12 febbraio 2019
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Biografia di Robbie Williams
Robbie Williams (Robert Peter W.), nato a Stoke-on-Trent (Inghilterra) il 13 febbraio 1974 (45 anni). Cantautore. Cofondatore ed ex membro dei Take That. Circa 75 milioni di copie vendute. «Tanti i record ottenuti: dall’artista inglese ad aver venduto di più nel Regno Unito a quello più trasmesso nel primo decennio del nuovo millennio dalle radio inglesi, […] dalla vittoria record di ben 18 Brit Awards all’entrata nei Guinness World Records nel 2006 per la vendita del maggior numero di biglietti per un tour in sole 24 ore, ovvero oltre un milione e mezzo di biglietti per il Close Encounters Tour» (Matteo Rossini). «Sono molto fortunato a essere stato nei Take That e in quattro Spice Girls su cinque» • Figlio di due gestori di un pub, Janet Farrell (anche fioraia) e Peter Williams (anche attore, cantante e comico locale, noto con lo pseudonimo di Pete Conway). «Robbie ha la verve dell’uomo di strada, acquisita nelle zone più difficili di Stoke-on-Trent, nel nord-ovest dell’Inghilterra, dove ha passato l’infanzia a placare ed evitare una vasta gamma di psicopatici. Fin da piccolo gli piaceva esibirsi, cantava di fronte al jukebox nel pub di suo padre. Williams ammette che da piccolo – dislessico, disprassico, con problemi legati alla sindrome da deficit di attenzione e iperattività e destinato a lasciare la scuola senza il diploma delle superiori – dedicava tutto il suo tempo a “mettersi in mostra”. La persona che lo aveva influenzato di più era il padre: lo guardava sempre esibirsi nei tour dei villaggi turistici. Pete adorava le star del passato, da Frank Sinatra a Matt Monro e Laurence Olivier. “Parlava di loro come se fossero divinità. E in un certo senso mi è entrato nel Dna: oddio, che magia essere quelle persone”» (Krissi Murison). Figura fondamentale della sua infanzia fu il nonno materno, «“Jack ‘The Giant Killer’ Farrell. […] È stato il primo eroe della mia vita, uno che tirava di boxe, che ha combattuto la Seconda guerra mondiale, che si è spezzato le ossa in una miniera di carbone. Un grand’uomo. E un bell’uomo: elegante, sempre in giacca. […] Da lui ho imparato che è il carattere della persona a dare personalità all’abito, non viceversa”. Racconta che fu Jack a insegnargli come si diventa uomini. Lui aveva quattro anni ed era incantato da tanta spavalderia. Gli trasmise l’amore per i suoi idoli: “Gene Kelly, Fred Astaire, Bing Crosby, Bob Hope, Tom Jones. Solo più tardi avrei scoperto i miei: Freddie Mercury, Tim Curry, Public Enemy, Eric B. & Rakim”» (Giuseppe Videtti). Nel 1990, grazie a un’inserzione segnalatagli da sua madre, partecipò a un’audizione organizzata da Nigel Martin-Smith, che stava allestendo una boy band musicale sulla scorta degli statunitensi New Kids on the Block: Williams divenne così, a soli 16 anni, l’ultimo, e il più giovane, membro dei Take That, con Gary Barlow, Howard Donald, Jason Orange e Mark Owen. Seguirono tre album e cinque anni di straordinari successi di pubblico (in massima parte femminile e adolescenziale): «Era puro isterismo, come ai tempi della beatlemania. Le fan ci seguivano ovunque. Per noi era tutto nuovo, la realizzazione di un sogno. Volevamo essere adorati, volevamo diventare famosi e volevamo che fosse per sempre». Nel giugno 1995, però, esasperato dall’austero codice di comportamento imposto da Martin-Smith, e divenuto a propria volta inviso agli altri quattro per le sue intemperanze, Williams abbandonò il gruppo, dopo esserne stato sostanzialmente estromesso. «La fuga a Los Angeles fu necessaria. Obbligata, direi. Non solo perché ero perseguitato dai tabloid; negli ultimi