Corriere della Sera, 14 febbraio 2019
Per la Cina inizia la fase sobria
Nel 2015, la Cina ha investito all’estero l’equivalente di 205 miliardi di dollari in transazioni in una serie di settori, in particolare dell’energia, dei trasporti, dell’immobiliare. Nel 2016 è arrivata a 271 miliardi. Nel 2017 a 280. Ma l’anno scorso, l’investimento è caduto a 179 miliardi. Il calo è uno dei segni più evidenti delle difficoltà non solo dell’economia cinese ma anche delle battute d’arresto che la spinta espansionista di Pechino sta incontrando nel mondo. Sarà uno dei temi politici ed economici più rilevanti del 2019 e oltre. I dati vengono dal China Global Investment Tracker, un servizio che raccoglie le informazioni sulle attività estere del Paese, pubblicato dall’American Enterprise Institute. Ancora più interessante è notare che la diminuzione è stata particolarmente accelerata prima negli Stati Uniti e poi anche in Europa. Nel 2016, interessi cinesi hanno investito 54 miliardi di dollari negli Usa: poi, probabilmente anche in ragione del conflitto con la Casa Bianca di Donald Trump, la cifra è scesa a 25 miliardi nel 2017 e a 10,6 l’anno scorso. Il picco massimo in Europa, invece, gli investimenti delle entità del Regno di Mezzo lo hanno raggiunto nel 2017, a 104,5 miliardi di dollari: l’anno scorso, nonostante la mancanza di un conflitto come quello con Washington, sono invece arrivate solo a 46,9miliardi. I problemi di Pechino sono di due ordini. L’espansione internazionale attraverso la Belt and Road Initiative – la cosiddetta Nuova Via della Seta che è uno dei maggiori programmi del presidente Xi Jinping – trova opposizioni sempre più solide, dal Pakistan alla Malesia fino alle Maldive, da parte di governi che temono di cadere nella «trappola del debito» se accettano i prestiti che Pechino propone loro per realizzare infrastrutture (costruite poi da aziende cinesi). Il secondo grande problema è il rallentamento dell’economia. Non è solo il fatto che il Pil è cresciuto l’anno scorso del «solo» 6,6%, la percentuale più bassa dal 1990. È che l’indice di fiducia Merics, misurato dal Mercator Institute for China Studies, è sceso sotto quota cento (a 96,77), a indicare che le aspettative di imprese e famiglie volgono al negativo. Le esportazioni sono scese del 4,4% e le importazioni del 7,6%. Anche l’indice dell’occupazione tende al negativo. Non è la fine del fenomeno Cina. Ma è l’inizio di una fase molto più sobria.