Avvenire, 7 febbraio 2019
Venezuela, problemi per i riciclatori di oro
La Turchia, Mosca, ma anche Abu Dhabi e, indirettamente, Pechino. Sono in molti i Paesi interessati all’oro venezuelano e alcuni di loro rischiano di venire fortemente limitati se non addirittura danneggiati dal diktat americano di non commerciare nel metallo prezioso con Caracas. L’avvertimento più severo è arrivato alla Turchia, che nel 2018 ha acquistato oro per 900 milioni di dollari. Teoricamente avrebbe dovuto essere raffinato nella Mezzaluna e rispedito indietro. Le prove del reinvio, però, mancano. L’accusa, per Ankara è quella di utilizzare il metallo per evitare a sua volta le sanzioni contro l’Iran.
Semaforo rosso anche per gli Emirati Arabi Uniti, che lo scorso anno assieme alla Turchia hanno acquistato 73 tonnellate di oro. Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, avrebbe tentato di fare uscire 20 tonnellate di oro dalla Banca Centrale venezuelana, per venderle a una compagnia di Abu Dhabi, ma le minacce Usa sono state più veloci e convincenti. Anche se non infallibili. Una società di investimento, senza ad Abu Dhabi, ha infatti ammesso di aver acquistato tre tonnellate di oro dalla Banca Centrale venezuelana lo scorso 21 gennaio, specificando che l’acquisto è avvenuto «secondo le leggi internazionali in vigore in quella data». Con Mosca, la questione di tinge di giallo. Mercoledì scorso, un Boeing 777 è arrivato dalla Russia a Caracas, secondo molti per prelevare 20 tonnellate di oro, con un valore complessivo di circa 850 milioni di dollari, e portarle via. Il velivolo è ripartito venerdì, ufficialmente senza oro a bordo. Ma è impossibile sapere se sia riuscito a prelevare il suo prezioso carico o meno. Il ministero per gli Affari Esteri di Mosca ha detto di non saperne niente e anche dalla Banca Centrale venezuelana non sono arrivati commenti sulla vicenda. Certo, se il trasporto fosse andato a buon fine, Cararas sarebbe riuscita a fare uscire circa il 20% delle riserve sul territorio nazionale.
Ma la crisi del commercio di oro sta toccando indirettamente anche la Cina. Pechino, infatti, ha investito oltre 10 miliardi di dollari per costruire la miniera di Las Cristinas, che alimenta le riserve della banca centrale di Caracas.