tempi con i Take That la vita aveva preso una piega orribile. Trascorrevo i weekend a farmi di ecstasy e di cocaina, a ubriacarmi e a portarmi a letto l’ennesima ragazza che poi mi avrebbe messo nei guai. A Los Angeles non avevo paparazzi alle calcagna, un sollievo enorme. Finalmente potevo essere una popstar con tutti i privilegi della mia condizione e nessuna controindicazione. Conducevo, in perfetto anonimato, la stessa vita di Londra. […] L’amarezza della separazione dai Take That fu la spinta di cui avevo bisogno per ricominciare». «Da chi si imbatteva nella sua boy band d’origine senza esserne fan, Robbie era considerato un simpatico accessorio, una via di mezzo tra gli inutili orpelli Jason Orange e Howard Donald e i leader designati Gary Barlow e Mark Owen. La sua uscita di scena nel momento in cui il gruppo era all’apice del successo in tutto il mondo sembrava quella di un bambino viziato, che preferiva giocare da solo perché quando lo faceva in compagnia si vedeva che non era il più bravo. Invece quella si è rivelata come la prima delle numerose scelte vincenti a livello di marketing operate da Robbie. […] Robbie esce dai Take That e pubblica subito un singolo, un’interlocutoria cover di Freedom di George Michael, buona più che altro come manifesto del sollievo di aver iniziato questa sua avventura solista. […] Nel 1997, […] Life thru a Lens è un esordio infarcito di tutti gli stilemi del britpop: […] una serie di canzoni tutte interessanti, sia per un’ispirazione melodica comunque indiscutibile e costante in tutto il disco che per scelte in fase di produzione sempre azzeccate. […] Poco tempo dopo, il video di Let Me Entertain You rappresenta la prima delle scelte vincenti relative al contorno e non alla musica stessa. Williams, infatti, si mostra truccato come i Kiss e vestito con un improbabile completo di pelle nera, e il tutto è talmente ben confezionato da corroborare al meglio l’“operazione simpatia” lanciata con il disco d’esordio, che rimane a tutt’oggi, tanti anni dopo la pubblicazione, ancora molto piacevole da ascoltare. Il successo di pubblico è subito altissimo in Gran Bretagna, ma anche nel resto d’Europa il Nostro si difende bene. […] Robbie […] lascia passare un solo anno prima della pubblicazione di I’ve Been Expecting You. Nel frattempo il britpop ha imboccato la propria fase calante, così il disco vede una limatura di quei pochi accenni di spigolosità e di essenzialità presenti nel debutto, e il suono si presenta perfettamente rotondo e più corposo e curato. […] Nel momento in cui gli altri ex Take That cadono in un improvviso e lungo dimenticatoio, lui vende ancora molti dischi in patria e si difende in Europa. […] Nel 1999, la sua etichetta discografica prova a farlo conoscere in America organizzandogli un tour e pubblicando una raccolta di brani dei primi due dischi, intitolata The Ego Has Landed. L’operazione, però, riesce solo in parte. […] Nel 2000 arriva Sing When You’re Winning, che segue la strada tracciata dal lavoro precedente, sia in termini stilistici che di qualità. […] Il motivo principale […] per cui questo lavoro permette al suo interprete un’importante ascesa in termini di popolarità è nei tre singoli, non solo per il loro contenuto musicale. Rock DJ anticipa l’uscita dell’album e ha una strofa parlata che richiama la moda del momento di Mtv, ovvero quell’hip-hop da circo che snatura completamente lo spirito originario del genere; si prova subito a far parlare di questa canzone con un video caratterizzato da sequenze ai limiti dello splatter. […] Successivamente, il duetto con Kylie Minogue in Kids rappresenta uno dei diversi momenti di rilancio della carriera della cantante australiana, […] che