la Repubblica, 16 febbraio 2019
Quando il papà mi affidò McEnroe
Ieri mattina ero ospite di una terza elementare, della quale fa parte la mia nipotina Anita, allieva al Collegio Gallio di Como, e tennista. Del Collegio ha fatto parte, da insegnante, un grandissimo latinista, Padre Pigato, che mi ha tradotto i maggiori passi del Trattato del Giuoco della Palla, del mio antenato elettivo Antonio Scaino da Salò, avversario al tennis di Federico II, duca di Ferrara. Quando uno dei bambini ha alzato la mano, per rivolgermi una domanda, mi sono chiesto se volesse interrogarmi sul latinista. Invece no. «Lei ha conosciuto McEnroe?» mi ha chiesto. «Sì, perché?», ho risposto sorpresissimo. «Perché domani compie 60 anni».
Strabiliato mi sono ricordato la volta che, al Torneo di Dallas stavamo giocando, insieme al mio partner Tommasi, un doppio del torneo semi-veterani, e avevamo appena battuto due avvocati americani, quando uno di loro ci si rivolse, per dire: «Avete mai visto mio figlio in campo?». Mi scusai, domandai come si chiamasse il ragazzo. «John McEnroe» rispose il papà, Avvocato John. «Verremo certo» rispose il mio partner Tommasi, e l’Avvocato: «Andrà anche al Roland Garros, e a Wimbledon. Keep an eye on my boy, please».
Tenetelo d’occhio, per favore. Il pomeriggio presenziammo la finale jr, nella quale vedemmo per la prima volta John, che ci impressionò. Perse dall’ecuadoriano Icaza perché i suoi vincenti uscivano tutti di una spanna. Telefonai all’amico e magliaro Sergio Tacchini, mi disse che questo jr gli era stato segnalato anche dal suo agente, Sergio Palmieri, ora direttore del Foro Italico. «Se non lo rivesti tu, ci penso io» gli risposi, ma Tacchini si affrettò a rivolgersi all’Avvocato che firmò per il figlio minorenne.
Fedeli al compito suggeritoci da suo Papà, rividi McEnroe nel ’77 a Parigi, dove insieme a una partner chiamata Mary Carillo, cresciuta a Milano, vinse il doppio misto. Ma fu a Wimbledon che ci lasciò più che stupiti. Non aveva nessuna classifica, e fu costretto alle qualificazioni. Le vinse. Si affacciò al torneo, prese a battere bravi tennisti quali l’egiziano El Shafei, il rodesiano Dowdeswell, e il tedesco Meyer.
Ed eccolo, contro le previsioni dei bookmakers, in semifinale insieme a un tale Borg, Gerulaitis e Connors. Era troppo. Mai uno uscito dalla qualificazioni ci era riuscito. Il piccolo Mac fu battuto da Connors in quattro set molto combattuti. Da lì cominciò l’ascesa che lo avrebbe portato a vincere tre volte Wimbledon, quattro gli Us Open, una Parigi e una in Australia. Non si può infine dimenticare il film sul famosissimo tie-break dell’80 (Borg McEnroe), né la recente autobiografia John McEnroe 100%. Oggi le telecronache di John rendono più interessanti anche le partite più banali.