Il Messaggero, 10 febbraio 2019
In morte di Tomi Ungerer
Il suo ultimo post, risale al Giorno della Memoria: «Vedete, tutti i miei libri sono basati sulla lotta al pregiudizio». Così se ne è andato, a 87 anni, Tomi Ungerer, il disegnatore e scrittore francese popolare il tutto il mondo per i libri per l’infanzia, illustrati di suo pugno, che gli hanno garantito prestigiosi riconoscimenti internazionali, compreso il premio Hans Christian Andersen. Oltre 30.000 disegni realizzati, 140 libri pubblicati (alcuni erotici, a sottolineare il suo spirito libero), fra i titoli più venduti e tradotti spicca I tre briganti, diventato il lungometraggio d’animazione Tiffany e i tre briganti, dove l’artista alsaziano invitava i piccoli lettori a non fermarsi alle apparenze di quelle minacciose sagome dai lunghi mantelli e alti cappelli.
IL BENE
Diceva: «Quello che mi affascina di più è la zona grigia tra il bene e il male. In questa terra di nessuno, il male può imparare qualcosa dal bene e viceversa. Ognuno di noi è buono e cattivo insieme. Io credo che, per i bambini, sia un sollievo saperlo». E ancora successi con La nuvola blu, L’uomo della luna, Il gigante di Zeralda, Otto. Autobiografia di un orsacchiotto, un classico in grado di raccontare e spiegare l’Olocausto ai più piccoli attraverso un peluche e semplici domande: «Ma gli uomini non sono tutti uguali? Noi non capivamo più il mondo».
Da piccolo aveva visto la guerra e perso prematuramente il padre, passò la vita a dare risposte al se stesso di allora. Creava favole nere, ricche di divertenti aforismi, convinto che: «Sia necessario traumatizzare i bambini affinché abbiano una identità».
Per lui i bambini non avevano bisogno di libri per bambini ma di storie raccontate bene, sempre con parole nuove e precise: non albero, ma faggio, quercia. Ha vissuto negli Stati Uniti e in Canada prima di trasferirsi in Irlanda, a Cork, dove è scomparso, dopo essere sopravvissuto a tre infarti e «a un tumore con buonumore».
IMPEGNATO
Molto impegnato in politica, si era schierato contro la guerra in Vietnam, la segregazione razziale, il nucleare e l’elezione di Donald Trump. Odiava le barriere, giocava con le lingue, usando inglese, francese, tedesco, e cambiava spesso stile, come mostrano le opere conservate al museo che la sua città natale, Strasburgo, gli ha dedicato.
Ungerer era stato nominato Ambasciatore per l’infanzia e l’educazione e profonda tristezza è stata espressa dal segretario generale del Consiglio d’Europa, il norvegese Thorbjorn Jagland: «Perdiamo oggi un grande artista legatissimo all’idea di Europa. Disegnatore impegnato nella costruzione europea, voleva mostrare che siamo tutti uguali e diversi. E che questa diversità è qualcosa in più».
Anche sulla morte, Ungerer, aveva un’idea tutta sua: «È formidabile non sapere dove si va, no?».