La Stampa, 12 febbraio 2019
Cresce il numero delle vittime del clima
Il disastro dei disastri del XXI secolo potrebbe essere già cominciato. Il killer non è un dittatore, ma i cambiamenti climatici, ritenuti dagli esperti una delle più gravi minacce per la salute umana dell’era contemporanea.
Gli uragani Florence e Michael in America centrale, le inondazioni nel Kerala in India e l’estate estrema del Giappone sono solo alcuni esempi di eventi estremi registrati nel 2018, i quali hanno seminato morte e distruzione, nonché spinto migliaia di persone alla migrazione forzata. Secondo un rapporto della Banca Mondiale, entro il 2050 saranno 143 milioni i «profughi ambientali», costretti a migrare a causa del riscaldamento globale. E l’Italia potrebbe non essere incolume dal fenomeno, come dimostrano le temperature record dell’estate 2018: queste hanno addirittura superato quelle del 2003, anche se, fortunatamente, con meno danni. Secondo l’Oms, in quell’anno, morirono, stroncati dal super-caldo, 70 mila persone nel mondo, di cui oltre 4 mila in Italia. Per il nostro Paese fu una sciagura che colpì le fasce più deboli della popolazione e che potrebbe ripetersi.
«Le serie storiche dei dati climatici italiani degli ultimi 220 anni evidenziano che, tra i 30 anni più caldi dal 1800 a oggi, 25 sono successivi al 1990, confermando che siamo in presenza di un cambiamento climatico importante», sottolinea Paola Michelozzi, direttrice dell’Unità di epidemiologia ambientale della Regione Lazio, tra i protagonisti, il 31 gennaio scorso, a Roma, della terza edizione di «4Words: le parole dell’innovazione in Sanità», evento organizzato da Il Pensiero Scientifico Editore e dal dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio.
Impatto diseguale
L’incremento delle temperature - spiegano gli esperti - sarà accompagnato da eventi climatici sempre più estremi, già aumentati del 46% a partire dal 2000. Entrambi i fattori potrebbero avere un impatto importante sulla nostra salute: secondo l’Oms, tra il 2030 e il 2050, il clima «cattivo» potrebbe causare 250 mila morti in più ogni anno nel mondo a causa di disturbi cardiovascolari e respiratori, diarrea, malnutrizione infantile e maggiore diffusione di malattie infettive, come malaria, febbre Dengue, la malattia di Lyme o la febbre West Nile. Tutti questi disturbi, infatti, tendono a diffondersi più facilmente con il moltiplicarsi degli insetti vettori, come le zanzare, sempre più favorite dai climi caldi anche nelle fasce temperate.
L’impatto di queste emergenze non sarà «democratico»: «I cambiamenti climatici determineranno sempre maggiori differenze di salute tra Paesi poveri e Paesi ricchi e tra i gruppi nella stessa nazione», spiega l’epidemiologa. Una delle aree più colpite sarà il Sud Europa, Italia inclusa. «Una ricerca del 2018 ha evidenziato come i cambiamenti climatici contribuiranno a ridurre la speranza di vita in Europa, diventando il terzo fattore di rischio dopo i tumori e le malattie cardiache, con un impatto soprattutto nell’area del Mediterraneo», avverte Paola Michelozzi.
Se le previsioni sono negative, il futuro potrebbe essere tuttavia riscritto e corretto con interventi mirati, grazie all’intervento di governi e istituzioni e anche dei cittadini. Alcune azioni individuali sullo stile di vita, infatti, possono avere un impatto benefico sul clima: ad esempio camminare o andare in bicicletta, mangiare meno carne, ridurre lo spreco alimentare e risparmiare acqua ed energia. Tuttavia per vincere la sfida del cambiamento climatico servono soprattutto politiche globali mirate.
«Limitando il riscaldamento globale a 1.5° anziché 2°, rispetto all’era preindustriale, come previsto dall’Accordo di Parigi, potremmo avere un impatto benefico su scala globale», sottolinea l’epidemiologa. Così - ha valutato l’Oms - si potrebbe contribuire a salvare un milione di vite nel mondo ogni anno fino al 2050. E le analisi dimostrano che il guadagno in termini di salute globale sarebbe doppio rispetto alla spesa prevista per portare a termine questi obiettivi.
Opportunità per l’Italia
L’Italia potrebbe porsi al centro di questa strategia, come dimostra la firma, lo scorso dicembre, all’Istituto Superiore di Sanità, della «Carta Internazionale di Roma»: un documento con le raccomandazioni-chiave per contenere i rischi sulla salute globale. Un appello del mondo scientifico ai decisori politici per agire in fretta contro i cambiamenti climatici, mediante politiche di riduzione delle emissioni, l’applicazione di sistemi d’allerta contro l’inquinamento e una maggiore educazione dei cittadini sugli effetti del clima sulla salute. Secondo i 500 ricercatori di 27 Paesi che hanno contribuito alla «Carta» ci resta solo il tempo di due generazioni.