Il Sole 24 Ore, 12 febbraio 2019
Aste, l’arte ora è donna
L’anno in asta si è aperto sotto i migliori auspici per l’arte al femminile, di ogni epoca. A conferma del trend di mercato già osservato nell’ultimo anno. Gli incanti della Old Masters Week di Sotheby’s a New York di fine gennaio hanno premiato la piccola sezione di opere realizzate da artiste, attive dal Cinquecento all’Ottocento. Hanno segnato nuovi record sette artiste: Elisabeth-Louise Vigée Le Brun, Fede Galizia, Angelika Kauffmann, Giulia Lama, Amile-Ursule Guillebaud, Elizabeth Jane Gardner Bouguereau e Virginie Demont-Breton. «Il numero delle artiste di dipinti antichi oggi conosciute rimane incredibilmente basso – spiega Calvine Harvey, Specialist del Dipartimento di pittura antica di Sotheby’s New York –: nel 2018 abbiamo venduto solo 14 opere di Old Masters femminili, rispetto alle 1.100 di artisti maschi. È importante ricordare che gli ostacoli che le artiste dell’era pre-moderna hanno dovuto affrontare sono stati numerosi e quelle che sono riuscite ad abbattere queste barriere hanno trionfato. Oggi il mercato, sia tra i nuovi che tra i collezionisti già affermati, ha risposto positivamente al lavoro di queste donne rivoluzionarie». Ognuna di loro ha posto nella propria opera un germoglio e per molte è stato difficile vederlo sbocciare durante la vita attiva. La storia, anche quella dell’arte, non è mai stata narrata dalla parte delle donne.
Prima della casa d’asta quotata a Wall Street, musei e gallerie hanno concentrato la loro attenzione sulla creatività femminile: l’influente galleria Hauser & Wirth ha presentato ad Art Genève appena conclusa, lo stand “Femmes”, omaggio alle artiste moderne e contemporanee come Louise Bourgeois, Eva Hesse, Maria Lassnig e Alina Szapocznikow, che nel XX secolo hanno forgiato le loro opere in un momento di cambiamenti sociali dimostrando un pensiero creativo pioneristico, e come le contemporanee Phyllida Barlow, Roni Horn, Rita Ackermann e Jenny Holzer, che con un linguaggio visivo molto originale trascendono le esperienze individuali per esplorare la condizione umana. Anche la galleria di Londra Richard Saltoun dedica tutto il programma del 2019 all’arte delle donne, mentre Thomas Dane a Napoli inaugura il 18 marzo una personale su Cecily Brown, FMCCA annuncia una mostra sul femminismo in Italia a Milano durante il prossimo Miart (5-7 aprile), il Muzeum Susch ha aperto in Svizzera con una mostra dedicata alle donne sottovalutate. Ed Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, ha promesso che il predominio maschile nel museo sarà controbilanciato dall’esposizione di opere al femminile con mostre e lavori permanenti. Insomma ricorderemo il XXI secolo per la rivalutazione critica ed economica del lavoro delle artiste?
Di certo la donna, tema centrale nelle opere maschili, nel mercato dell’arte è decisamente sottoquotata in quanto artista. Una buona ragione, tra le tante, per collezionare opere con un futuro di rivalutazione assicurato. E le aste lo hanno confermato nel 2018: l’artista più quotata è stata Joan Mitchell (unica donna nella top 20 mondiale per turnover) con un fatturato d’asta di 61,4 milioni (+175,6% sul 2017), seguita da Cecily Brown (21,6 milioni, +127,6%), Georgia O’Keeffe (20,6 milioni), e poi Yayoi Kusama (15,2 milioni), Agnes Martin (13,9 milioni) e, a sorpresa, l’inglese Jenny Saville, con un turnover di 10,8 milioni, raggiunto anche con il top lot «Propped» (1992), autoritratto nudo, battuto per 9,5 milioni sterline, il prezzo più elevato per una artista vivente.
Nonostante questa positiva virata, tuttavia, i “numeri” in asta riferiti al genere femminile sono ancora modesti come emerge dal report Post-War & Contemporary top artists – New York & London Auctions 2018, elaborato da ArtTactic. Il fatturato delle quote rosa è stato pari a 240,6 milioni di dollari, in crescita dai 184,1 milioni di dollari del 2017, pari all’8,5% delle vendite totali (7,8% nel 2017).
Infine, per chi ama i nuovi talenti, nella Top 10 Artists under 45 di ArtTactic, che misura il volume d’affari degli artisti nati a partire dal 1973, troviamo una nutrita presenza femminile con ben quattro artiste: al quarto posto la nigeriana Njideka Akunyili Crosby, con un fatturato in asta di 5,7 milioni di sterline, fresca di record con «Bush Babies» per 3,4 milioni di dollari e già nella scuderia di David Zwirner, seguita dall’inglese Lynette Yiadom-Boakye e dalle americane Avery Singer e Dana Schutz. E le italiane? Molte artiste storicizzate stanno guadagnando terreno, grazie a esposizioni e a un mercato più attento: in crescita i valori per Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Maria Lai, Carol Rama, Dadamaino, Marisa Merz, solo per citarne alcune. Tra le nuove generazioni, il divario si sente molto meno rispetto ai coetanei, le artiste sono più agguerrite e presenti sul mercato e nei musei come Adelita Husni Bey, Alice Ronchi, Irene Fenara e Giulia Cenci e l’elenco potrebbe continuare.