Corriere della Sera, 16 febbraio 2019
Lino Banfi dimenticato dopo la nomina all’Unesco. Intervista
Tre settimane fa la nomina all’Unesco. Lino Banfi ha iniziato a lavorare alla tutela del patrimonio dell’Umanità?
«Noo». (Ride)
Come no? Nemmeno una riunione?
«Ancora niente».
Ma qualcuno dall’Unesco l’ha chiamata?
«Nessuno. Ma sono andato io».
E cosa le hanno detto?
«Mi sono presentato al presidente della commissione Franco Bernabè. Ho detto: che vogliamo fare?».
E lui?
«Mi ha spiegato: “Fino a ora abbiamo fatto una riunione con tutti i membri nel 2017, una nel 2018. Ce ne sarà un’altra nel 2019”. Porca puttena, ho pensato, si lavora tanto».
Glielo ha detto?
«No, ma siccome per l’Unicef ho fatto campagne di raccolta fondi. Ho chiesto: non devo fare nemmeno uno spot?».
Lo deve fare?
«No. Nemmeno gli incontri nelle scuole con i ragazzi che mi amano e si scambiano le mie battute con i telefonini. Mi ha detto solo: “Abbiamo grandi obiettivi per l’Agenda 2030”».
E lei?
«Mi dovete dire già da ora se vi servo di mattina o di pomeriggio. E che chevolo! Ho solo 82 anni, avrò un sacco di impegni».
Come è finita?
«Devono decidere se sono un “membro”, ma non mi piace per niente questo titolo imbarazzente».
Ambasciatore?
«Sì, ma sono già ambasciatore Unicef».
Allora commissario.
«Però sono già stato, in tv, il commissario Zagaria, il commissario Lo Gatto...».
Ho ricevuto già richieste di tutela, per il radicchio dell’Alto Trevigiano e per il prosecco Mi associano a cose mangerecce Non so perché, vista la silhouette E ripeto: non prendo un centesimo
Avrà un ufficio?
«No. C’è un ufficio, ma è della struttura: 4 dipendenti, più dg e presidente. E voglio dire alla mia vicina che me lo chiede: non becco un centesimo. Queste sono cose che si fanno con il cuore».
Ha cominciato almeno a prepararsi?
«Scherziamo? Una full immersion. E ho ricevuto già alcune richieste di tutela».
Per quali beni artistici?
«Per ora mi associano a cose mangerecce. Non so perché vista la mia silhouette di ballerina. Mi hanno chiesto di tutelare il radicchio dell’Alto Trevigiano e il Prosecco».
Le orecchiette no?
«Ehhh! Ma adesso io sono in prima linea per Canosa di Puglia i suoi ipogei di migliaia di anni fa: grotte greche, etrusche. Bellissime Però raghezzi mo’ vi dovete sbrigare a fare hotel, ristoranti. Sennò come faccio a essere lì all’inaugurazione?».
Non è in un’orecchietteria che ha conosciuto Di Maio?
«Sì, quella dei miei figli. Mi venne a fare gli auguri».
L’ha più sentito?
«No. Forse incontrerò il ministro Bonisoli».
Riceve ancora critiche per la nomina?
«Ci vorrebbero 23-24 autori per scrivere il putiferio che si è scatenato sulla mia ignorenza. Che poi io ho fatto il seminario fino al quinto ginnasio: studiavo latino, greco, filosofia...».
E poi?
«Poi una ballerina dell’avanspettacolo, bòna, mi fece l’occhietto. La sera stessa seguii la compagnia. E poi per Totò, vero patrimonio dell’umanità, cambiai nome».
E perché?
«Mi chiamo Pasqualino Zagaria, in arte ero Lino Zagà. Lui disse il diminutivo del nome porta bene, del cognome no. Il capocomico era maestro. Presi il cognome del primo alunno in registro Aurelio Banfi, Madonna dell’Incoroneta come lo vorrei conoscere».
Cosa l’ha più sconvolta della nomina?
«L’elogio di mia moglie. Lo sa perché?».
No, perché?
«È la prima volta che succede. Lei è più sordarella di me. Sentiva questa storia del patrimonio dell’umanità, le polemiche. Mi chiedeva. Io rispondevo è complicato. Alla fine ieri mi ha detto: “Invece la nomina è proprio giusta. Bravo”. Io un po’ meravigliato ho chiesto perché. E lei: “Siamo sposati da 56 anni, dopo 10 di fidanzamento. È proprio un Matrimonio dell’umanità”».