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 2019  febbraio 14 Giovedì calendario

Se Rigoletto si rovina a Las Vegas

Per cominciare c’è il balzo dal Palazzo Ducale nella Mantova del XVI secolo a un casinò di Las Vegas, Rat Pack, circa 1960. Questa scelta da sola sarebbe provocatoria abbastanza per la prima del Rigoletto verdiano al Metropolitan Opera l’altra sera a New York. Intendiamoci, allestimento stilisticamente perfetto e senza risparmio: trionfo di luci al neon multicolori, tavoli da roulette o Black Jack, uomini in giacca di lamé verdi e rosse assediati da donne in corpetto. Poi però il regista Michael Meyer va oltre. Aggiunge una striscia di cocaina che il Duca/Vittorio Grigolo tira poco dopo l’aria Questa o Quella; il Conte Monterone è trasformato in uno sceicco arabo (poi ucciso con un colpo di pistola alla nuca); una bella donna nuda danza sul palo nel terzo atto. Infine, il corpo di Gilda (meravigliosa Nadine Sierra!), martoriato dalle coltellate del sicario, viene buttato nel cofano di una Cadillac Coupé, azzurro super-metallizzato invece che sulla riva del fiume. 
È attorno a queste fughe creative che le libertà poetiche di Mayer hanno sollevato perplessità. Non foss’altro perché così facendo cambia l’umore che ci regala Verdi con uno dei suoi grandi capolavori drammatici: a parte un paio di duetti davvero intimi e di grande emozione fra Gilda e Rigoletto/Roberto Frontali (impeccabile!), sulla grande carica emotiva prevale la sorpresa o la trovata spettacolare. Divertente sì, commovente meno. Questo ci riporta al dibattito «critico» del nostro tempo: è giusto «modernizzare» un’opera al punto da stravolgerne il contenuto e persino il libretto? Nella traduzione in inglese di ieri, anche il testo era sostituito da slang dei gangster Anni Sessanta. 
Un trio italiano di grido ha dato comunque alla serata un respiro da grande occasione: Grigolo, perfetto nel suo ruolo del Duca, adorato come sempre dal pubblico del Metropolitan, ha confermato la sua generosità in termini di energia e passione. La sua interpretazione e quella di Frontali sono entrambe magistrali. Chiude il trio italiano la direzione di Nicola Luisotti sempre attento a non prevaricare il canto con la sua orchestra. È proprio Luisotti ad esprimere qualche dubbio su passaggi scenografici così forti rispetto alle regie che rispettano il contesto storico. E Grigolo ricorda che Zeffirelli fece sì degli strappi spettacolari proprio qui al Met, ad esempio con il suo allestimento della Bohème, senza però violare mai lo spirito d’epoca. Qui l’epoca viene trasposta.
L’idea di Meyer, che lanciò per la prima volta questo allestimento del Rigoletto nel 2013, è quella di identificare una costante nella corruzione dell’animo, nei giochi di potere per il controllo che certi uomini cercano di esercitare sulle donne o sugli uomini stessi. Meyer non vede una differenza fra la corruzione delle corti del ’500 rinascimentale mantovano e quella dei gangster a Las Vegas. O del Rat Pack (Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis e Peter Lawford) un gruppo di sciupafemmine con forti collegamenti mafiosi. Peter Gelb, il direttore del Met, a suo tempo ha voluto rischiare, e occorre dargli credito: vedere una volta una rappresentazione di questo genere ne vale la piena. Soprattutto quando il cast riesce a dare il meglio di sé. Ma Gelb ha avuto anche un messaggio dal pubblico: se alla prima in sala c’è stata un’ovazione per i cantanti, c’erano anche molti posti vuoti. Un contraltare che ci ha regalato lo stesso Gelb? 
La nuova produzione dell’opera di Francesco Cilea, Adriana Lecouvrer, un allestimento creativo ma tradizionale, con straordinari innovativi giochi di luce e di scene, diretta da Gianandrea Noseda, ha sempre fatto il pieno. Non perchè gli appassionati d’opera siano conservatori. Ma perché se all’emozione che ci danno i cantanti, i compositori e i direttori d’orchestra si sostituisce il protagonismo creativo del regista, ci sarà sempre il rischio di uno squilibrio sulle aspettative: alla morte di Adriana salgono le lacrime agli occhi; a quella di Gilda prevale la distrazione per la Cadillac azzurro metallizzato.