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 2019  febbraio 13 Mercoledì calendario

Maggiordomo e cure per i cani, cambia il welfare aziendale

Un permesso di otto ore (all’anno) per la cura dell’animale domestico: il cane, il gatto, il coniglio nano, perfino l’iguana o il furetto, volendo. Un “maggiordomo” aziendale che, una volta al mese, si fa carico delle commissioni per i dipendenti: una bolletta da pagare, una coda all’Anagrafe, le camicie da ritirare in tintoria. Un punto di raccolta 24 ore su 24 – in azienda – per i pacchi degli acquisti online. Ci sono voluti undici mesi di trattative faticose, con qualche momento di tensione, per arrivare alla sigla del contratto integrativo della Ball Beverage Packing di Nogara, provincia di Verona – la multinazionale che produce lattine per bibite – che ha il merito di spostare ancora più in là i confini del welfare aziendale.
Sempre più vicino alle necessità personali e soprattutto familiari dei 150 dipendenti. Un negoziato che è un po’ il paradigma della tendenza in atto da qualche anno a questa parte, in parecchie aziende del Nord, anche nei settori più tradizionali della manifattura: si parte con le consuete (legittime) richieste di aumenti salariali, si approda alla fine a soluzioni più flessibili che prevedono la conversione dei premi di produzione o di risultato in servizi di welfare aziendale. Ai più classici – assistenza sanitaria integrativa, previdenza complementare, mense aziendali, i benefit tradizionali, primo fra tutti l’auto – si sono affiancate negli integrativi opzioni sempre più prossime alle necessità delle famiglie dei lavoratori. Il gruppo Faresin Formwork (casseforme per le gettate di calcestruzzo) di Breganze, in provincia di Vicenza, ha appena siglato con i suoi 85 dipendenti un integrativo costruito sui bisogni delle famiglie con figli: fino a 2.500 euro per i bambini da zero a tre anni, spendibili in rette degli asili nido, fino a 1.500 per i bambini delle materne, fino a mille perelementari e medie (libri di testo, materiale scolastico, gite e campi estivi). «Come imprenditori – spiega Lucia Faresin – sentiamo la responsabilità di sostenere le famiglie delle persone che lavorano con noi, in gran parte nella fascia tra i 30 e i 40-45 anni».
Alcune imprese – circa l’8% di quelle che erogano servizi di welfare ai dipendenti, secondo i dati Confindustria – destinano risorse ai carrelli della spesa quotidiana dei dipendenti.
Altre, ancora pochissime tra le piccole, offrono aiuti per i familiari anziani o non autosufficienti. Altre ancora servizi di trasporto collettivo. In generale sono ormai quasi sei su dieci le aziende che mettono a disposizione dei dipendenti (non dirigenti) almeno un servizio di welfare, ma soltanto nel 15,8% dei casi (oltre il 30% per le aziende con più di 100 dipendenti) il contratto prevede la possibilità di convertire i premi in welfare. Tra i nuovi accordi aziendali, almeno uno su tre ha un contenuto di welfare, ma in Lombardia la percentuale sale al 60%. E più cresce il numero dei contratti, più si allarga il ventaglio delle opzioni a favore dei dipendenti. «A fronte della richiesta di aumenti salariali – spiega il direttore delle risorse umane di Ball, Enrico Bassi – abbiamo raggiunto un accordo che si discosta dai modelli tradizionali e che ruota intorno ai cardini della formazione e del welfare». E quindi, l’estensione a sette giorni dei permessi per la nascita di un figlio e l’estensione dei permessi per gravi motivi familiari anche ai parenti di terzo grado e agli affini. E poi il maggiordomo aziendale (previsto anche nell’integrativo della Gucci) e i permessi per gli animali domestici. Ci aveva pensato anche Maxi Zoo, un paio d’anni prima.
Ma in quel caso (la più grande catena di punti vendita di cibo e accessori per animali) cani e gatti giocavano in casa. In un’azienda metalmeccanica, un po’ meno.