Corriere della Sera, 9 febbraio 2019
L’ex direttrice del New York Times accusata di plagio
WASHINGTON Sul sito dell’editore Simon & Schuster, l’ultimo libro di Jill Abramson, ex direttrice del New York Times , viene presentato come un evento epocale: «L’inchiesta definitiva sullo sconvolgimento dei news media nell’ultimo decennio». Il titolo è evocativo: «Mercanti di Verità». Il sottotitolo ambizioso: «Il Business delle notizie e la lotta per i Fatti». Peccato che tutte queste maiuscole e tutti questi buoni propositi siano stati ridicolizzati dalla scoperta di un reporter di Vice , Michael Moynihan: Abramson ha copiato lunghi paragrafi senza citare le fonti. In particolare, avrebbe trascritto interi brani di articoli usciti nel 2013 sulla rivista New Yorker e nel 2010 su Time Out. Una giornalista freelance, Ian Frisch, ha riconosciuto nel libro alcuni passaggi di suoi pezzi pubblicati sui Social nel 2014.
Abramson, prima donna a dirigere il New York Times (dal 2011 al 2014), è stata investita dalla polemica. Si è difesa rilasciando una serie di interviste. Ha dichiarato alla radio Npr: «Prendo queste accuse di plagio molto seriamente. In molti casi le parole che ho usato sono così simili (alle fonti, ndr) che avrei dovuto citarle correttamente nelle note».
Abramson, però, cerca anche di minimizzare: «Le obiezioni riguardano la ricostruzione di fatti già noti a tutti; non idee originali o analisi particolari. Ho scritto un libro di 500 pagine e questi sono solo alcuni problemi».
È un ragionamento scivoloso, considerando che il volume si occupa proprio della manipolazione dei fatti, delle verità, del rapido successo di siti spregiudicati, come BuzzFeed e lo stesso Vice. In ogni caso Simon & Schuster ha deciso di pubblicare un’altra edizione di «Mercanti di Verità» con le correzioni e le citazioni appropriate.
Abramson, 64 anni, newyorkese, è una delle figure più in vista del giornalismo americano. Ha lavorato a lungo a Washington, con il Wall Street Journal, prima di arrivare, nel 1997, al New York Times. Ha scritto con Jane Mayer un libro sulle accuse di molestie sessuali rivolte al giudice della Corte Suprema, Clarence Thomas. Ha raccontato di avere quattro tatuaggi, compresa la lettera «T» del New York Times. Ora rischia di vedersene affibbiare un quinto: copiona.