Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  febbraio 11 Lunedì calendario

Un mondo senza insetti

Un’analisi di 73 ricerche scientifiche pubblicate negli ultimi anni sugli insetti dice che questi animali, essenziali per i nostri ecosistemi, si stanno estinguendo a una velocità otto volte superiore rispetto a quella dei mammiferi, dei rettili e degli uccelli. Secondo i ricercatori, più del 40 per cento delle specie di insetti conosciute è in costante declino e almeno un terzo è in pericolo. Stimano inoltre che la massa complessiva di insetti che popola il pianeta si stia riducendo del 2,5 per cento ogni anno: agli attuali ritmi potrebbero sparire entro un secolo con conseguenze catastrofiche per tutti gli altri animali, noi compresi.

Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Biological Conservation, può apparire allarmista e catastrofista, ma si basa sui migliori dati raccolti finora sulle popolazioni di insetti in giro per il mondo e ha richiesto un grande lavoro di analisi e confronto dei dati. I risultati riprendono i timori sollevati in precedenza dagli entomologi (gli studiosi degli insetti), e che erano stati di recente raccontati in un articolo del New York Times.

Francisco Sánchez-Bayo, uno degli autori della nuova analisi, ha spiegato al Guardian di essere rimasto colpito dal tasso del 2,5 per cento di riduzione annua degli insetti nel corso degli ultimi 25-30 anni: “È veramente rapida. In dieci anni ce ne sarà un quarto di meno, in 50 anni la metà e in un secolo non ce ne saranno più”. Gli insetti sono la principale fonte di cibo per migliaia di specie animali, che potrebbero quindi non avere più di che nutrirsi, con conseguenze per l’intera catena alimentare sopra di loro.

I 73 studi utilizzati per l’analisi sono stati realizzati negli ultimi anni e la maggior parte è stata realizzata nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, ma ci sono anche ricerche sulle condizioni degli insetti in Australia, Brasile, Sudafrica e Cina. Altre aree del mondo non sono invece coperte, quindi alcuni risultati devono essere presi con cautela.

Una ricerca compresa nell’analisi e svolta in Inghilterra, per esempio, ha rilevato come tra il 2000 e il 2009 sia scomparso il 58 per cento delle specie di farfalle dai campi coltivati. Le api, da anni al centro di studi sulle epidemie che ne hanno decimato la popolazione, non se la passano meglio. Si stima che negli Stati Uniti le colonie di questi insetti siano passate dai 6 milioni del 1947 ai 3,5 milioni dei giorni nostri. Quasi tutte le 350mila specie conosciute di coleotteri hanno subìto riduzioni consistenti della loro popolazione.

Gli autori della nuova analisi ricordano che per molte specie di insetti non ci sono dati sufficienti per stimarne la riduzione. Non ci sono però elementi che indichino che le cose stiano andando diversamente con le formiche, le mosche e diversi altri insetti. Alcune specie, che riescono ad adattarsi ai cambiamenti meglio di altre, stanno aumentando in numero approfittando delle difficoltà delle altre. È un processo noto ai ricercatori e che si verifica quasi sempre, quando l’estinzione di una specie lascia dei vuoti negli ecosistemi.

Secondo l’analisi, la causa principale della riduzione globale della popolazione di insetti è dovuta alla costante estensione delle attività agricole. Per far posto alle coltivazioni si abbattono alberi e vegetazione selvatica, riducendo i luoghi in cui vivono numerose specie di insetti. L’utilizzo sempre più intensivo di pesticidi complica ulteriormente le cose, a cominciare dai neonicotinoidi e gli insetticidi a base di fipronil (fluocianobenpirazolo), che resistono a lungo nell’ambiente e si diffondono anche nelle aree protette, decimando le popolazioni di insetti che non c’entrano nulla con i danni alle piantagioni.

Mentre gli insetticidi sono la prima causa della morte di massa degli insetti alle nostre latitudini, ai tropici sono gli effetti del riscaldamento globale a causare i maggiori danni. L’evoluzione ha fatto sì che le specie di insetti tropicali fossero adatte a un clima sostanzialmente stabile, riducendo la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti. Il riscaldamento climatico sta portando a eventi estremi ai tropici e a sbalzi nella temperatura media, con conseguenze per gli insetti abituati a condizioni più stabili.

Sánchez-Bayo ha spiegato che negli ultimi 25-30 anni “è scomparso l’80 per cento di tutta la biomassa di insetti”, un dato allarmante e che mostra quanto la riduzione nel numero di questi animali sia un problema globale. Gli insetti non solo fanno parte della catena alimentare, ma con le loro attività sono essenziali per la riproduzione delle piante, per mantenere ricco di sostanze nutritive il suolo per le coltivazioni e per riciclare i nutrienti. Senza di loro probabilmente non potremmo esistere e la Terra sarebbe un posto molto diverso da cosa è diventata.

La scomparsa degli insetti sembra portare nuove conferme alla teoria della sesta estinzione di massa, di cui parlano da tempo numerosi ricercatori. Si stima che nella storia del nostro pianeta ce ne siano già state cinque, ma che questa sia la prima a non avere dirette cause naturali, ma l’attività dell’uomo. Da quando si sono sviluppate le prime civiltà, gli esseri umani sono stati la causa della perdita di circa l’83 per cento delle specie animali selvatiche. Solo negli ultimi 50 anni, le popolazioni di mammiferi, uccelli, rettili e pesci sono diminuite del 60 per cento.