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 2019  febbraio 08 Venerdì calendario

In Svizzera gira parecchia cocaina

Sarebbe riduttivo dire come Orson Welles ne Il terzo uomo che la Svizzera in «cinquecento anni di pace e democrazia» ha prodotto solo gli orologi a cucù. Un po’ perché, sebbene si dica democratica da ben più di 500 anni, il suffragio femminile, tanto per fare un esempio, è stato introdotto da quelle parti solo nel 1971. E poi perché la Svizzera oltre ai cucù, che peraltro sono stati inventati in Baviera, sa fare a meraviglia soprattutto orologi da polso, sa far funzionare bene le banche, per non parlare poi del cioccolato. C’è dell’altro ovviamente, questi sono solo i divertenti clichè elvetici, ma pochi sanno che gli svizzeri vantano anche un altro primato mica da ridere, che la pone ai vertici europei se non mondiali. Pare infatti che al di là di Ponte Chiasso tirino coca come se non ci fosse un domani. Corso Como, nel capoluogo lombardo, è roba da niente in confronto, Milano is for boys, Zurigo is for men. TRISTE PRIMATO Nella classifica stilata dallo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction la Svizzera conta ben cinque città tra le prime dieci europee in cui si consuma più cocaina. Meglio di Zurigo, o peggio a seconda dei punti di vista, è solo Barcellona che però accoglie ogni anno più di venti milioni di visitatori, perlopiù giovani e con una gran voglia di sballare. E se Zurigo non ha quasi nessuna delle caratteristiche che contraddistinguono la capitale catalana, che dire di San Gallo che nella classifica delle narici insaziabili è quarta con più di 800mg al dì ogni mille abitanti. San Gallo, avete capito bene, 75mila anime tra il lago Costanza e il Liechtenstein, dove facendo due conti è più facile incrociare per strada uno fatto di bamba, forse uno studente universitario, che un normale cittadino appena appena sobrio. Zurigo almeno ha la scusante di essere imballata di soldi e di essere la città perfetta per il cocainomane conto in banca e Rolex. Ma San Gallo finora era più che altro famosa per i pizzi e i ricami. Tra Zurigo e San Gallo ci siamo dimenticati di Anversa, ma anche qui c’è forse una spiegazione, essendo il porto della città fiamminga il secondo più grande d’Europa. Al quinto posto troviamo Ginevra, che da Calvino a Rousseau è arrivata ruzzolando all’Onu in una tempesta di polvere bianca. Sul lago Lemano se ne consumano poco meno di 800 mg ogni mille abitanti. E mica è finita qui, perché in classifica troviamo ancora Basilea all’ottavo posto e Berna al nono. Non ci sono città italiane tra le prime dieci, Milano è solo diciassettesima, Roma manco è riportata. Non c’è nemmeno Londra che fino al 2016 primeggiava e dopo la Brexit è improvvisamente scomparsa dai “first ten”. Una questione di soldi dunque? Per Londra è sicuro, in quanto i tagli finanziari post referendum hanno impedito la ricerca di tracce di cocaina nelle acque del Tamigi, ma questa è ovviamente solo un fattore tecnico. Piuttosto per il centro nazionale di ricerca Addiction Switzerland la colpa, diciamo così, è dell’elevato potere d’acquisto degli elvetici, della loro consapevolezza di benessere, uniti alla bassa regolamentazione locale, un mix di condizioni che hanno fatto la gioia degli spacciatori perlopiù africani e albanesi, «disponibili 24 ore su 24 in quasi tutti gli angoli delle strade, nei negozi, nelle stazioni di servizio, nei distributori automatici, nei chioschi, nei casinò e online». POTERE D’ACQUISTO Il risultato è che in Svizzera ogni anno si fanno fuori cinque milioni di tonnellate di bamba per un totale di circa 330 milioni di franchi svizzeri, su 8 milioni di abitanti. Quarantun franchi di roba a testa, compresi anziani, bambini e bancari. E tanto ci stanno prendendo gusto che la cocaina sembra stia perfino rimpiazzando cioccolato. Non è che uno stia letteralmente prendendo il posto dell’altro sia chiaro, ma l’aumento del consumo della cocaina è stranamente coinciso con una disaffezione crescente verso il prelibato oro marrone. Nel 2017 gli svizzeri ne hanno consumato mezzo chilo in meno a testa, anche se ne hanno prodotto di più (3,1%) per venderlo all’estero, specie in Medio Oriente dove arriva quello halal. Dall’estero invece, in particolare dall’Africa occidentale, gli elvetici hanno fatto arrivare vagonate di cocaina. E i cinquecento anni di pace e democrazia in questo caso non c’entrano.