Corriere della Sera, 17 febbraio 2019
Lettera dell’Inps al ministero: Boeri scaduto, chi comanda ora?
Se nulla di nuovo dovesse accadere, la settimana entrante inizierà in maniera inusuale per quell’organismo il cui nome esatto è «Segreteria unica tecnico-normativa» dell’Inps. Non solo perché l’Istituto nazionale di previdenza sociale, che gestisce le pensioni degli italiani per centinaia di miliardi all’anno e altre aree vitali dell’assistenza, potrebbe ritrovarsi senza guida: ieri è scaduto il mandato del presidente uscente, Tito Boeri, ma fra le forze della maggioranza non sembra esserci accordo sul sostituto. Da domani mattina, non si sa chi abbia la responsabilità legale e i poteri di firma sulle decisioni che l’Inps deve prendere in questa transizione verso il nuovo sistema di welfare disegnato dal governo.
Per questo la «Segreteria unica» scriverà al suo regolatore, il ministero del Lavoro, ponendo un quesito formale: finché non viene nominato un successore, il presidente uscente Boeri deve andare avanti in proroga? Non è chiaro cosa potrebbe rispondere il dicastero guidato dal capo politico di M5S Luigi Di Maio. Il decreto-legge 4 del 2019 (quello su reddito di cittadinanza e pensioni a quota 100) prevede che alla scadenza del presidente uscente, il nuovo designato entri in carica anche se la procedura di nomina non è completa. Questo meccanismo, nei fatti, riduceva le probabilità che Boeri proseguisse in proroga e si presentasse in Parlamento per audizioni sul decreto stesso (anche se l’economista bocconiano si è poi pronunciato in Senato di recente).
Per ora però non c’è neanche un presidente designato. Né è chiaro come e quando si arriverà all’uscita dall’attuale stallo fra il candidato al vertice proposto dalla Lega, Mauro Nori, e quello del Movimento 5 Stelle Pasquale Tridico. Quest’ultimo, 43 anni, ha un buon curriculum di economista accademico, con ripetute esperienze in altri Paesi europei, ma nell’Inps da alcuni viene considerato sprovvisto di un’esperienza di gestione sufficiente a prendere il controllo di una macchina sempre più complessa.
Ancora maggiori interrogativi solleva però nell’istituto la candidatura di Nori, un funzionario di 57 anni che oggi è consigliere del ministro dell’Economia Giovanni Tria in distacco dalla Corte dei conti.
I dubbi
Nell’Inps le perplessità sui nomi dei candidati alla successione di Boeri, Nori e Tridico
Nori, un ex giocatore di rugby più volte convocato nelle nazionali giovanili, conosce molto bene l’Inps per esserne stato direttore delle Risorse umane (2008-2009) e direttore generale (2010-2015). Sulla carta questo resta un punto a suo favore. Allo stesso tempo gli anni della sua gestione sono coincisi con un accumularsi di problemi, le cui conseguenze non sono ancora risolte. Soprattutto, le fasi in cui Nori ha gestito la struttura hanno visto decisioni controverse nell’affidamento dei contratti dell’istituto e nelle liquidazioni versate ad alcuni dei dipendenti in uscita.
Il 18 luglio scorso l’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, ha mandato all’Inps una delibera con una serie di contestazioni dopo «accertamenti ispettivi presso la sede dell’ente» su alcuni contratti fra il 2012 e il 2014. Per la verità la richiesta di compiere verifiche era venuta dallo stesso Nori. Ciò che emerge però non sembra un caso di buona gestione. L’Anac parla di «frazionamenti ingiustificati» dei contratti, che permettono di restare sotto le soglie e consentono di affidare lavori senza appalti. Scrive che «le carenze riscontrate nelle attività di programmazione e di controllo potrebbero aver agevolato fenomeni corruttivi». Lamenta «documentazioni incomplete» e, in alcuni casi, «determinazione di autorizzazioni di spesa assunta ex post, nei casi più gravi in assenza di verifica della copertura finanziaria». L’Anticorruzione nota poi «determinazioni (di contratti, ndr) mancanti della motivazione, o questa viene apoditticamente riferita a indimostrate ragioni d’urgenza».
Gli anni di Nori al vertice dell’Inps coincidono poi almeno in parte con altre decisioni contro le quali si è pronunciata la Corte di cassazione. In particolare, il vertice operativo dell’ente aveva deciso di aumentare il Trattamento di fine servizio a una serie di professionisti interni (soprattutto avvocati) aggiungendo al calcolo, oltre agli stipendi, gli onorari per le cause vinte o patteggiate dall’Inps.
Ora l’Istituto sta cercando di recuperare quasi 23 milioni di euro in liquidazioni indebitamente versate dal 2008. Alcune di esse, autorizzate da Nori.