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 2019  febbraio 11 Lunedì calendario

Storia di Maria, moglie dell’assassino più feroce d’Italia

Suo marito è uno dei criminali più feroci che io abbia mai incontrato», dice l’ispettore di polizia Bruno Bevilacqua guardandola negli occhi. Maria ride incredula. Una risata stizzita e isterica. Di sfida, di sprezzo, di odio. È seduta dall’altra parte della scrivania, nell’ufficio al primo piano del commissariato, suo figlio Vincenzino è giù in cortile che gioca a palla con un agente. Il poliziotto infierisce e, come se leggesse la nota della spesa, elenca tutti i crimini commessi da suo marito Carlo. Alla fine fa il totale: Carlo ha ucciso cinquanta volte e poi si è pentito. Ha già fatto arrestare 380 persone. Adesso lui è protetto dallo Stato, ma lei e suo figlio sono in pericolo, devono andarsene in una località segreta, perché tutti a Casal di Principe li vogliono far fuori per vendetta. I parenti dei morti e pure i famigliari di quelli che sono finiti in carcere. Maria pensa che l’ispettore sia pazzo, ma poi lui apre uno dei tanti faldoni intestati a suo marito ed estrae la fotografia di un uomo col volto sfondato: «Ecco, questo è l’ultimo che ha ammazzato, si chiama Nicola Mancuso. L’ha ucciso con una pala da muratore e lo ha seppellito nella spiaggia di Mondragone…», dice l’ispettore. Maria è anestetizzata. Non sente, non vede, non parla. Bevilacqua le mette sotto il naso il faldone e le consiglia di leggere, lì dentro c’è la storia criminale di suo marito Carlo. Il poliziotto esce dalla stanza. Per pudore o perché ha altro da fare. Maria è sola. Potrebbe scappare facendo finta di nulla, invece legge tutto, guarda le foto ed è nauseata. Dalle mani di Carlo che ammazzavano padri di famiglia e poco dopo accarezzavano la faccia del loro bambino, dal suono della sua voce che urlava minacce di morte e poi le sussurrava parole d’amore. Maria entra mezza svenuta nel bagno del commissariato, si accascia davanti al water e vomita l’orrore. Si sente soffocare da un odio che le sale dalle viscere. Vorrebbe buttar via pure la sua vita e poi tirare lo sciacquone per essere certa che finisca nelle fogne.

PERCHÉ ANDARSENE?
Potrebbe accettare la protezione. Ma si ribella, lei non c’entra con Carlo. Non è una camorrista. Perché deve andarsene? Perché vivere come un fantasma per colpe non sue? Perché nascondersi al mondo come fosse una criminale? Preferirebbe morire piuttosto che lasciare la sua terra bella e disgraziata. Maria è una guerriera passionale e verace. Sanguigna come certe donne del Sud cui basta una scintilla per divampare in incendi indomabili e travolgere tutto come onde potenti di una mareggiata invernale. La storia di Maria è forte e magnetica come la scrittura di Antonella D’Agostino che la racconta nel libro “La Casalese, l’operazione Spartacus” (Edizione Eracle). Antonella non è molto diversa da Maria. Anche lei è nata e cresciuta nella terra dei fuochi che una volta si chiamava “felix” perché si ricopriva di fiori due volte l’anno e il terreno donava frutti in abbondanza, una terra che adesso inghiotte tonnellate di rifiuti tossici e uccide di cancro centinaia di persone. Questa è una terra dove il futuro è un verbo che si impara solo sui banchi di scuola perché nessuno ha il coraggio di parlare di domani che è un orizzonte troppo lontano. Per dieci anni Antonella è stata sposata con Renato Vallanzasca e il male lo ha visto da vicino e lo ha combattuto.

