La Stampa, 13 febbraio 2019
Le piante sentono un’ape e si addolciscono
Parlare alle piante aiuta a diminuire lo stress, ma solo nell’uomo. Il ronzio delle api, invece, può addolcire i fiori e renderli più sexy. Un team dell’Università di Tel Aviv, guidato da Lilach Hadany e Yossi Yovel, ha dimostrato che le piante sentono e riconoscono il battito d’ali dell’impollinatore che si avvicina e, rapidamente, aumentano la concentrazione di zuccheri nel nettare, rendendosi più attraenti.
Fitoacustica è il nome assegnato da Hadany al nuovo campo di studi. Dopo decenni di pessima reputazione e di test pseudoscientifici sull’influenza della musica sulle piante, gli studiosi avevano sviluppato un rigido scetticismo verso l’ipotesi dell’udito vegetale. Anche per questo la ricerca del dipartimento dell’Università di Tel Aviv dedicato alla botanica sotto la direzione di Guido Sessa - è il caso di dirlo - ha fatto rumore. Del resto lo studio dei processi cognitivi delle piante sta emergendo come campo di ricerca. È del 2003 l’analisi del britannico Anthony Trewavas sull’interazione tra le radici e del 2014 il suo libro «Plant Behavior and Intelligence». Nel 2016 Monica Gagliano, italiana che lavora in Australia, ha dimostrato l’apprendimento associativo nelle piante e nel 2018 ha provato che sentono il rumore dell’acqua che scorre e fanno crescere le radici in direzione della fonte. «Solo adesso – aveva commentato Gagliano – iniziamo a capire la complessità delle interazioni delle piante con i suoni e come li utilizzano per prendere decisioni».
Approccio comportamentale
A differenza della neurobiologia vegetale – di cui l’italiano Stefano Mancuso è uno dei maggiori studiosi e che si concentra sulla fisiologia delle piante – la nuova disciplina applica un approccio comportamentale ed ecologico per testare le capacità cognitive delle piante come la percezione, i processi di apprendimento, la memoria e la coscienza. Nell’articolo, in «preprint» su «bioRxiv», Hadany e Yovel descrivono gli esperimenti, sia di laboratorio sia in esterno, che li hanno portati a scoprire che l’enotera – pianta dai grandi fiori, diffusa lungo la costa israeliana – reagisce alla riproduzione sonora del battito d’ali di un’ape, innalzando i livelli di zucchero nel nettare del 20% in appena tre minuti. «In questo lasso di tempo – spiega Yuval Sapir, direttore del Giardino Botanico dell’Università di Tel Aviv, tra i firmatari dello studio – è ragionevole supporre che il fiore possa sentire gli impollinatori avvicinarsi e, mentre le api ronzano, sviluppare la dolcezza che le attrarrà». «Non si tratta – aggiunge – di reazione a vibrazioni. Abbiamo sigillato un fiore in una campana di vetro e riprodotto il segnale acustico: non è successo nulla». Se i fiori sentono, è lecito domandarsi dove abbiano le orecchie. «La corolla sembra un’antenna parabolica. Se viene meno un petalo, la pianta diventa sorda».
Sapir, che studia il polimorfismo dei fiori, ha iniziato la fase di raccolta dei dati per un’altra ricerca. Fino ai primi di marzo il deserto del Negev si trasforma in un tappeto scarlatto. L’appuntamento annuale con il panorama di «Darom Adom», il «Sud rosso» in ebraico, è il popolarissimo evento che celebra la stagione della fioritura dell’anemone carminio, tanto amato dagli israeliani da esser stato eletto fiore nazionale. Della pianta, che si presenta anche con fiori rosa, porpora, bianchi e blu, ha iniziato a occuparsi pochi mesi fa Sapir. «La piana di Megiddo è famosa per la varietà di colori degli anemoni ma non il deserto. Nel Negev, invece, trovi solo kalaniot rossi(anemoni in ebraico, ndr)». Lo studioso intende spiegare perché la natura si presenti in tante sfumature.
Una ricerca per tutti
Cavalcando la stagione della fioritura, il professore ha lanciato la «Kalaniot Survey», un’iniziativa di «citizen science» cioè una ricerca a cui tutti possono prendere parte attiva. Caricando foto e informazioni sulla localizzazione e sui colori degli esemplari individuati in un portale dedicato, chi si registra entra a far parte di una community e sarà aggiornato sui risultati della ricerca. «Spero di acquisire – anticipa Sapir – informazioni per tutta la durata della stagione e una capillare copertura del territorio. Oggi so che nel deserto ci sono solo fiori rossi. Sono curioso di scoprire dove si distribuiscono gli altri colori. Per adesso mi sembra – ma è soltanto un’intuizione – che l’area mediterranea asciutta sia più popolata di fiori bianchi e che nel clima umido siano dominanti i rosa e i blu». Con i dati Sapir procederà agli esperimenti per capire, per esempio, se i fiori rossi sono scientificamente più adatti al clima del deserto.