la Repubblica, 8 febbraio 2019
Le mille complicazioni della semplificazione
Chiamare le cose con il proprio nome: ecco la prima regola che deve ispirare chi governa un Paese, in primo luogo perché non sorgano equivoci con i cittadini. A chi ha scritto il disegno di legge “recante deleghe in materia di semplificazione”, per esempio, andrebbe consigliato un ripasso del dizionario italiano. Scoprirebbe, pur essendo esperto del ramo, che il termine “semplificazione” non è proprio quello giusto. Molto meglio: “complicazione”.
Questo provvedimento era stato annunciato tre mesi fa in parallelo al “decreto semplificazione” approvato dal Parlamento nelle scorse settimane con varie misure come quelle su autostrade e trivelle. Doveva servire, per mezzo di una delega al governo, a disboscare con vigore e rapidità la giungla burocratica, operazione tanto più indispensabile in un momento in cui l’economia frena bruscamente. Ma il testo ora (quasi) disponibile svela che l’impegno è stato profuso in direzione esattamente opposta.
C’è voluta sicuramente tanta fatica per stendere un articolato di 77.600 caratteri, e manca ancora tutto il capitolo delle norme europee. Ancora più energie, tuttavia, sono state spese per realizzare un autentico labirinto.
Si parte, articolo 1, con una bella commissione “per l’attuazione delle misure di semplificazione”. La presiederà un magistrato “che svolge funzioni di livello non inferiore a presidente di sezione nelle giurisdizioni superiori” e sarà composta da dieci componenti “scelti fra i magistrati delle giurisdizioni superiori, gli avvocati dello Stato con almeno dieci anni di servizio, i dirigenti pubblici di prima fascia con almeno dieci anni di servizio”. Nella rosa, per non fare torto a nessuno, ci sarà anche qualche professore e avvocati “con almeno vent’anni di servizio”. Ma il risultato è che la commissione sarà affidata ai burocrati che vivono grazie alle complicazioni del sistema. Un capolavoro. Siccome però la cosa sembrava ancora troppo semplice, ecco che la commissione, nominata dal premier e dal ministro della Pubblica amministrazione “di concerto” (e ti pareva…) con quello dell’Economia, dovrà avere anche il via libera della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato, della commissione parlamentare per la Semplificazione e pure, non sia mai, delle altre commissioni competenti. Ma senza fretta. Per fare il decreto legislativo che istituirà questa benedetta commissione il governo si prenderà dodici mesi a partire dal varo della legge delega. Un altro anno potrà poi servire per gli eventuali correttivi. Facciamo i conti: fra approvazione della legge, decreto delegato, pareri, osservazioni e decreti bis che le dovrebbero recepire, bene che vada passeranno tre anni. Per fare una commissione! Considerando che fra quattro anni e spiccioli dovrebbe finire la legislatura.
E non basta. Perché il lavoro dei commissari sarà monitorato da una “Unità per la semplificazione” che fornirà “supporto al ministro per la Pubblica amministrazione”. Anche qui, per evitare favoritismi, stabilire le competenze di questa “Unità” prenderà un anno. E dato che il tutto appariva poco ridondante, arriva pure un Comitato interministeriale nuovo di zecca composto dal premier Giuseppe Conte, dalla ministra Giulia Bongiorno e dai colleghi via via interessati per materia, che sovrintenderà l’attività di questo marchingegno infernale. Non direttamente, però: tramite una “Cabina di regia” presieduta dal capo dell’ufficio legislativo di palazzo Chigi Ermanno de Francisco, e coordinata da un esperto sempre scelto fra magistrati, avvocati dello Stato, dirigenti pubblici.
Ecco a voi l’esercito che dovrebbe combattere la battaglia del governo Conte contro la burocrazia, tale e quale a quelli schierati da Dc, pentapartiti, centrodestra e centrosinistra. La musica è sempre la stessa. Fin dal 1950, quando Alcide De Gasperi affidò a Raffaele Pio Petrilli il primo ministero “per la Riforma Burocratica”. Che poi negli anni diventò Organizzazione della Pa, Funzione pubblica (subito ribattezzato “Finzione” pubblica), Semplificazione... Cambiavano i nomi, passavano i ministri, mentre la sabbia negli ingranaggi aumentava. Ora la macchina va svuotata. Ma da chi? Di sicuro la storia insegna che per scongiurare la riforma della burocrazia basta incaricare i burocrati di riformarla. Con le loro manine...