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 2019  febbraio 16 Sabato calendario

Intervista a Mattia Binotto, nuovo team principal Ferrari

FIORANO MODENESE Non c’era solo Leclerc al debutto. A Fiorano ieri c’era un altro esordiente, nonostante i suoi 24 anni in azienda: Mattia Binotto. Non più solo direttore tecnico, ma anche team principal. E se l’è cavata bene, dispensando anche spicchi di humour oltre alle briciole tecniche che tutti bramavano. Non ha battuto ciglio a nessuna domanda, s’è adattato al clima di pace (in attesa del responso della pista) ed è rimasto indifferente anche alle battute sul look che, gli piaccia o no, fa tanto Harry Potter.
Iniziamo dal colore della SF90.
«Il colore? Vedrete che con il sole non noterete differenze. E, ad ogni modo, è semplicemente meno luccicante per un motivo tecnico: meno vernice, macchina più leggera. Voi direte: pochi grammi. Ma in F1, quando si spinge, anche questi dettagli fanno la differenza».
Che ne pensa della vettura?
John Elkann l’ha accarezzata, lei ha avuto un gesto affettuoso. Scaramanzia?
«Ma no, solo un pensiero a tutto il processo che ci ha portato fino a oggi».
E ne è soddisfatto?
«Non c’è un elemento critico. Siamo tutti convinti di quel che abbiamo fatto. Se sarà stato sufficiente lo dirà il cronometro. Tutto il packaging è sotto il cofano, non si vede. Ma l’avrete notato il cofano abbassato, l’abitacolo strettissimo».
Avrete fatto delle simulazioni.
«Secondo i nostri calcoli abbiamo guadagnato un secondo e mezzo al giro. Questo ha detto la galleria del vento, e l’aspettativa era quella. Ora vedremo quanto hanno recuperato gli altri. Perché ci sono anche loro».
E avevano già mostrato la loro mercanzia. Lei ha dato un’occhiata?
«È l’esercizio primo di ogni tecnico osservare gli altri. Penso che siano macchine belle, che abbiamo fatto un gran lavoro e il loro impegno non è mancato. Ma nemmeno il nostro, e dunque andiamo a vedere le carte».
Comunque lei, a casa sua, ha fatto una bella rivoluzione.
«No. In fondo è la stessa squadra. Io penso abbia fatto parte di un processo di apprendimento, di una conoscenza tecnica del prodotto.
Analizzare, e trovare soluzioni».
E pensa di aver completato il puzzle.
«Ovviamente ho conservato la continuità, i principi base sono rimasti invariati, ma non c’è un pezzo uguale all’anno scorso. Ci siamo spinti fino al limite seguendo le nuove regole. Questa nuova aerodinamica sarà difficile da gestire perché le vetture saranno più dure da guidare, più sensibili agli spostamenti, e mi riferisco alle curve. Per cui chi ha reso le macchine più consistenti vincerà. Ma forse saranno anche più prevedibili».
Poi c’è la gestione dei piloti.
«Ma io sognavo una coppia così. Non è un problema ma un’opportunità. Vettel rimane la nostra guida. Charles ha da imparare. Quindi all’inizio le preferenze saranno su Sebastian. Ma la mia priorità assoluta è far vincere la Ferrari, avere rosse davanti che si battano all’ultima curva per la vittoria. Ecco, questo è quello che desidero perché io non scendo in campo, ma devo prepararli al meglio».
Questo è quello che ha detto alla squadra?
«Sì, ricordando che dobbiamo divertirci ed essere uniti. È solo aiutandosi l’un altro che si fanno progressi. L’hashtag # essereFerrari non è un mero slogan pubblicitario, ma quello che realmente ‘sente’ la Ferrari e vuole trasmettere all’esterno: e cioè che persone che si conoscono da tanto tempo lavorano in totale serenità. Che abbiamo un’organizzazione flessibile e piatta. Dove tutti contribuiscono alla realizzazione del progetto. E se riusciamo a rispettare tutto questo, sono certo che ci divertiremo. Perché la squadra è cresciuta e siamo più forti. E quando c’è il buonumore arrivano le cose belle. Non lo dico io, lo dice la vita».