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 2019  febbraio 10 Domenica calendario

Il pessimismo è solo una questione di ignoranza

Un’iscrizione caldea del 3.800 a.C. recita: «Siamo precipitati in tempi orribili/Il mondo è diventato troppo decadente e malvagio/La politica è sempre più corrotta/I giovani non rispettano più i loro genitori». Sembra scritto oggi. Al tempo dei Caldei, però, l’aspettativa di vita era circa 25 anni e la schiavitù era norma. Il pessimismo è un tratto adattativo nell’uomo perché i nostri antenati hanno sempre vissuto da schifo. I geni ci predispongono a credere che le cose sono peggio rispetto al passato, o che peggioreranno. Tranne se si tratta di progetti nei quali siamo personalmente coinvolti. Se si fanno sondaggi sulle prospettive della situazione economica del proprio paese, o sul presente e il futuro, la maggioranza si aspetta che peggiorerà o rimarrà invariata. Preferiamo ancora, dopo millenni, ascoltare intuizioni o sentimenti disinformati, piuttosto che basarci su dati statistici controllati.
Il filosofo e scrittore libertario Johan Norberg pensa che il pessimismo sia un problema di ignoranza. Come il suo connazionale, da poco scomparso, l’epidemiologo Hans Rosling, che aveva fondato il Gapminder Ignorance Project e inventato il test dello scimpanzé, per cui la maggioranza delle persone (in particolare quelle più istruite) risulta più ignorante di uno scimpanzé, che statisticamente risponderebbe in modo corretto al 50% delle domande sullo stato del mondo.
Rispetto ad altri libri analoghi questo di Norberg è meno tecnico e non vuole provare qualche teoria. Riassume una vasta quantità di numeri in merito a dieci dimensioni della condizione umana che sono drammaticamente migliorate. Insistendo sui cambiamenti più recenti. Per la Banca Mondiale negli ultimi dieci anni la povertà estrema nel mondo è passata da 21,3% a 8,6%, la mortalità infantile da 5,8% a 3,9%, l’analfabetismo dei giovani da 11,3% a 8,6%, l’aspettativa di vista da 69,9 a 72,2.
Il PIL nei paesi più ricchi del mondo, nel 1820, era inferiore a quello attuale nel Mozambico o del Pakistan. La povertà si sta riducendo, mentre la popolazione cresce, anche in termini assoluti, sebbene colpisca ancora 700 milioni di persone. La malnutrizione nel mondo si è ridotta a poco più del 10%, dal 50% che era nel 1945. A metà Ottocento nell’Europa occidentale c’era meno cibo di quanto ce ne sia oggi in Africa, e le morti per carestia nel secolo scorso sono state un cinquantesimo rispetto all’Ottocento, nonostante la popolazione sia quadruplicata. La salute è migliorata grazie alla scoperta della medicina e la percentuale della popolazione mondiale con servizi igienici è aumentata dal 24% 1980 al 68% 2015. Negli ultimi 25 anni, oltre 400 milioni di africani hanno avuto accesso all’acqua potabile. La scarsa igiene rimane una delle più grandi cause di malattia e morte ogni anno, ma è affrontabile.
Prima del 1800 in nessun luogo l’aspettativa di vita superava i 40 anni. Oggi su scala mondiale è 72. È aumentata in tutti i continenti di oltre 20 anni dal 1950, nonostante carestie, AIDS e guerre. Nel ventesimo secolo, le morti violente (tra cui quelle causate da Hitler, Stalin, Pol Pot e due guerre mondiali) sono state 60 ogni 100mila abitanti all’anno. Circa un decimo della media nelle società prima dell’invenzione dello stato moderno. Le morti per omicidio nel Quattrocento erano 30 o 40 volte, in percentuale, i livelli attuali in Europa. L’Italia era il paese europeo più violento. Oggi siamo a circa 1 morto per 100mila abitanti. Nel ventesimo secolo c’è stato maggior numero di morti in assoluto per guerra o persecuzioni totalitarie, ma in percentuale nei secoli precedenti si uccidevano molte più persone. Il 5% della popolazione mondiale, cioè 36 milioni di persone, morì tra il 755 e il 763 durante la rivolta di An Lushan, in Cina.
Le riserve naturali sono aumentate nell’ultimo mezzo secolo, poiché le utilizziamo più efficacemente, ne troviamo di più, le estraiamo in modo più completo, etc. La deforestazione si è fermata nei paesi sviluppati e molti riforestano. Anche in Cina questo processo è iniziato. Purtroppo non ancora in Amazzonia. Le fuoriuscite di petrolio in mare sono diminuite del 99% dal 1970. Certo, si dovrebbe fare di più per specie e habitat a rischio, ma le cose sono meglio di come sembrano e possono migliorare. 
Il 14% della popolazione mondiale non è in grado di leggere, ma nel 1820 poteva farlo solo il 12%. L’alfabetizzazione è aumentata in India dal 12% al 74% in 60 anni. La schiavitù era legale in 60 paesi nel 1860. Oggi in nessuno. Purtroppo, ci sono 35 milioni di schiavi illegali, e molti di più si trovano in condizioni poco migliori della schiavitù. Nel 1900 nessuno al mondo abitava in un stato con suffragio universale. Nel 2000 era circa il 58% (stante che votare significa di più in alcuni luoghi che in altri). Nel 2015 il 63% dei paesi erano era una democrazia elettorale.
Non solo il suffragio femminile è la regola in oltre 180 paesi, ma ci sono stati enormi progressi nella tolleranza per l’omosessualità e le etnie di colore.
Purtroppo, la disposizione a sviluppare pregiudizi è cablata nel genoma umano, ma sappiamo cosa può neutralizzare razzismo e intolleranza. Norberg sceglie di affrontare le complessità dell’uguaglianza economica usando la misura del coefficiente Gini, per cui la disuguaglianza globale sta diminuendo rapidamente in gran parte della popolazione, anche se il divario assoluto tra base e vertice è più ampio che mai. I più poveri stanno ancora quasi a zero e i più ricchi toccano livelli oltre l’immaginabile. Nel mezzo, miliardi di persone stanno tuttavia alzando rapidamente il loro reddito. Ed è questo un formidabile miglioramento.
Per l’autore appare irrilevante stabilire la o le cause del progresso. Perché ha preso l’abbrivio proprio a metà del Settecento? Perché ha accelerato nell’ultimo secolo e soprattutto negli ultimi decenni? Se non si spiega che cosa ha causato il progresso, si rischia di non fare quel che servirebbe per farlo proseguire. La novità più rilevante, che non esisteva prima e che ha avuto un impatto decisivo su economia e società, e che può spiegare il progresso umano negli ultimi tre secoli, è la scienza. I maghi caldei furono impotenti, anche contro il pessimismo. Gli scienziati hanno saputo e potuto cambiare le cose.