con Washington migliori rapporti e potrebbe addirittura tornare nella zona d’influenza del grande vicino settentrionale. Quando ha annunciato al mondo che il suo Paese, per eliminare Maduro, potrebbe addirittura ricorrere alla forza, il presidente Trump ha giustificato queste preoccupazioni e creato grande imbarazzo per quei Paesi del continente che non vogliono un Venezuela «chavista», ma neppure vogliono regalarlo alla Casa Bianca.