La Stampa, 14 febbraio 2019
Generazione Z, sorpasso rosa
Non credono che sarà facile trovare lavoro e ritengono assai improbabile di poter svolgere quello sognato. Si sentono destinati a vivere in un mondo più inquinato e a rischio di guerre. Si ritengono però in grado di determinare il proprio destino e di cambiare la società. Meno della metà di loro, però, pensa che il futuro sarà sotto il segno della felicità.
Ecco alcune istantanee di «Teen Voice 4», una sorta di selfie della Generazione Z scattato dall’Università La Sapienza di Roma attraverso una ricerca che ha coinvolto mille studenti tra i 17 e i 22 anni intervistati nelle 13 tappe del Salone dello studente «Campus Orienta».
Meno autorità e più empatia
Abilità personali, visione della realtà, scuola, futuro e conoscenza della contemporaneità: questi i cinque ambiti analizzati con l’obiettivo di tratteggiare la loro percezione del domani. «Negli anni passati abbiamo sondato qual era il livello valoriale di riferimento e quale immagine della società si erano costruiti - spiega Pietro Lucisano, presidente del corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione all’Università Roma I e autore dello studio insieme alla ricercatrice Emiliane Rubat Du Mérac -. Ora abbiamo scelto di raccontare chi sono questi giovani, cosa pensano e cosa conoscono del contesto in cui vivono. I risultati sono favorevolmente sorprendenti, soprattutto per quanto riguarda le differenze di genere».
Sì, perché se non fa notizia che le ragazze siano molto più avvezze con l’empatia e l’impegno, la novità in forte controtendenza con il passato è l’aver superato i maschietti nell’attitudine alla leadership: le ventenni di oggi non nascondono le capacità di comando e non si tirano indietro davanti alle responsabilità. Anche se, rispetto ai coetanei, continuano ad avere una netta minor fiducia in se stesse e poca confidenza con la resilienza, ovvero faticano a superare le delusioni della vita. «Sta cambiando la modalità di esercitare la leadership - spiega Lucisano -. Nel tempo sarà sempre meno autoritaria e prescrittiva e sempre più empatica e comprensiva. Questo avvantaggia le ragazze, che però pagano un deficit culturale e una sedimentazione di luoghi comuni che ancora le porta a non aver piena fiducia nelle competenze e nei talenti. E la scuola può e deve giocare un ruolo fondamentale per superare questi pregiudizi e per alimentare l’autostima».
Ignorati o maltrattati a scuola
E proprio dalla scuola, e in particolare dal rapporto con i docenti, arrivano alcuni dei dati più preoccupanti della ricerca. Sono sempre più numerosi, più del 27%, gli studenti che si sentono presi in giro dai professori e altrettanti quelli che si sentono ignorati se non addirittura maltrattati. «Sono risultati che non devono essere sottovalutati, una scuola in cui gli alunni non si sentono protetti o hanno paura di essere messi alla berlina è preoccupante. A volte i docenti neppure se ne accorgono: magari fanno una battuta per sdrammatizzare e invece l’effetto è contrario e va ad amplificare un disagio nascosto. Succede spesso che gli studenti abbiano piena fiducia nei loro professori, ma non sentono lo stesso nei loro confronti. E la scuola diventa così un ambiente ostile. Riflessione che diventa ancor più significativa se rapportata al campione preso in considerazione, quindi ragazze e ragazzi che stanno concludendo il loro ciclo scolastico e che non appartengono a quel 30% di under 18 che hanno abbandonano gli studi».
Sfogliando la ricerca esce un’immagine sfaccettata di questa generazione, con anche elementi in forte contrasto con il mondo adulto. Come per esempio quello che riguarda la discriminazione per l’orientamento sessuale, il colore della pelle o l’origine sociale: sono bassissime le percentuali di chi ammette di considerare rilevanti queste variabili, rubricando il razzismo come qualcosa che andrà esaurendosi. Così come la ricerca della felicità, che rimane una delle priorità assolute. «Vogliono prendersi io tempo di essere felici - conclude Lucisano -. Conoscono l’importanza del lavoro, ma sono consapevoli che dia il senso della vita».