a sua volta trainerà la stessa Kids verso una duratura permanenza in classifica. Supreme fa subito parlare di sé grazie alla citazione dell’immortale I Will Survive di Gloria Gaynor e soprattutto per un video particolarmente intrigante. […] Il pubblico impazzisce, e le date del tour si svolgono soltanto in grandi arene. […] In pochi anni Robbie Williams, grazie alla propria semplicità di base, a un modo di porsi simpaticamente sbruffone, all’abilità di aver scelto accanto a sé un compositore abile come Chambers e a una strategia promozionale che non ha sbagliato un colpo, si trova sulla vetta del mondo. […] Purtroppo il successo dà alla testa al Nostro, che decide di iniziare a proporsi al pubblico non più come uno scanzonato intrattenitore, ma prendendosi terribilmente sul serio. […] Si comincia con l’operazione Swing When You’re Winning, ovvero un disco, uscito nel 2001, composto quasi esclusivamente da cover di brani della tradizione americana. Vengono rivisitati pezzi di autori come Cole Porter, Duke Ellington, Nat King Cole, George Gershwin. Inutile dire che Robbie in questa veste di novello Frank Sinatra non è assolutamente credibile, e il disco è soltanto un inutile ripetersi di cliché stantii. Nel 2002 arriva Escapology, quarto lavoro composto da soli inediti. […] Ovviamente il disco è un successo clamoroso, grazie al traino di Feel e dell’altro “singolone” Come Undone. […] Nel 2005, ecco Intensive Care: […] la seriosità del repertorio di Williams è ancora più accentuata, e da inutile si trasforma in fastidiosa. […] Sorprende tutti con la pubblicazione, a fine 2006, di Rudebox, un disco synth pop/dance, […] importante perché, al di là di svariate ingenuità, anche grossolane, nella composizione delle canzoni inedite e nel riadattamento delle cover scelte, restituisce a chi lo aveva apprezzato negli anni Novanta il Robbie Williams scanzonato e sbruffoncello. […] Nello stesso periodo, i suoi ex compagni di band decidono di fare una reunion dei Take That, alla quale, però, Robbie non partecipa. Nonostante il rifiuto dell’unico membro che aveva ottenuto il successo da solo, i nuovi Take That spopolano in tutto il mondo con dischi e tour, e nel frattempo per Williams inizia un periodo difficile a livello personale. I tabloid lo ritraggono perennemente schiavo di alcol e droghe varie, cliente fisso di cliniche di disintossicazione, fisicamente alla deriva e mentalmente debole e allucinato (c’è chi dice di averlo visto immobile su una zattera in mezzo a una piscina ad aspettare gli ufo). Dopo un po’ di tempo, è lui a chiedere ai nuovi Take That di unirsi al gruppo, ma ovviamente i quattro temporeggiano. […] Il nuovo album […] vede la luce nel novembre 2009. Il titolo scelto, emblematico delle difficoltà vissute da Williams negli ultimi anni, è Reality Killed the Video Star. […] Robbie […] sorprende ancora una volta, perché riesce a uscire con dignità da un confronto che, dal 2001 in avanti, l’aveva sempre visto perdente a livello artistico: quello con la canzone intimista e malinconica. […] Nel 2010 si concretizza la sempre più attesa reunion con i Take That. Il quintetto realizza un nuovo album, intitolato Progress, e ovviamente i dati di vendita sono alle stelle, così come il successo del tour. […] Williams rinuncia a esibirsi con gli altri Take That alla cerimonia conclusiva delle Olimpiadi di Londra per stare vicino alla moglie che sta per dare alla luce un bambino, sancendo di fatto il nuovo allontanamento dalla band di origine. Due mesi dopo, arriva la pubblicazione di un nuovo singolo e dell’album Take the Crown. A uno sguardo superficiale, potrebbe sembrare che Robbie abbia sfruttato gli altri quattro per rilanciarsi