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 2019  febbraio 11 Lunedì calendario

Il problema dei navigator

 Sei lauree possibili: giurisprudenza, economia, scienze politiche, sociologia, psicologia, scienze della formazione. Nessuna età massima. Il voto di laurea che fa punteggio, nonostante ci sia stata la tentazione di non farlo valere mettendo tutti sullo stesso piano. Cento domande a risposta multipla, non solo di logica ma anche sul funzionamento del reddito di cittadinanza. Il tutto da fare a Roma, con prove spalmate su più giorni visto che si prevedono fino a 100 mila candidati.
L’avviso di selezione pubblica per i navigator è stato definito. Ma sembra più complicata del previsto la strada per assumere le 6 mila persone che dovranno aiutare chi prende il reddito di cittadinanza a trovare un lavoro.
Il pressing del vicepremier Luigi Di Maio si fa ogni giorno più insistente. Il suo obiettivo è chiudere la selezione entro marzo in modo da rendere i navigator operativi entro aprile, con un certo anticipo rispetto alla madre di tutte le scadenze, le elezioni europee del 26 maggio.
Nonostante i ripetuti inviti a fare prima possibile, l’avviso di selezione pubblica non è stato ancora pubblicato. E non è un caso, perché la fretta potrebbe causare un effetto collaterale non da poco: un’accusa di danno erariale, cioè un buco nei conti dello Stato da risarcire perché non sono state rispettate tutte le regole. Come mai?
Prima di procedere con la selezione è necessario il via libera della Conferenza Stato-Regioni, cioè il disco verde di tutti i Governatori. Finora non c’è stato. Anzi, le Regioni hanno forti perplessità.
«Il governo ci deve delle risposte» ripete Cristina Grieco, assessore al Lavoro della Toscana e coordinatrice degli assessori nelle altre Regioni. «Noi non sappiamo dove i navigatori dovrebbero operare, – spiega – che cosa dovrebbero fare e da chi dovrebbero dipendere ufficialmente».
Le Regioni ipotizzano un ricorso alla Corte costituzionale. E temono di dover essere loro a pagare il conto finale. Nel decreto sul reddito di cittadinanza vengono stanziati i soldi per pagare i navigator per due anni. Ma il governo ha promesso più volte che dopo questi due anni saranno stabilizzati, cioè assunti a tempo indeterminato. E senza nuovi fondi stanziati dal governo, a farsi carico dei loro stipendi sarebbero proprio le Regioni, che già hanno 9 mila dipendenti nei centri per l’impiego.
L’ok delle Regioni non è un dettaglio burocratico. È senza questo passaggio che potrebbe materializzarsi l’accusa di danno erariale per Anpal servizi, la società dell’Agenzia per le politiche attive del lavoro, che formalmente assumerà i navigator. Perché? Il lavoro è una materia a competenza concorrente, gestita in condominio da Stato centrale e Regioni. Procedere senza l’ok di tutte le Regioni significherebbe violare non una norma di poco conto ma niente meno che la Costituzione.
Martedì 12 è fissato un nuovo incontro tra il governo e le Regioni. Luigi Di Maio è convinto che si troverà un’intesa ma il clima non è dei migliori anche perché per chiudere l’accordo serve l’unanimità delle Regioni.
Con un paradosso. Se al referendum del 2016, quello che mandò a casa il governo Renzi, avesse vinto il sì, il problema adesso non ci sarebbe. Il referendum spostava la competenza sul lavoro tutta in capo allo Stato centrale. Il Movimento 5 Stelle, come la maggioranza degli elettori, votò no. E ora, di quel no, potrebbe rimanere ostaggio.