LA PIÙ BELLA
Maria era la più bella tra tutte le sue amiche, provocante ma non volgare. «Era minuta ma quando camminava per la strada sembrava occupare tutto lo spazio possibile perché riempiva lo sguardo degli uomini, lo catturava. Era consapevole del suo fascino, istintivamente e profondamente consapevole, ma era molto intelligente e sapeva dosare il suo potere e all’occorrenza mettere a posto i maschi presuntuosi o irrispettosi», scrive la D’Agostino. Poi incontra Carlo che si presenta come imprenditore edile, Maria si perde dentro i suoi occhi grandi e le parole belle. Una sera d’estate, alla fine di una festa, gli altri vanno a casa, loro in spiaggia. Passano la notte a far l’amore e a promettersi le stelle. L’indomani chiedono a don Ciccio, il prete che aveva battezzato Maria e poi l’aveva vista diventare sempre più donna, di sposarli. Poco dopo nasce Vincenzino ma Carlo è spesso via per lavoro. Maria gli crede. Lui le racconta di cantieri lontani, di affari importanti, di un villaggio turistico che sta costruendo a Dubai. Una sera, mentre dormono abbracciati e dalle persiane la luce della luna filtra assieme a quella dei lampioni, Carlo riceve un messaggio sul cellulare. Scappa dal garage come un animale braccato. Ci sono lampeggianti della polizia e elicotteri che si avvicinano alla casa. Carlo sparisce di nuovo. Poco dopo si rivedono e lui le dice che tutti i suoi guai derivano dall’evasione fiscale. Maria gli crede ancora una volta, si illude che il marito abbia solo piccole grane, ma Carlo finisce in carcere. E Maria scopre di aver sposato un killer. Ora è a un bivio: o accetta la protezione dello Stato o le tolgono il figlio. Lei è una belva. Non vuole finire in trappola. E l’ispettore Bevilacqua è completamente travolto dalla sensualità di questa donna che ringhia come una bestia. Maria va a trovare Carlo in carcere. Avvicina la sua bocca alla sua. Lui crede che sia per un bacio, ma lei ha una lametta con sé. Gli chiede di uccidersi. Carlo la guarda sconfitto e impietrito mentre perde sangue dalla bocca.

DON CICCIO
Il piccolo Vincenzo finisce in una comunità. Di notte Maria fugge dall’ospizio in cui don Ciccio le aveva consigliato di rifugiarsi e va a prendersi il piccolo. Maria è fuori di sé, divisa tra l’odio per Carlo e l’amore per il figlio. Scappa con il bambino, ma la polizia la cerca ovunque. Maria finisce in carcere. «Ma quale reato, ispettore! Ma quale reato e reato! Una madre che si prende il figlio commette reato? E da quando… Io sono una Casalese pulita», urla con tutta la voce mentre il cuore le esplode in petto alla fine di questa che è un’odissea senza la pace del ritorno. Il piccolo viene dato in affidamento. In cella Maria si fa chiamare “la Casalese”, un marchio che le garantisce il rispetto delle altre detenute, un’esistenza più tranquilla in quelle celle piene di prepotenze e insulti. Per Maria essere Casalese è solo la rivendicazione orgogliosa delle sue origini, non è un timbro infame, non è certo l’appartenenza a un mondo criminale. In carcere Maria incontra Donna Sisina, anche lei è stata rovinata dall’amore per l’uomo sbagliato e poi c’è Nonna Caprone che si è presa la colpa di un omicidio compiuto dal figlio. Sono mogli deluse e mamme straordinarie queste donne che vìolano le regole della malavita, che spezzano le catene dall’asservimento, che si rifiutano di essere ombre di uomini infami e diventano fiamme luminose. Sono passati tanti anni, ormai Vincenzo è quasi maggiorenne. Carlo è ancora sotto protezione in un luogo segreto, percepisce uno stipendio dallo Stato. Maria non ha mai accettato il programma di tutela, ha vissuto ogni giorno con la paura di essere ammazzata e l’orgoglio di non essersi piegata. Presto la sua vita diventerà un film.