e li abbia poi mollati alla prima occasione utile, ma, osservando meglio, il singolo che anticipa il disco, Candy, è accreditato come scritto a quattro mani con Gary Barlow. […] Il disco è tanto utile a riguadagnare consensi quanto terribile dal punto di vista qualitativo. […] Ovviamente il successo del disco è fragoroso, e Robbie torna a esibirsi negli stadi, filmando il tour per realizzarne un dvd celebrativo. […] Nel 2013 Robbie torna a travestirsi da crooner con Swing Both Ways. […] Il proclama giunto in seguito alla firma di un contratto con la Sony nel maggio 2016 (“Sono ispirato e più pronto che mai”), aveva tutta l’aria delle solite dichiarazioni di facciata. Invece, l’ascolto di The Heavy Entertainment Show, uscito nel novembre dello stesso anno, ci riconsegna un intrattenitore credibile. […] Un lavoro, in definitiva, che sicuramente ha il difetto dell’eccesiva disomogeneità d’insieme, ma che intanto vanta una scrittura e una produzione sempre a fuoco, anche nei momenti più sguaiati, […] e soprattutto rappresenta un ascolto piacevole e, in alcuni episodi, intrigante» (Stefano Bartolotta). «Heavy Entertainment, “intrattenimento pesante”. Che cosa vuol dire? “Sul mio passaporto c’è scritto “entertainer” prima di cantante. All’inizio della mia carriera volevo diventare come i Radiohead. ma non è successo. Così ho usato la delusione per diventare ciò che sono. Ho il cabaret nel Dna: mio padre è un cantante comico, ed è il mio mito. Ciò che faccio io, non lo fa nessun altro”. Il primo singolo, Party Like a Russian, in Russia ha creato qualche malumore. “Prima di pubblicare la canzone, sapevo già che la materia sarebbe stata controversa per le persone con scarso senso dello humor. Avevo chiesto alla casa discografica e al tour promoter in Russia se per loro fosse ok, e la trovavano divertente, perché non era mia intenzione essere offensivo. Questo sensazionalismo mediatico, lo considero tuttavia una fortuna: le presunte polemiche sul brano hanno fatto sì che la gente si accorgesse del mio ritorno”» (Raffaella Serini). «È davvero “entertaining” il suo album, perché non entra nelle categorie di oggi. “Non suona così contemporaneo, ha ragione, ho scritto un’ottantina di canzoni per questo disco, certo volevo che fosse un disco di successo, che fosse commerciale, sentirlo suonare alla radio, poi ho riascoltato le canzoni e ho detto ‘Oh, non suona come nulla che passa oggi alla radio’: è una cosa cattiva o buona? Non sono sicuro. Come ho scelto? Volevo che fosse un’esperienza a suo modo ‘teatrale’, volevo che i testi fossero interessanti, volevo che le canzoni fossero allo stesso tempo provocanti e piacevoli, non stridenti, o forse giusto un pizzico. Volevo fossero dieci singoli, e penso di esserci riuscito: ci sono undici tracce nell’album, ma dieci buoni singoli”» (Ernesto Assante). In seguito, Williams si è esibito alla cerimonia di apertura dei Campionati del mondo di calcio allo Stadio Lužniki di Mosca il 14 giugno 2018 (producendosi anche in un improvviso «dito medio» a favor di telecamera, di cui ha poi chiesto scusa) e ha partecipato in qualità di «giudice», insieme alla moglie, alla quindicesima edizione britannica di The X Factor. Durante la puntata finale del programma ha cantato insieme ai Take That, confermando in seguito la sua intenzione di tornare a esibirsi episodicamente insieme a loro. Da ultimo, il 18 gennaio 2019, Williams ha pubblicato un nuovo singolo, Electrico Romantico, frutto della recente collaborazione con il disc jockey e produttore francese Bob Sinclair • «Ha cercato di ritirarsi dalle scene nel 2006: un periodo in cui “stavo sempre seduto sul divano, mangiavo patatine e cioccolato, sono ingrassato, mi