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 2019  febbraio 14 Giovedì calendario

Un’antologia delle citazioni sul bacio

Potenza simbolica del bacio, sempre al centro dell’attenzione anche della legge attraverso i secoli. I romani ne avevano parecchie, la più famosa lo ius osculi. In pratica, nel caso che morisse uno degli innamorati prima del matrimonio, quello in vita poteva recuperare i doni fatti al defunto, ma solo se i due fossero stati visti baciarsi pubblicamente almeno una volta. Ma come definire quello che, nel più usurato immaginario di massa filtrato dal colabrodo della tanta chiacchiera da talk show, continua a essere il sempre in azione apostrofo rosa tra le parole t’amo? È forse quel «sostituto di una perversione, ma l’unica perversione che accettiamo come normale», così voleva Freud? O è «l’infuocato accompagnamento sulla tastiera dei denti dei dolci ritornelli che amore canta», secondo le parole di Verlaine?
LA DEFINIZIONE
Per Alessandro Barbaglia forse il bacio è simile al tempo che fugge e, come il tempo, direbbe Sant’Agostino, tutti sanno bene che cos’è, ma se qualcuno si chiede di spiegarlo, non sappiamo da che parte cominciare. 
Ma, nonostante questa difficoltà quasi ontologica, Barbaglia ha provato a cimentarsi in questa definizione, allestendo il vivace catalogo di testi e di figure del suo Che cos’è un bacio? I baci più belli nella poesia e nell’arte (Interlinea). Dove, ad esempio il bacio assai dubbioso e interrogativo della Szymboska (oggi che stiamo insieme/ ho rivolto gli occhi altrove) è accanto al romantico slancio delle figure di Hayez; e l’allusività maliziosa di D’Annunzio (Dammelo e pigliatelo / un bacio piccolino come questa boccuccia / che somiglia a una piccola rosa) si specchia nella spolpata drammaticità dell’abbraccio nelle figure di Klimt.
Così Barbaglia allestisce la sua ricca antologia che saltella dal Cantico dei Cantici fino a Bukowski e Saba passando per Shakespeare, Apollinaire, Hikmet, Hesse, Poe approdando anche ai contemporanei che possono chiamarsi Arminio, Scarpa, Cavalli, Mari e (ahinoi!) Guido Catalano con il suo (comico?) Morire di ciliegie. In tutto una sessantina di autori antologizzati e un centinaio a vario titoli citati con una convinzione: farne una selezione è come chiedere a un bimbo di entrare in un gigantesco negozio di giocattoli per sceglierne uno. Quei baci vestiti a festa delle migliori parole dei poeti sono davvero una minima rappresentanza rispetto allo tsunami di baci che squassa e sommerge la poesia amorosa d’ogni tempo. Sia quelli dati sia quelli ricevuti, nei mille modi con cui possono scambiarsi, sia quelli scritti che, per Kafka, «non arrivano a destinazione, ma sono bevuti dai fantasmi lungo il tragitto» e per Einstein significano il ricordo «della tua dolce bocca che vivrà solo per me». Per approdare alla virtualità delle emoticon di oggi che, con la poesia, non c’entrano molto. O forse c’entrano pure, come vedremo.
Pur consapevole della fallibilità e dell’inadeguatezza del proprio scandaglio, Barbaglia lo lancia avventurosamente in avanti a riascoltare Virginia Woof quando confessa di avere, con il bacio, ricevuto «un regalo ben incartato con le raccomandazioni di non aprirlo, di non guardarlo, un diamante, qualcosa di infinitamente prezioso». A ricordare i baci metamorfici delle fiabe, con i ranocchi mutati in principi, belle addormentate risvegliate, bestie salvate dal contatto salvifico con labbra umane: anche se il perfido Ennio Flaiano ribalta la situazione quando annota nel diario che «la ragazza baciò il ranocchio e divenne rana».
A dare voce ai baci dal punto di vista della definizione del loro suono specifico o del loro gusto, prendendo come testo il Neruda innamorato che ascolta «lo sciabordare delle onde contro la ghiaia della riva» tanto simile al morbido schiocco delle amate labbra; o il Calvino deluso quando gli è negato ciò di cui ha ancora sulle labbra il sapore/ricordo. Ed è lo stesso respiro della donna amata che permette al poeta provenzale di «vivere per un’intera settimana». A catalogare baci spirituali, di riconciliazione e pace, di saluto, di cortesia o per scherzo, di rispetto, per occasioni festive, poi quelli d’amore tra persone sposate o che intendono sposarsi, dietro cui si possono nascondere anche gli slanci pulsionali di Enea Piccolomini (futuro papa Pio II) quando confessa: «Nessuno poteva guardarla senza essere immediatamente sentirsi afferrato dal desiderio di baciarla».

SUGLI SCHERMI
Ma dicevamo delle emoticon. Bacio singolo, doppio, a occhio di cuore, con occhi sgranati, cuoricino che esce dalle labbra, smorfia allusiva e occhietto strizzato. Dal 2001, il bacio è diventato interamente virtuale, ha invaso gli schermi di tutti i computer e smartphone. E, poi, con l’applicazione Kissinger, si può imprimere sullo schermo la forma delle proprie labbra, si può baciare la persona amata via computer.
Che accade ai baci e che cosa c’entra con la poesia? Alessandro Barbaglia conclude che c’entra moltissimo: «se il virtuale è una delle possibilità che l’invisibile ha di abitare le nostre vite, sogni e meraviglia sono la possibilità che abbiamo di dare all’invisibile (e magari alla realtà virtuale) la forma dei baci e della poesia». A conferma, ecco le radiose parole di Alda Merini che non ha fatto in tempo a conoscere e usare lo smartphone: «Beati coloro che si baceranno sempre, al di là delle labbra, varcando il confine del piacere, per cibarsi di sogni». Ma sognare le labbra amate ha la stessa potenza immaginifica e sognante delle labbra in azione sul freddo vetrino con cui dialoghiamo?