ItaliaOggi, 9 febbraio 2019
Siamo pedinati anche per come guardiamo le cose al supermercato
Negli stadi calcistici cinesi telecamere digitali ad altissima risoluzione inquadrano e schedano i volti degli spettatori, geolocalizzandoli sugli spalti esattamente nei posti in cui siedono, per poter scoraggiare qualunque comportamento illecito o scorretto o, se proprio si manifesta, punirlo senza margine d’errore. Che bella la telematica, vero? Per certi versi sì. Sono metodiche invasive, tipiche di uno stato totalitario come quello cinese: ma si direbbero architettate a fin di bene.Se invece gli stessi criteri vengono adottati anche a scopi commerciali, senza peraltro retrocedere il benché minimo vantaggio agli spiati, qualche domanda in più viene da farsela, sia sul piano economico, sia su quello commerciale sia – si perdoni la parolona – su quello dei diritti civili di base, tra i quali la libertà di scelta e la tutela della privacy.
Un esempio? Da qualche tempo i principali supermercati americani (ossessionati dall’incalzante concorrenza del commercio elettronico) hanno iniziato la sperimentazione di speciali dispositivi capaci di scrutare gli sguardi dei clienti per poi gestire al meglio la disposizione dei beni sugli scaffali in base alla preferenze. Cioè: esporre meglio le merci più guardate, più ammirate. Indipendentemente dal fatto che siano poi anche quelle più acquistate, perché chiaramente ad essere più acquistati sono, di regola, i prodotti più utili e meno cari, mentre a essere più guardati sono quelli meno utili e più cari, su cui quindi il supermercato guadagna di più.
Cambiare la disposizione dei beni sugli scaffali in funzione degli sguardi tende a modificare il comportamento d’acquisto dei clienti verso scelte di piacere più che di necessità, una forma di persuasione occulta mediante la logistica anziché mediante la pubblicità. Ci piace quest’ulteriore possibilità di manipolazione dei nostri comportamenti? Anche no! È il caso di Walgreens, una grande catena di farmacie degli Stati Uniti. Che con i suoi scaffali intelligenti spera di portare per mano i clienti a comprare alcuni prodotti piuttosto che altri.
Intendiamoci: dalle diavolerie invasive della tecnologie è poi il buon senso, o se vogliamo la natura, che s’incarica di difenderci, perché i comportamenti veri e propri dei consumatori non seguono mai i desiderata dei guru del marketing, e molto spesso lo sguardo ingannato dall’effetto-scaffale non è disconnesso dal cervello consapevole dell’effetto-portafoglio...
Ma insomma, mai nella storia della tecnologia è stato necessario (come lo è oggi nel caso del digitale) difendersi dall’invadenza dei nuovi strumenti nelle nostre vite private e, come si vede da questi esempi, addirittura nelle nostre teste.