sono fatto crescere la barba. Sembravo un serial killer”. Quando i vestiti avevano cominciato ad andargli stretti, si era messo a portare solo caffetani di cachemire alla Obi-Wan Kenobi. Tre anni dopo era tornato sul palco. “Mi annoiavo terribilmente. La noia era così insopportabile che le tournée mi sembravano preferibili, ma non sono più tornato a essere quello di prima”. In che senso? “Un tempo era tutto naturale, una forza che mi travolgeva. Le insicurezze non scalfivano la performance. Ma quando sono tornato avevo avuto troppo tempo per pensare, e la fragilità traspare dalla maschera”» (Murison) • «Tutti i miei eroi hanno questo approccio teatrale: Dean Martin, Sammy Davis Jr., Elvis, il Tim Curry di Sweet Transvestite. Se non fosse per lui, io non avrei un personaggio: se non fosse stato per il Rocky Horror Show, non avrei avuto un palco. Così i miei punti di riferimento sono ovviamente molto più vecchi di quelli di Justin Bieber: sono tutti intrattenitori vecchio stampo. Gene Kelly, Fred Astaire, Frank Sinatra. Un po’ diversi da quelli di Justin Bieber» • Da sempre molto amato dalle donne, «nella sua vita ci sono state Nicole Kidman, Emma Bunton (delle Spice Girls), Nicole Appleton (All Saints), Kylie Minogue, Cameron Diaz, Geri Halliwell, Anna Friel» (Murison). Dal 2010 è sposato con l’attrice statunitense Ayda Field, con cui ha tre figli (due femmine e un maschio), l’ultima dei quali, Colette «Coco» Josephine, nata da una madre surrogata. «Quando ha scoperto di avere i livelli di testosterone molto bassi, Williams si è fatto congelare lo sperma per la crioconservazione a Los Angeles. “Volevamo e vogliamo altri figli, ma, se lo prendo, il testosterone fa fuori gli spermatozoi, se non lo prendo sto da schifo. Quindi ne abbiamo conservati un po’”, dice» (Murison). «Non potremmo avere il tipo di relazione che abbiamo – in cui posso indicarle una donna alla tv e lei capisce che ci sono stato a letto – se rovinassi tutto facendo sesso in giro. Ma per quello non ti danno una medaglia o un premio, invece dovrei proprio averla, perché sono sottoposto a una dose di adorazione che è quasi insostenibile. Guardo uno stadio pieno di donne incredibilmente pazze di me, e parecchie sono davvero belle. Dovrei avere un cazzo di premio per non scopare in giro. Un disco di platino quadruplo» • Numerosi tatuaggi • Personalità complessa, soggetta, oltre che a depressione, a numerose dipendenze (droga, alcol, sesso, cibo), disturbi (agorafobia, attacchi di panico) e fissazioni al limite della paranoia (tra cui la paura di morire e l’ossessione per gli alieni). «“Voglio sempre compiacere tutti, e quindi in un certo senso mi esaspera che vogliano fotografarmi, e così tento di proteggermi, ma detesto dire di no, perché non voglio che la gente pensi che sono una persona orribile. E non mi piace accettare sempre, perché sono a disagio con gli sconosciuti, mi imbarazzo, e ogni volta che devo incontrare qualcuno è un trauma per me”. Davvero? È difficile far combaciare questa descrizione con l’adolescente sfrontato che ha rapito milioni di cuori con i Take That all’inizio degli anni Novanta. Il bad boy arrogante che aveva mollato tutto, si era ossigenato i capelli e vagava per Glastonbury strafatto con gli Oasis negli anni del britpop. La star internazionale che aveva passato gli anni a cavallo del secolo piazzando una hit dopo l’altra (Angels, Rock DJ, Let Me Entertain You), prima di firmare quello che all’epoca è stato il contratto più ricco della storia musicale inglese (80 milioni di sterline con la Emi nel 2002). […] “Sono un animale da palcoscenico”, spiega stringendosi nelle spalle. “Riempio ogni spazio con qualcosa, e quello spazio è come una