Corriere della Sera, 12 febbraio 2019
La vita senza gli insetti
Al cinema gli insetti sono un successo. L’Ape Maia, Z la formica, Microcosmos, A Bug’s Life sono tutti titoli in vetta alle classifiche di incasso degli ultimi anni. Il pericolo è che tra pochi anni gli insetti li vedremo solo al cinema perché questa classe di animali, che rappresenta quasi l’80% di tutte le specie pluricellulari viventi, piante comprese, sta scomparendo.
Oltre il 40% di tutte le specie di insetti è minacciata di estinzione. Il dato è stato ricavato da un colossale studio comparativo eseguito su 73 ricerche che indagavano il declino degli insetti in tutto il mondo. Il lavoro, condotto da un gruppo guidato da Francisco Sanchez-Bayo dell’Università di Sydney e pubblicata sulla rivista specializzata Biological Conservation, rappresenta più di un campanello di allarme perché indica chiaramente che la sparizione di un enorme numero di specie di insetti avverrà entro pochi decenni. «Il dato non mi sorprende, è in linea con quanto stiamo osservando da anni», conferma Giuseppe Lozzia, professore di entomologia generale e applicata all’Università degli Studi di Milano. «L’aspetto più drammatico dal punto di vista della scienza è che stanno sparendo specie che nemmeno abbiamo iniziato a studiare. Le specie di insetti più a rischio, poi, non sono nemmeno quelle che vediamo e che tutti conosciamo come zanzare, mosche, cavallette, formiche o vespe. Sono quelle che vivono nel terreno, come i collemboli, per esempio, che non sono più lunghi di 5 millimetri e che nessuno o quasi ha mai sentito nominare o visto».
A chi interessa se scompaiono i collemboli o i tricotteri, insetti che vivono in fiumi, torrenti e laghi? «Sono animali importantissimi per l’equilibrio degli ecosistemi: i collemboli hanno una funzione essenziale per la formazione dell’humus nei terreni e i tricotteri a loro volta sono alla base delle catene alimentari», spiega il docente dell’ateneo milanese.
Il rapido declino degli insetti non si può collegare a una singola causa. Sono coinvolti i cambiamenti climatici, l’uso dei pesticidi in agricoltura, il consumo di suolo, l’invasione di specie aliene che non trovano rivali. L’agricoltura italiana sta pagando a caro prezzo l’arrivo del coleottero giapponese Popilia japonica che devasta i frutteti, o della cimice marmorata Halyomorpha halys che attacca le piantagioni di soia. Il crollo della diffusione delle api, dovuto in gran parte a pesticidi e alterazioni del clima, mette a rischio la produzione alimentare, in quanto circa il 70% delle principali colture dipende dall’impollinazione operata dai piccoli insetti giallo-neri. Sanchez-Bayo cita espressamente i prodotti che contengono neonicotinoidi e il fipronil, insetticidi ad ampio spettro utilizzati contro gli infestanti che in realtà bonificano i terreni da tutti gli insetti, anche quelli benefici. A Portorico, riporta la ricerca, negli ultimi 35 anni è scomparso il 98% degli insetti che vivono nel terreno.
«Questo studio aiuta a capire come la conservazione della biodiversità non è una “fissa” di fanatici ambientalisti ma è la base dell’equilibrio della vita su questo pianeta», avverte Lozzia. «Certo è più di impatto dire che il panda muore, che il lupo è minacciato o che le balene devono essere salvate e raccogliere fondi per la loro sopravvivenza. È giusto, ma se spariscono i piccoli insetti che forse ci fanno anche un po’ schifo o che ci disturbano come le zanzare e le mosche, oppure scompaiono le belle farfalle e le eleganti libellule è dannoso e pericoloso. E si rischia che alla fine la natura ci presenti il conto. Che sarà molto salato».