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 2019  febbraio 10 Domenica calendario

Lavoriamo dalle 8 alle 11.23 solo per pagare le tasse

Se una giornata lavorativa è composta da otto ore, le prime tre e mezza servono per pagare tasse e contributi vari. Ogni giorno dalle 8 alle 11.23, gli italiani lavorano per il Fisco. Lo dice il cronometro della Cgia di Mestre, che ha misura il tempo necessario per assolvere a tutti gli adempimenti fiscali chiesti dallo Stato. Secondo l’ufficio studi cui si tratta sì di un esercizio teorico, ma che «dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri Paesi europei, di quanto sia smisurato il prelievo fiscale e contributivo in capo agli italiani». Solo le altre 4 ore e mezza della giornata sono dedicate a «costruirsi il reddito o la retribuzione netta». 
Quest’anno ancora di più, visto che la pressione fiscale nel 2019 si alzerà dello 0,4% rispetto al 2018, ricorda la Cgia, e raggiungerà quota 42,3%. Tanto che se al posto della giornata si prende come parametro l’anno lavorativo, ne esce che agli italiani i primi cinque mesi del 2019 serviranno per onorare Irpef, accise, Imu, Tasi, Iva, Tari, addizionali, Irap, Ires e altro. Solo il prossimo 4 giugno potranno «celebrare il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale, il tax freedom day. Rispetto al 2018 – fa sapere l’ufficio studi -, il contatore del fisco si rimette in moto: di un solo giorno, ma torna a crescere. In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2019, pari a 154 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, il contribuente medio italiano smette di lavorare» per il Fisco. E «dal 4 giugno inizia a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia». Spulciando la serie storica, si vede che negli ultimi 25 anni il giorno di liberazione fiscale più precoce c’è stato nel 2005, con il governo Berlusconi e con una pressione fiscale al 39,1%: il 24 maggio di quell’anno, dopo 143 giorni lavorativi, gli italiani finivano di «lavorare per pagare». Il record negativo invece è del 2012 e del 2013: nel biennio la pressione fiscale al 43,6 per cento ha fatto sì che il «giorno di liberazione fiscale» arrivasse solo il 9 giugno. 
Se guarda oltre confine, poi, si vede come nel 2017 gli italiani abbiano lavorato quattro giorni in più rispetto alla media dei colleghi nei Paesi dell’eurozona. Ma salgono a otto se si guarda a tutti i 28 Stati membri. Solo la Francia ci supera in negativo, con ben 23 giorni di lavoro in più necessari per pagare le tasse. In Germania ne servono invece sette di meno che da noi, in Olanda tredici, nel Regno Unito 25 di meno, in Spagna addirittura 28, quasi un mese di lavoro in meno per il Fisco e in più per se stessi. Batte tutti l’Irlanda, con una pressione fiscale del 23,4 per cento, e soli 85 giorni dedicati agli adempimenti.
«Nonostante i correttivi apportati in zona Cesarini con il maxiemendamento – dice il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – la manovra di Bilancio del 2019 non ha introdotto quello choc fiscale che tutti si attendevano. Anzi, stando alle previsioni elaborate dal ministero dell’Economia, la pressione fiscale per l’anno in corso è destinata addirittura ad aumentare, dopo 5 anni in cui ciò non accadeva». Non solo, «con la rimozione del blocco dei tributi locali prevista dalla manovra c’è il pericolo che tornino ad aumentare anche il peso delle tasse locali che erano bloccate dal 2016. Senza contare che è necessario disinnescare le clausole di salvaguardia, altrimenti dall’inizio del 2020 subiremo un aumento dell’Iva da far tremare i polsi». Nel 2017 tra Imu, Tasi, l’imposta di bollo, il bollo auto, e tutte le altre imposte gli italiani hanno versato al fisco 45,7 miliardi di euro.