pagina di Facebook, un’istantanea dei frammenti migliori di una vita. È quello che cerco di proiettare. Per molto tempo ho tentato di far credere a tutti, e a me stesso, che ero quella roba. Pensavo di essere un dio, pensavo di essere Zeus. Ma non è la realtà”. […] “Sono competitivo con tutto e tutti, e, se una persona vuole detestarmi, be’, la batterò con il mio odio per me stesso”, mi dice. […] “Più sembro arrogante e vanitoso sul palco, più sono terrorizzato”. […] Ha la mania di leggere tutto quello che la gente posta su di lui in rete: “Una cosa che ti divora l’anima. Se ci sono dieci commenti belli e uno orrendo, io mi concentro su quello orrendo. Sono dipendente da quella roba, punto”. Poi c’è il perenne tormento di paragonarsi a chiunque altro sia sotto l’occhio dei media e trovarsi non all’altezza. […] “Se rimango troppo in un pub, bevo. Se passo vicino a un barbiere, mi taglio i capelli. Mi fido abbastanza di me stesso per non bere? O se mi trovo davanti un mucchio di coca? A un certo punto me la sniffo. Quindi, no, non mi fido di me stesso. Ma la storia mi ha insegnato che sono abbastanza bravo a evitarlo. Lo stesso con le donne. Quando non sono in tour è tutto più facile”. […] Nonostante le battaglie contro la dipendenza da alcol e droga, bisogna ricordare che Robbie è stato pulito per gran parte della sua vita. Ha iniziato a bere a sedici anni, si è reso conto di avere un problema a diciotto e ha cercato di rimanere sobrio, in genere con successo, fino ai diciannove anni. Più o meno la stessa cosa con le droghe. Nonostante qualche soggiorno molto pubblicizzato nei centri di riabilitazione, è riuscito quasi sempre a lottare coraggiosamente con la tentazione. Oltre alle sigarette, l’altra dipendenza non risolta è quella dallo zucchero. “Ho un problema di sonnambulismo e mangio nel sonno, ogni notte”. […] “Adoro il cibo e ho sempre voglia di mangiare, quindi, ogni volta che mi sembra di avere un aspetto decente o la camicia mi sta bene nei pantaloni è terribile, perché penso al cibo tutto il giorno. Sono magro e depresso, oppure grasso e pieno di sensi di colpa. Non c’è via di mezzo”. […] “Sono una specie di cavia: un farmaco funziona per l’ansia, l’altro peggiora la depressione, e poi mi riportano a un certo equilibrio. La mia vita è così”» (Murison) • «Esagerato, grandioso, pop, un perfetto “entertainer” di oggi ma con i piedi ben radicati nel “grande spettacolo” del passato. “Larger than life”, direbbero gli inglesi» (Assante) • «In un attacco acuto di saggezza, arriva ad ammettere che la delusione è madre della creatività. “È il mio mantra. La delusione mi ha portato dove mi trovo ora. È la vitamina che stimola il talento”» (Videtti). «Credo sia nella natura umana volere sempre di più, aspirare al massimo, cercare di superare se stessi e – quando una persona è competitiva come lo sono io – gli altri. Il processo è sano e stimolante finché le cose vanno bene; diventa rovinoso davanti alle prime difficoltà. Incominciai a usare droghe e alcol per fare meglio: in realtà fu solo l´inizio di un incubo». «Chi è Robbie Williams oggi? Come vede se stesso? “Mi vedo come padre, marito, intrattenitore, un ragazzo pieno di nevrosi e preoccupazioni, ma allo stesso tempo felice. Uno che lavora duramente, e si alza ogni mattina per sostenere la sua famiglia. E per questo, per la famiglia, il mio lavoro ha più senso di quanto non ne abbia mai avuto”» (Assante). «Di sicuro ho riflettuto molto sul casino che ho in testa. Sto facendo del mio meglio per tirarmi fuori. Sento ancora molta forza in me. Se imparo a generare quella potenza e a indirizzarla nella direzione giusta, penso che il resto della mia vita potrebbe non essere affatto male».