il Giornale, 10 febbraio 2019
Mangiare canguri
Molte nazioni mostrano figure iconiche e la reale bandiera dell’Australia è un animale a tutti noto e particolarmente amato dai bambini: il canguro. Un tempo rispettato da tutti, questo strano mammifero ha oggi una relazione complicata con la popolazione, non fosse altro perché 25 milioni sono gli abitanti dell’Australia, mentre i canguri hanno superato il ragguardevole numero di 50 milioni. I «roos», come vengono chiamati familiarmente questi marsupiali sono protagonisti in film e programmi televisivi, poesie e libri per bambini. Le loro immagini adornano la valuta del paese, la bandiera (assieme all’Emu), le compagnie aeree commerciali, le navi da guerra e le divise olimpiche. Il suo simbolo viene stampato sui prodotti venduti all’estero, perché il canguro vive solo ed esclusivamente in Australia. Insomma, il popolo australiano sembrerebbe proprio orgoglioso di loro. Ma il loro numero cresce negli anni e le loro abitudini alimentari entrano in competizione con i «farmers», gli allevatori di ovini che mostrano meno benevolenza e orgoglio nei confronti della loro icona nazionale.
Come riporta il National Geographic, si tratta di un problema annoso, ben lungi dall’essere risolto con le campagne di abbattimento e le industrie della carne e delle pelli finanziate dal governo che permettono l’esportazione, nel 2017, di 29 milioni di dollari in prodotti derivati dalle quattro specie più comuni e supporta circa 4.000 posti di lavoro.
Su oltre 40 specie di canguri esistenti in Australia, sono quattro quelle sulle quali il governo ha preso drastici provvedimenti, perché minacciano la biodiversità ambientale, mangiando selettivamente alcune piante, distruggono le colture destinate agli ovini e, non ultimo, provocano una serie imponente di incidenti stradali. Il settore assicurativo australiano ha dimostrato che, delle 20.000 collisioni tra animali e veicoli segnalate ogni anno, l’80% è dovuto ai canguri.
Sulla spinta di questi dati, oggi, carne, pellami e cuoio delle quattro specie più comuni (grigi orientali, grigi occidentali, rossi e wallaroos orientali) vengono esportati in 56 paesi. Brand internazionali come Nike, Puma e Adidas acquistano «k-leather» (pelle di canguro) resistente e flessibile, per realizzare attrezzature sportive. E la carne di canguro, una volta venduta principalmente come cibo per animali domestici, fa successo in sempre più numerosi negozi di alimentari e ristoranti di lusso.
Oltre all’industria della carne e del pellame, il governo ha messo in opera l’abbattimento selettivo. Se ti fermi in un saloon all’imbrunire non sarà difficile vedere un giovane che, finita la sua birra, sale su un camioncino bianco con strani ganci sul retro. I canguri sono animali notturni e il compito di questo giovane è uno solo: uccidere il maggior numero di roos. Una parte del paese però non è d’accordo con il governo, specie da quando è uscito un documentario (Kangaroo: A Love-Hate Story) secondo il quale l’abbattimento dei canguri è un «profondo e cupo» segreto australiano. Il documentario, recensito da riviste di spessore internazionale, sostiene che ci siano molti meno canguri di quelli dichiarati dal governo, che se ne uccidano molti più di quanto sostenuto dai documenti ufficiali e soprattutto che molti siano uccisi illegalmente, con trattamenti barbari e cruenti.
Ai conservazionisti rispondono i fautori della rarefazione del canguro forti del fatto che la sua carne ha un basso contenuto di grassi e un elevato contenuto proteico e proviene da un animale più ecocompatibile rispetto alle pecore e ai bovini che emettono gas serra. Molti ambientalisti sostengono infatti che non esiste modo più ecologico di produrre carne rossa. E così, quattro volte l’anno, il buon australiano mangia l’icona del suo paese.